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Con il “Premio Nazionale Risorgimento”, alla sua prima edizione, un riconoscimento a studiosi, italiani e stranieri, della nostra storia 

di Salvatore Sfrecola

Nel pomeriggio di ieri, nella Sala Spadolini del Ministero della cultura, in via del Collegio Romano, si è svolta la cerimonia ufficiale di consegna ai vincitori del “Premio nazionale Risorgimento”, edizione 2024, organizzato dall’Istituto per la storia del Risorgimento, una istituzione nata con l’obiettivo di promuovere la conoscenza del Risorgimento italiano e dei fondamentali valori politico culturali e civili che lo hanno caratterizzato, ma al tempo stesso di offrire un riconoscimento tangibile alle personalità, italiane e straniere, che si sono distinte per il loro contributo alla ricerca scientifica e alla divulgazione storica sui temi, i fatti, le figure e le idee che hanno segnato l’Ottocento italiano ed europeo. 

Sotto lo sguardo severo e ironico del Re Vittorio Emanuele II, la cui statua imponente domina la sala, il Professore Alessandro Campi, Direttore dell’Istituto che nei pochi mesi della sua gestione sta rilanciando, anche attraverso il Premio, ha ricordato innanzitutto l’importanza degli studi di storia risorgimentale, condotti sull’intero territorio nazionale in collegamento con altri istituti che, a livello provinciale, raccolgono e conservano documenti del Risorgimento, epistolari, scritti, cimeli, favorendo, anche in questo modo, la partecipazione allo studio di quanti si dedicano a questo particolare momento della storia nazionale.

Attraverso l’assegnazione di questi riconoscimenti – ha spiegato il Professor Campi – certamente “abbiamo inteso ribadire l’importanza dei valori di unità, libertà e impegno civile promossi durante il Risorgimento e che sono, ancora oggi, il fondamento della nostra identità nazionale. È questo, d’altronde, uno degli obiettivi istituzionali perseguiti dall’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano sin dalla sua fondazione nell’ormai lontano 1935”. Aggiungendo che “premeva anche far conoscere e valorizzare il contributo allo studio del Risorgimento dato ancora oggi da importanti e appassionati studiosi anche fuori dai continui confini nazionali. Segno che questa fase della storia italiana continua ad essere oggetto di attenzione e ricerca, di riflessione e dibattito, per quanto siano nel frattempo cambiati gli approcci di studio, le metodologie di indagine e le sensibilità collettive. La storia è per definizione uno strumento di conoscenza e un fattore identitario. Quella del Risorgimento per un paese come l’Italia, lo è a maggior ragione. E promuoverne lo studio è anch’esso uno degli obiettivi che da sempre persegue l’Istituto. Questo Premio, alla sua prima edizione, vuole dunque essere anche un riconoscimento simbolico a tutti i grandi maestri che nel corso dei decenni hanno contribuito ad una conoscenza sempre più dettagliata, critica e obiettiva del nostro passato”.

Sarebbe dovuto intervenire il Ministro Alessandro Giuli che ha dato il patrocinio al Premio. Tuttavia, impegnato a Palazzo Chigi in una seduta del Consiglio dei ministri particolarmente delicata per la definizione di alcune questioni in materia di giustizia e di bilancio, il suo saluto è stato letto dal Capo di Gabinetto, Valentina Gemignani, Dirigente del tesoro da poco nominata a quell’incarico dopo la sostituzione del Consigliere Francesco Giglioli che aveva ricoperto quel ruolo con il Ministro Gennaro Sangiuliano. 

Le parole del Ministro sono state molto apprezzate dall’uditorio per il richiamo allo spirito risorgimentale in un contesto di coinvolgimento di uomini di cultura e di giovani per sostenere le iniziative che, partendo da ogni angolo d’Italia, hanno contribuito alla formazione dello Stato unitario.

Il Professore Campi ha quindi presentato i vincitori indicati dalle giurie, studiosi che, a vario titolo, si sono occupati di quel tratto fondamentale della nostra storia nazionale che è il Risorgimento con la sua carica ideale e con le decisioni in concreto adottate tra il 1848, anno di concessione dello Statuto Albertino ed il 1861, anno di fondazione del Regno d’Italia. Un periodo ricco di iniziative politiche e di fatti d’arme straordinari.

Il premio “libro dell’anno”, riferito alle opere pubblicate anche all’estero nel corso del 2023, è stato assegnato a Maurizio Isabella da molti anni docente di storia moderna presso il Queen Mary College della University of London per un suo volume di grande successo. Da oltre 20 anni nel Regno unito il Professore Isabella ha condotto studi particolarmente approfonditi sulle tematiche risorgimentali che hanno contribuito all’approfondimento delle vicende culturali, politiche e militari di quegli anni di straordinaria tensione ideale.

Il premio per la divulgazione storica è andato al giornalista, scrittore e saggista Dino Messina, storica firma del Corriere della Sera, giornale dove ha lavorato per trent’anni e con il quale collabora con articoli di attualità e cultura.

Il premio speciale della giuria è stato assegnato al Presidente emerito della Corte costituzionale, Giuliano Amato, per il suo volume, pubblicato nel 2023, “C’era una volta Cavour. La potenza della grande politica”, che nella stessa Sala Spadolini era stato presentato un anno fa alla presenza dell’allora Ministro Gennaro Sangiuliano. Molto apprezzato dal pubblico per la sua appassionata rievocazione della poliedrica figura del Conte di Cavour Amato ha invitato tutti a rileggere scritti, saggi e discorsi parlamentari del grande statista piemontese che, ha sottolineato, i più conoscono solo per grandi linee e non nella interezza della sua esperienza e attività politica e di grande amministratore e riformatore dello Stato. Del resto, si racconta che il Principe Clemente Lotario di Metternich, il grande Cancelliere dell’Impero asburgico, parlandone con un interlocutore italiano, aveva detto che in Italia c’era il più grande statista europeo. Aggiungendo “peccato che sia un nostro nemico”. Analogo il giudizio dell’opera di Cavour, della sua statura europea e della sua straordinaria capacità amministrativa da parte del grande storico inglese Steven Runciman.

Per quanto riguarda il complesso dell’opera scientifica il premio “alla carriera” è andato alla storica francese Catherine Brice, a lungo docente di storia contemporanea presso l’Institut d’ètudes politique di Parigi, attualmente professore emerito all’università di Parigi. La studiosa ha dato conto delle sue ricerche sul ruolo della monarchia sabauda nel processo unitario sottolineando più volte lei francese e quindi orgogliosamente repubblicana del ruolo insostituibile che nel processo risorgimentale ha svolto l’istituzione monarchica attraverso i sovrani che si sono susseguiti sul trono di Torino in particolare da Carlo Alberto a Vittorio Emanuele II. Ha sottolineato il valore e l’importanza del mantenimento e della difesa ad oltranza del sistema rappresentativo parlamentare che ha consentito l’impegno, nel Parlamento subalpino prima e del Regno d’Italia poi, di personalità provenienti da ogni regione della penisola col desiderio di fare l’Italia finalmente una, come invano auspicato da secoli, e di darle istituzioni capaci di assicurarle sviluppo economico e sociale nell’ottica di quello che Cavour in un celebre discorso parlamentare su Roma capitale indicava come destinato a divenire un grande stato”.

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