Site icon Un sogno Italiano

Ripristinare il Servizio di leva? Per molte opportunità

Di Salvatore Sfrecola

Fin dai giorni scorsi le televisioni hanno mandato in onda le immagini delle devastazioni causate dal maltempo che ha colpito molte regioni al Nord ed al Centro. Bombe d’acqua che hanno allagato città, fatto esondare fiumi e franare le falde di montagne e colline a ridosso di strade rese impraticabili; raffiche di vento che hanno divelto alberi, tralicci che trasportano energia elettrica, cartelloni pubblicitari ed insegne di negozi. Un treno è stato fortunosamente fermato per intervento dei Vigili del Fuoco a pochi metri da una voragine aperta dall’alluvione ai margini delle rotaie. E mi sono chiesto, come faccio spesso, perché quelle immagini di ore di pioggia non abbiano visto, nell’immediatezza, insieme alla disperazione dei cittadini ed agli operatori economici che hanno avuto case e capannoni industriali sommersi, la presenza di reparti dell’Esercito, del Genio Militare, che dispone di uomini e mezzi idonei, anche anfibi, a far fronte all’emergenza naturale ed a ripristinare la normalità nelle strade e nei ponti. Credo, anche, che gli uomini in divisa sarebbero ben lieti di contribuire, con la loro professionalità e con gli strumenti dei quali dispongono, ad aiutare le popolazioni civili danneggiate, spesso isolate perché un ponte è crollato o una strada è stata interrotta da una frana. Sarebbe indubbiamente una presenza dello Stato apprezzata dai cittadini che, forse, sarebbero indotti a credere un po’ di più nel potere pubblico.

Sono considerazioni che ho fatto sempre in occasione delle calamità naturali. A volte l’Esercito è stato chiamato tempestivamente ad intervenire. Ricordo il caso, del 1966, dell’alluvione di Firenze, quando il Generale Centofanti, Comandante della Regione Militare, fece uscire i reparti dalle caserme per cercare di salvare il salvabile nella Firenze invasa dalle acque. È accaduto anche in altre occasioni. Ma ho l’impressione che questo avvenga sempre con un po’ di ritardo rispetto ai momenti drammatici dell’emergenza, mentre è in quei primi momenti che vorrei vedere i nostri soldati all’opera. Ho l’impressione, di quelle che, direbbe Giulio Andreotti, ci inducono a pensar male sicché si fa certamente peccato ma probabilmente si indovina, che si voglia favorire l’intervento dei privati che dispongono di mezzi meccanici per intervenire su disposizioni della Protezione Civile statale e regionale e dei comuni. E forse, accanto all’ipotesi “peccaminosa” ce n’è un’altra, quella che non sia percepita dalla gerarchia militare l’immediatezza della necessità e si attenda comunque l’imput dell’autorità politica. Cosa che gli alluvionati difficilmente comprendono. Ho letto, a questo proposito, che in occasione dei recenti, drammatici incendi che hanno interessato alcune regioni della Spagna, c’è stata qualche critica al Re Felipe VI, in qualità di Comandante Generale delle Forze Armate, per il ritardo con il quale sarebbero intervenuti reparti militari, peraltro operativamente dipendenti dall’Autorità governativa. Vuol dire che l’utilità dell’intervento militare è percepito come logico e necessario.

L’Esercito si muove a richiesta dell’autorità politica. E comunque nell’ambito dell’emergenza. Ricordo, in proposito, un episodio, di molti anni fa, quando il ministro della Marina Mercantile, Giovanni Prandini, del quale ero Consigliere giuridico, anche su mio suggerimento, scrisse al ministro della Difesa chiedendo che reparti del Genio Militare fossero incaricati dello smantellamento di strutture abusive sul demanio marittimo, in Sicilia, manufatti che non si riusciva ad abbattere perché, nonostante l’ordine dell’Autorità e la disponibilità di fondi assegnati dal Tesoro, non si trovavano le ditte disponibili a questo intervento.

In quell’occasione il Ministro della Difesa, Valerio Zanone, rispose al ministro Prandini che i generali erano contrari. Per loro, spiegò Zanone, in uno scambio di battute in ascensore mentre i due ministri si recavano al primo piano di Palazzo Chigi per il Consiglio dei ministri, l’Esercito è fatto per combattere e non per intervenire nei casi di difesa del territorio in operazioni che sembra quasi di ordine pubblico, anche se attiene alla tutela di un bene demaniale. Ero presente anch’io nell’ascensore, testimone di una interpretazione del ruolo delle Forze Armate che penso, se adeguatamente approfondito, avrebbe fatto cambiare opinione agli alti gradi militari. Perché la tutela di un interesse pubblico, quale la condizione del demanio, ma si potrebbe dire della sicurezza dei boschi che d’estate subiscono l’insulto degli incendiari, o dello stato delle acque fluviali, potrebbe essere oggetto di un collaterale intervento militare. Un po’ come nel caso di “strade sicure”. E, infatti, per tornare al caso del demanio marittimo in un’area della Sicilia, di lì a poco, il Procuratore della Repubblica, sollecitato anche dalla Procura Generale della Corte dei conti, avrebbe disposto lo smantellamento dei manufatti abusivi sul demanio marittimo da parte del Genio Militare.

Vorrei trarre da questo episodio, con tutto il rispetto per il convincimento che il Ministro Zanone esprimeva e di cui si faceva portatore, che l’Esercito è certamente fatto per combattere ma ha anche la funzione di difesa dello Stato nelle realtà che possono essere messe in pericolo da condizioni naturali straordinarie. E credo che questo darebbe lustro all’Esercito, lo farebbe sentire ancor più parte del popolo. Gli stessi militari credo si sentirebbero soddisfatti di un intervento a tutela di un bene pubblico, il demanio marittimo, stradale, forestale e fluviale, cioè del patrimonio pubblico in pericolo o la cui funzione viene interrotta per effetto di calamità naturali o dell’intervento criminale dell’uomo (gli incendi). 

L’occasione mi dà lo spunto per alcune riflessioni sulla necessità, che io intravedo da tempo, di ripristinare il Servizio di leva in forme diverse dal passato ma comunque importanti, perché credo avrebbe una funzione molto importante sotto vari profili. Da un punto di vista sanitario, innanzitutto, il servizio militare obbligatorio determinerebbe uno screening dell’intera popolazione giovanile, uomini e donne, così concorrendo alla sanità pubblica attraverso il controllo dello stato di salute dei giovani. Il servizio militare abituerebbe alla tutela della salute anche attraverso l’esercizio fisico e l’educazione degli aspetti motori della vita delle persone, capace sicuramente di attribuire a ciascuno un portamento che, per esempio, non è soltanto un modo apprezzabile di mantenere la figura, ma un aspetto salutare nel modo di camminare e nella postura a tavolino, mentre oggi si vedono sempre più spesso giovane che hanno un andamento che non fa intravedere niente di buono negli anni a venire a carico dell’aparato scheletrico. Un mio amico, oggi uno stimato docente universitario, che è stato ufficiale di complemento dell’Arma dei Carabinieri, conserva uno straordinario ricordo del periodo trascorso alla Scuola dove ha imparato regole di vita che lo accompagnano ancora oggi, come una disciplina nel vestire e quell’atteggiamento che, in realtà, è generalmente apprezzato anche nella vita civile e indentifica la persona.

Inoltre, il servizio militare avrebbe un grosso valore formativo dei valori della Costituzione, quindi del ruolo delle funzioni pubbliche alle quali concorre in modo determinante l’Esercito. Ed avrebbe anche la funzione, come è stato in passato, di far apprendere nozioni professionali nei vari settori a molti giovani. In divisa, infatti, molti hanno imparato un mestiere o lo hanno perfezionato a tutti i livelli. Ricordo amici, per riprendere il discorso sul Genio, Ufficiali che, ingegneri o architetti, ricordano quel periodo di servizio con grande soddisfazione perché, in qualche modo, erano stati impegnati nell’approfondimento di tematiche professionali.

Spunti di riflessione che credo potrebbero essere meglio messi a punto con il concorso delle Forze Armate che sempre hanno offerto, ad esempio nella pubblicità dei concorsi per l’accesso alle Accademie, l’immagine di efficienza e professionalità dei cittadini in divisa.

Exit mobile version