di Salvatore Sfrecola
Non c’è dubbio che quel che accade a Gaza, dove migliaia sono i morti tra uomini, donne e bambini di tutte le età, turbi l’opinione pubblica al di là delle valutazioni politiche sulle ragioni ed i torti dei soggetti in campo. Naturalmente volano parole grosse che denunciano le responsabilità delle morti, spesso individuate sulla base di preconcetti o su informazioni parziali, come sempre accade, considerato che necessariamente chi commenta deve fidarsi di qualche fonte, politica o giornalistica.
C’è poi il rischio che le parole usate alimentino le polemiche o le indirizzino verso una determinata versione. Strage, massacro, genocidio sono parole usate come se fossero equipollenti a seconda del rilievo che si intende dare all’evento, con effetti che possono essere distorsivi della realtà. Comunque è evidente che chi sceglie la parola con la quale qualifica un evento deve avere consapevolezza dell’uso che ne fa e degli effetti che produce.
È il caso della parola “genocidio”, che evoca una orribile vicenda ricorrente nella storia e che è spesso usata a proposito di ciò che accade a Gaza, sulla quale occorre prudenza, senza negare la estrema gravità dei fatti. Essendo il genocidio, secondo il Vocabolario Treccani, “la metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui, la dissociazione e dispersione dei gruppi familuiari, l’imposizione della sterilizzazione e della prevenzione delle nascite, lo scardinamento di tutte le istituzioni sociali, politiche, religiose, culturali, la distruzione di documenti storici e di documenti d’aechivio”. A questo proposito Claudio Velardi, Direttore de Il Riformista, richiama quel che scrive in proposito Papa Leone XIV in un libro pubblicato nei giorni scorsi con riguardo alla parola genocidio. Con riferimento alla quale la Santa Sede non ritiene che al momento si possa rilasciare alcuna dichiarazione al riguardo in quanto esiste una definizione tecnica di genocidio. La parola non si può usare a casaccio. Ed a proposito della Nato, accusata di intenzioni belliciste nei confronti della Russia, Papa Leone – sottolinea Velardi – “è stato altrettanto chiaro. La NATO non ha cominciato nessuna guerra. Riconosce quindi le tensioni con la Russia ma distingue chi attacca e chi è attaccato. Toni assolutamente diversi su entrambi i temi rispetto a tante frasi sopra le righe pronunciate da eminenti autorità della Chiesa e anche rispetto a Papa Francesco che parlò di genocidio da indagare e disse che la NATO abbaiava. Le parole di Leone invece sono sempre sobrie pacate serie e vi confesso che questo mi piace molto in questo Papa che non parla per slogan. In fondo dovrebbero andare tutti a lezione da Leone non solo i preti ma anche i politici, i giornalisti e tanti emulatori che ci circondano”.
Velardi invita tutti a riflettere “con buoni argomenti e senza pregiudizi”, come dovrebbe sempre avvenire perché il confronto delle idee, anche quando duro, segua sempre la verità che poi è la regola semplice dei fatti distinti dalle opinioni, regola antica del buon giornalismo e della onesta storiografia.