di Salvatore Sfrecola
Chi ha studiato la Prima Guerra Mondiale conosce bene le sofferenze che dovettero affrontare i soldati italiani, spesso costretti a combattere in condizioni di grave difficoltà, in montagna, impegnati a superare dislivelli notevoli, avendo gli austriaci la disponibilità di posizioni più favorevoli. E conosce l’eroismo di quanti, provenendo da regioni diverse, insieme per la prima volta, spesso con difficoltà di comprensione dei diversi dialetti seppero con straordinario coraggio e abnegazione portare le nostre Armate alla vittoria.
Nel corso del tempo cambiarono anche le tattiche di guerra, spesso ancora ispirate alle guerre dell’800. E le regole con le quali veniva mantenuta la disciplina nei confronti di coloro i quali, ritenuti vigliacchi o disfattisti, si trovarono a essere condannati dai tribunali militari, magari perché ribellatisi ad ordini incomprensibili. Tutti abbiamo visto “Orizzonti di gloria”, il film con Kirk Douglas, Colonnello dell’Esercito francese alle prese con un Generale incompetente e folle che pretendeva fosse conquistata una posizione, Il Formicaio, nonostante fosse evidente che avrebbe causato vittime in alto numero.
C’era, poi, la tecnica, oggi inconcepibile, della “decimazione”, che serviva a contrastare qualche forma di resistenza per cui militari, pur assolutamente privi di colpe, venivano fucilati perché nel conteggio delle fila si trovavano alla decima posizione. Tutte queste situazioni sono state studiate con il concorso del dolore delle famiglie e dei colleghi.
È stato così per molto tempo. Poi sono cambiate le tecniche di combattimento e i rapporti tra la gerarchia militare e i soldati, quando un Comandante, al quale non è stato tributato tutto l’onore che meritava, il Generale Armando Diaz, subentrato a Luigi Cadorna quale Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, ha rivoluzionato, nell’ultima fase della guerra, le condizioni di vita dei soldati, meglio organizzati, vestiti, armati, confortati anche nei rapporti con le famiglie. Rinvigoriti nello spirito di corpo, alleggeriti dagli oneri del fronte, inviati più spesso a casa in licenza, i nostri nonni e bisnonni hanno vissuto l’ultimo anno di guerra con maggiore serenità.
Da tempo periodicamente torna ad essere proposta una generale riabilitazione di quanti sono stati fucilati. E questo ovviamente è un gesto di grande pietà cristiana al quale sono sensibili tutte le forze politiche che però comporta una valutazione che si dovrebbe fare caso per caso, assolutamente impossibile. Perché si dovrebbero rifare i processi, cosa che comporterebbe un lavoro improbo alla ricerca di testimonianze che sarebbe arduo acquisire. Spesso, infatti, furono decisioni assunte sul momento, come nel famoso episodio del soldato fucilato per non essersi tolto il sigaro di bocca dinanzi al suo Generale, una “mancanza” che in una zona di operazioni, in un contesto difficile, aveva il senso della ribellione, del rifiuto dell’autorità che non poteva essere tollerato.
Ora c’è stata una iniziativa della Lega nel Consiglio regionale del Veneto, votata anche da ForzaItalia e dalle opposizioni che vuole riabilitare i soldati italiani che furono fucilati durante la Grande Guerra. Fratelli d’Italia si è opposta e non gli è stato neanche consentito di aggiungere l’avverbio “ingiustamente” nella indicazione dei fucilati. Effettivamente questa situazione è difficile da definire perché c’è il rischio di riabilitare disertori, quindi i traditori, delinquenti macchiatisi di reati contro la popolazione, dagli stupri ai saccheggi, così disonorando quanti sono caduti compiendo il loro dovere. Non sarebbe giusto nei confronti di tanti oscuri ma eroici combattenti una rivalutazione globale di quanti sono stati puniti forse per un eccesso di severità, a parte quelli colpiti per decimazione.
La convergenza di due partiti di governo, la Lega e ForzaItalia, e delle opposizioni nell’iniziativa assunta dal Consiglio regionale del Veneto dimostra una strana idea di giustizia, quella di trattare nello stesso modo situazioni diverse. Occorrerebbe quantomeno distinguere, a seguito di una sommaria revisione delle situazioni. Non sarebbe escluso il rischio di qualche ingiustizia ma quantomeno sarebbe limitato. Una riabilitazione generalizzata è essa stessa ingiustizia.