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Le regole della buona amministrazione del personale troppo spesso dimenticate. In margine all’annosa vicenda dello scorrimento delle graduatorie

di Salvatore Sfrecola

L’Amministrazione Pubblica, nelle sue varie articolazioni, è essenzialmente una struttura di servizi, cioè opera nell’interesse dello Stato e dei cittadini emanando provvedimenti amministrativi, anche quando realizzano appalti di beni e servizi. E lo fa utilizzando le norme che disciplinano i vari procedimenti delle quali si avvalgono soggetti di varie professionalità, di carattere amministrativo o tecnico. Pertanto, un ruolo speciale nell’esercizio della funzione pubblica hanno la funzionalità delle norme applicate e la capacità professionale del personale addetto. 

Tuttavia, non è solamente la professionalità dei singoli che rileva, perché un ruolo essenziale ha l’attitudine organizzativa del dirigente preposto all’ufficio al quale spetta anche l’assegnazione ai vari compiti delle persone più adatte ad un determinato ruolo, compito non sempre facile, come garantire l’armonia tra il personale e con il vertice istituzionale, funzionale al buon andamento della struttura. Ciò che richiede il rispetto di alcune regole elementari cui si deve attenere il dirigente, il riconoscimento dei ruoli e la capacità di dare direttive operative. Ne consegue che una inadeguata gestione del personale può avere un effetto fortemente negativo sull’andamento dell’ufficio, quando sono mortificate aspettative di preposizione a determinate funzioni o di carriera. Tutte le volte che il giudice amministrativo o il giudice civile riconosce che è stato violato un interesse giuridicamente tutelato o un diritto del dipendente si deve ritenere che il responsabile dell’ufficio non sia idoneo a svolgere quella funzione, anche se spesso queste decisioni sono dovute a scelte della dirigenza politica, sovente preoccupata soprattutto di collocare in posti di responsabilità persone “di area”, politicamente “fedeli”, una autentica aberrazione in un ordinamento ispirato al “principio di legalità”, inoltre trascurando di considerare che una scelta sbagliata, come promuovere una persona incompetente, produce un duplice danno, mortifica chi aveva un diritto o maturava un’aspettativa e addebita alla politica i risultati negativi di un ufficio. Come messo in risalto da Roberto Alesse, alto dirigente dello Stato, in atto Direttore dell’Agenzia delle Dogane dei Monopoli, in un volume di successo (“Il declino del potere pubblico in Italia”, edito da Rubbettino) in cui ha messo in risalto gli effetti del ricorso spesso improvvido alle nomine “fiduciarie” ed art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, “una previsione legislativa che, oltre a urtare la suscettibilità professionale della classe dirigente vincitrice di concorso, mortifica le aspettative dei funzionari di ruolo che ricoprono posizioni apicali nelle varie amministrazioni di appartenenza e che aspirano a diventare dirigenti attraverso ulteriori prove selettive rispetto a quelle di ingresso”.

Un malessere che poteva essere evitato è emerso, ad esempio, nell’Agenzia delle entrate rispetto alle aspettative dei candidati risultati idonei nel concorso a 175 posti di dirigente di seconda fascia bandito nel 2010 e non ancora chiamati a prendere servizio nonostante l’Agenzia abbia disponibilità di posti liberi del medesimo profilo professionale. Si tratta di 34 posizioni dirigenziali vacanti indicate dal Sottosegretario all’Economia, On. Lucia Albanonel corso di un “question time” del 23 settembre in Commissione Finanze (anche se dal PIAO, il Piano Integrato di Attività e Organizzazione 2025-2027 risultano più posti disponibili). Il Sottosegretario rispondeva ad una interrogazione dell’On. Angela Raffa, con l’intervento dell’On. Enrica Alifano, entrambe del Movimento 5 Stelle che aveva chiesto chiarimenti in ordine alla mancata copertura di posti dirigenziali disponibili mediante ricorso all’elenco degli idonei del concorso del 2010 (ne sono stati nominati solo 39), considerato anche che la giurisprudenza amministrativa aveva segnalato la doverosità dello scorrimento delle graduatorie anche come forma di risparmio per la Pubblica Amministrazione rispetto al ricorso ad un nuovo concorso. L’On. Albano ha chiarito che nel Decreto sulla Pubblica Amministrazione é stato ribadito il principio secondo cui il concorso è lo strumento ordinario e prioritario per il reclutamento nella PA, secondo i principi dell’art. 97 della Costituzione, tesi, invero, del Ministero della funzione pubblica di dubbia coerenza con il sistema della legge, tenuto conto che proprio gli idonei sono soggetti selezionati a seguito di pubblico concorso, spesso collocati in graduatoria qualche decimale dietro i vincitori avvantaggiati dal numero dei posti in origine disponibili. Inoltre, ricorrere agli idonei significa risparmiare centinaia di migliaia di euro rispetto all’indizione di un nuovo concorso e immettere in ruolo in tempi brevi soggetti con esperienza perché, ad esempio nel caso di specie, la maggior parte degli idonei già presta servizio da tempo.

Abbiamo fatto riferimento alla necessaria ricerca dell’armonia all’interno della PA. È questa un’occasione mancata perché, ad esempio, nell’Agenzia delle Dogane lo scorrimento delle graduatorie è stato effettuato con l’effetto che i ricorsi che quasi quotidianamente impegnano l’Agenzia delle entrate a Piazza Mastai non si sono avuti e anche i sindacati manifestano consenso e fiducia nella conduzione dell’Agenzia, tra l’altro gravata di notevoli compiti per le vicende dei dazi e per il riordinamento che l’ha interessata.

A determinare malessere, oltre al ricorso alle nomine fiduciarie di cui si è detto, anche con la formula della proroga “al fine di assicurare il presidio e la continuità gestionale della struttura”, in presenza di idonei che avrebbero potuto essere assunti in ruolo, è anche l’applicazione dell’art. 28 del d.lgs. n. 165/2001, in base al quale almeno il 50% dei posti disponibili deve essere coperto attraverso i corsi-concorso della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), scelta di dubbia funzionalità, per il carattere specialistico delle funzioni svolte dai dirigenti dell’Agenzia delle entrate, a fronte della generica competenza amministrativa richiesta nei corsi della SNA. Inoltre, il fatto che la disposizione è sopravvenuta rispetto ai tempi del concorso del 2010 fa dubitare della sua applicabilità ad un concorso le cui regole avevano già introdotto delle aspettative che si vorrebbe eliminare.

Non mi è mai piaciuto arruolarmi tra i “laudatores temporis acti” ma è certo che le riforme della pubblica amministrazione succedutesi negli ultimi trent’anni, si sono rivelate un “imbroglio”, come scrive il costituzionalista Agostino Carrino nella prefazione al libro di Alesse prima citato, ad opera di una classe politica che “si è rivelata tragicamente impreparata… considerando il baratro intellettuale, morale e politico nel quale è crollata”. 

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