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Tempo di vacanze … tempo di viaggi e di riflessioni

Tempo di vacanze … tempo di viaggi e di riflessioni
da Trenitalia a Camilleri al Conservatorio di Bolzano

di Dora Liguori

L’ineffabile Trenitalia, che potrebbe anche definirsi la ferrovia italiana del Nord, prima ancora di Bossi, aveva già deciso di dividere l’Italia in due ben netti territori, con la differenza che quelle di Bossi erano intenzioni e quelle di Trenitalia, nel colpevole silenzio dei politici del Sud, sono divenuti fatti.

 L’Italia, innegabilmente, è infatti ormai divisa in due ben distinti tronconi ferroviari. Il primo, altamente tecnologico che parte da Milano e termina, tanto per non far vedere, a Napoli, con l’aggiunta di pochissimi treni per Salerno, e l’altro (il secondo) che da Roma va verso il Sud, ed è, invece, tanto arretrato, sia per i binari che per le vetture, da poter essere definito, e a ragione, un reperto archeologico.

 Ebbene, per quanti ancora non ci avessero fatto caso, va subito detto che sulla linea Roma – Milano, la cosiddetta direttissima, sfrecciano ogni venti minuti treni che si chiamano appunto frecce rosse, bianche, argento, e colori vari, i quali, in meno di tre ore, portano direttamente e comodamente, i passeggeri dalla capitale reale (Roma) alla cosiddetta capitale morale d’Italia (Milano). Di contro, al Sud, arrancano ancora i citati reperti archeologici, con aria condizionata e toilette puntualmente fuori uso e, in compenso, la gioiosa presenza di zecche varie, alberganti nelle vetture e ivi poste, immaginiamo, per tenere “compagnia” ai viaggiatori nel lunghissimo viaggio.

 Detti treni raggiungono (se la raggiungono), partendo da Roma una volta al giorno, Potenza in circa cinque ore e Taranto in ben otto ore … sempre se tutto va bene. E purtroppo, in tanti anni che frequento i citati treni, avendo stretto anche amicizia con le zecche e altri animaletti, debbo constatare che non va mai bene!

 Da alcuni anni, poi, Trenitalia, con grande propaganda e dispendio di denaro, anche pubblico, ritenendo eccessive le tre ore per raggiungere Milano da Roma, ha varato un AV 1000 che fa risparmiare ben 40 minuti di viaggio ai milanesi; gente che, lavorando (e magari è vero), deve economizzare il proprio tempo, diversamente dagli abitanti del Sud i quali, con ogni evidenza (o almeno a detta di Trenitalia), non lavorando, possono pure, “piacevolmente”, soggiornare in treno.

 Insomma Roma Milano in due ore e venti, mentre Milano Palermo (ripetiamo sempre che il treno arrivi) in dodici ore (testamento incluso). Infine, peggio della partenza che facevano i Crociati da Messina per la Terra Santa.

 Che dire? Riferendoci ai Borbone, qualche anno prima della caduta del loro regno per “merito” dei cugini Savoia (guardarsi sempre dai parenti), essi avevano iniziato la Napoli – Foggia, ovvero una linea diretta fra Campania e Puglia, lavori, però, che vennero interrotti appunto per la fine del regno e che non furono più ripresi. Potete stare certi che, come da loro consuetudine, se fossero rimasti, non avrebbero mancato di dotare il meridione della più avanzata linea ferroviaria esistente. Infatti, nella prima metà dell’Ottocento, era precipuo vanto di questa famiglia regnante nel Sud di essere tecnologicamente all’avanguardia rispetto al resto dell’Italia e, Inghilterra permettendo, anche rispetto all’Europa. Pertanto, ne sono quasi certa, i Borbone, avrebbero dotato il Sud di treni super veloci, capaci di raggiungere le meravigliose località del meridione o anche del Settentrione in pochissime ore, con opportuno conforto nei servizi e magari con vetture … prive delle attuali graziose “bestiole”. Tanto per non essere incolpati di parzialità, il discorso del Sud vale anche per le Marche etc. etc. Insomma, fatti i conti, a viaggiare, per Trenitalia dovrebbero essere solo i cittadini del Nord. E gli altri italiani? Costoro, pur pagando le tasse, debbono provvedere in modo autonomo, ai loro spostamenti oppure… restino a casa!

Camilleri o quando l’illogicità manifesta viene coperta dalla bravura

In questo scorcio accaldato di Luglio se n’è andato Andrea Camilleri e, giustamente, c’è stato un profluvio di omaggi, tra l’altro ben meritati, avendo, egli, venduto milioni di libri! Forte di questi numeri, più prima che poi, la televisione, per la millesima volta, rimanderà in onda alcune puntate del suo inossidabile “Commissario Montalbano”, e, per la millesima volta, si registreranno i soliti iperbolici ascolti. Quale, dunque, il segreto di questa godibile serie?

Prima di parlare di Montalbano, vorrei ricordare che Camilleri ha scritto altri libri, tutti ben più profondi e godibili del commissario ma… si sa i gusti non sono discutibili e anche la fortuna letteraria di alcuni di essi. Comunque, tornando al famoso commissario e alla serie televisiva, vorrei far osservare come anche la sua fortuna televisiva sia meritata. Infatti, essa gode e si basa su alcuni fondamentali ingredienti: l’ottima sceneggiatura di Camilleri; attori, oltre al bravo Zingaretti, sopraffini, in specie le cosiddette “parti di colore” (tutte provenienti dal teatro di prosa dialettale siciliano) e, non ultima, una regia tesa non a sopraffare bensì a valorizzare tutto e tutti, compreso il contesto ambientale e, perché no, la cucina sicula.

 Ma, detto questo, e lo facciamo proprio perché ammirati dal prodotto, dobbiamo aggiungere che, parlando delle avventure del commissario, mai è stato scritto nulla di più illogico. Infatti, a ben riflettere, è mai possibile che nell’inventata cittadina di Vigata, una località che appare con un massimo di dieci-quindicimila abitanti, avvengano circa due delitti al giorno con altri annessi e non trascurabili reati? Roba che, nel confronto, la Chicago degli anni ’30 potrebbe definirsi un luogo di relax e conforto salutare, genere Terme di Montecatini. Insomma, la rappresentazione di questo lembo di Sicilia è tale da far ascrivere, nelle guide siciliane, Vigata (località inesistente), come località assolutamente infrequentabile, sempre ammesso che si desideri campare almeno cento anni. E invece, gli italiani (e non solo), è probabile che continuino a frequentare ancora l’illogica Vigata, e il suo altrettanto illogico commissario, con sempre rinnovato piacere.

A nemmeno ventiquattro ore dalla scomparsa di Andrea Camilleri è scomparso anche un altro grande e singolare scrittore – Luciano De Crescenzo- con il quale ho avuto la fortuna di lavorare in molteplici spettacoli (interamente dedicati a Napoli) dal titolo “Musica e poesia” e incidere, sempre con lui, un disco. Ritengo De Crescenzo, per la singolarità dei suoi libri (pensate solo alla filosofia raccontata in modo godibile), uno dei maggiori scrittori del novecento, un’artista che ha saputo farci partecipi di una Napoli che ben rappresenta il carattere positivo di molti italiani, così riassumibile: “Chiove ma aroppo stracqua”. (Se piove non vale disperarsi poiché, prima o poi, spiove e il sole ritorna). In sintesi: se le cose vanno male prepariamoci al bello del sole che sempre… ritorna. Purtroppo, da alcun tempo, almeno per gli artisti, pare che questo sole stenti a ritornare… e questo sarà l’argomento della mia ultima riflessione.

 La favola nera di Bolzano

Nel dicembre dello scorso anno, direbbero sempre a Napoli “all’intrasatta” (all’improvviso), in occasione della finanziaria, senza alcuna preventiva discussione, veniva approvato un articolo di legge che, di fatto, sopprimeva il glorioso Conservatorio di Bolzano per inglobarlo nella “Libera Università di Bolzano”. La cosa mi “puzzò” subito, mentre i soliti amici, o meglio i colpevoli di questa bella “pensata”, si precipitarono a magnificare l’avvenimento. Premesso che mai nella storia è avvenuto che un privato ingoi un’Istituzione pubblica, essendo, io, malfidata (o meno scema) avvertii subito che la cosa sapeva di bruciato; insomma non valeva emozionarsi, soprattutto conoscendo l’amore che certe Università (per fortuna non tutte) hanno per le, ben più storicamente titolate e conosciute nel mondo, Istituzioni dell’Arte. Istituzioni che, a sentire la Costituzione (e tutti la dovrebbero sentire), sono di pari livello alle Università e rilasciano, appunto, lauree di primo e secondo livello, ugualmente alle Università.

Parlando di storia, il ruolo della inascoltata profetessa Cassandra non è dei più belli e non lo amo affatto, ma, ancora una volta, nel caso di Bolzano, dovetti sostenere un simile ruolo e quindi profetizzai (e ci voleva poco a farlo) che le cose, per i colleghi del Conservatorio, non si sarebbero messe bene. Insomma sarebbero piovute lacrime amare! Purtroppo, leggendo l’intervista rilasciata dall’ottimo direttore del Conservatorio, più che piovere lacrime, per volere della Provincia e della ineffabile Libera Università, sul Conservatorio sta per piovere un torrente di m… insomma, per dirla elegante, di acque reflue.

A fronte di questo panorama, cosa si può fare per difendere il Conservatorio e il personale? Semplice:

-essere tutti uniti nella convinzione dei propri diritti;

-ricordare che una legge non può superare il dettato Costituzionale

– benedire la L.508, attuativa della Costituzione, legge che, tanto diffamata dai soliti “amici degli amici”, si è rivelata, per le autonomie che contempla, l’unico argine alla volontà di dequalificazione e di arretramento che, in continuazione, viene posto in essere avverso il nostro settore. Poi, nel caso specifico di Bolzano, l’essere inglobati è un controsenso in fatto di autonomia… pertanto una negazione del dettato Costituzionale. E su questo, nessun tribunale potrà mai affermare il contrario, sempre che, come dice quel detto… a menare si sia per primi.

Un’ultima raccomandazione, poi, vorrei rivolgere a quei colleghi che non pongono sufficiente attenzione ai fatti di Bolzano e magari girano la testa: non astraetevi poiché un simile atteggiamento è dei più errati. Comunque essendo, appunto, vacanze, per meglio descrivere i rischi che, a disinteressarsi di Bolzano, potrebbero avvenire, mi affido ad una storiella che in maniera leggera, ancorché efficace, ben descrive la situazione qualora, malauguratamente, dovesse crollare Bolzano.

Si dice che sul finire del 1400 fosse invalsa la moda, presso le signore, di esagerare con l’ampiezza delle scollature, ancorché le medesime venissero mitigate da un leggero fazzolettino di tela di Fiandra, posto nel mezzo. La cosa stava divenendo tanto esagerata che un predicatore, non sapendo più come arginare quella che lui riteneva la “pericolosità” di un belvedere femminile a portata di mano dei maschietti, e, dunque, rischiosa alla conservazione del pudore, si affidò ad una similitudine militaresca per avvertire la comunità. Infatti, il povero frate, parlando da sopra un pulpito, non poteva usare parole che fossero poco confacenti al luogo e nemmeno voleva che i presenti non capissero i suoi timori. Pertanto disse: Ricordate, donne… prese le Fiandre, addio Paesi Bassi.

Presa Bolzano, addio anche agli altri Conservatori: di Università in agguato con un politico compiacente, ne esistono parecchie. E allora? Meglio… non profetizzare!

26 luglio 2019

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