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Frammenti di riflessioni

del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci

Giustizia amministrativa

La cessione volontaria di beni immobili rientra nel più ampio genus dei c.d. contratti ad oggetto pubblico, che si diversifica dai normali contratti di compravendita di diritto privato per una serie di imprescindibili elementi costitutivi, che vanno individuati nell’inserimento del negozio nell’ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, nel cui contesto la cessione assolve alla peculiare funzione dell’acquisizione del bene da parte dell’espropriante, quale strumento alternativo all’ablazione d’autorità mediante decreto di esproprio; nella preesistenza non solo di una dichiarazione di pubblica utilità ancora efficace, ma anche di un subprocedimento di determinazione dell’indennità e delle relative offerte ed accettazione, con la conseguenza e le modalità previste dall’art. 12 l. n. 865 del 1971; nel prezzo di trasferimento volontario correlato ai parametri di legge stabiliti, inderogabilmente, per la determinazione dell’indennità di espropriazione (Cons. Stato, Sez. II, sent. 28 gennaio 2020, n. 705).

Verso la semplificazione

“La burocrazia italiana è pronta ad accogliere la grande sfida della semplificazione proposta dal piano Colao. Sono già stati superati gli intoppi iniziali: il piano era stato respinto, in un primo momento, perché Colao non aveva allegato codice fiscale, carta d’identità e una fotografia 40 per 50 mm con l’immagine del viso, dal mento alla sommità della testa… Colao ha provveduto, entro le settantadue ore previste dalla legge 512 art. 9, a inviare per raccomandata postale i documenti mancanti. Il piano ha dunque potuto essere recepito, protocollato e consegnato a mano agli uffici competenti da pubblici ufficiali, alcuni a cavallo, muniti di autorizzazione dell’Ufficio Inoltri e Consegne…

Qualche primo, importante risultato. Per appendere al ramo di un albero una mangiatoia per gli uccellini non sarà più necessario presentare domanda di licenza edilizia. Nel contempo, la villa abusiva del vicino di casa potrà essere condonata con un’autocertificazione che ne dichiara la conformità ai suoi gusti e, se coniugato, ai gusti di sua moglie… Infine, nelle pratiche di identificazione, alla carta di identità e al codice fiscale non dovrà più essere aggiunta una ciocca di capelli con l’esame del Dna, come per previsto nelle precedenti normative (Michele Serra, “Stop a Colao: è senza fototessera”, L’Espresso, n. 25/2020, 51).

Un libro da (ri)leggere

Il lungo periodo che sono stato costretto a trascorre in casa, oltre quattro mesi, mi ha consentito di leggere numerosi volumi editi di recente, nonché di riprenderne altri già letti che mi avevano particolarmente colpito.

Dico subito che il mio esilio forzato non è stato causato dalla pandemia che ha reso insopportabile il fermo imposto alla cittadinanza, bensì da un malaccorto ciclo di interventi subìti dal mio piede destro, uscito malconcio da una banale caduta, effettuati da un terapista (o presunto tale) inidoneo e supponente (proposto da persona forse non all’altezza) che, utilizzando il c.d. metodo del calore, ha provocato gravi ustioni all’intera caviglia.

Per mia fortuna, il duplice intervento operatorio sull’ulcera, poi sopravvenuta, del personale medico dell’IDI, e la costante, assidua assistenza di Francesca, valida infermiera dello stesso Istituto, professionalmente ineccepibile, hanno contribuito ad alleviare le mie prolungate sofferenze.

Tornando ai volumi già letti, uno dei più brillanti reputo sia quello di Sergio Rizzo “Da qui all’eternità. L’Italia dei privilegi a vita” (Milano, 2014) che, ancora oggi conserva integra la sua attualità.

La domanda che si pone l’autore è la seguente: “Da dov’è partita la deriva che ha fatto diventare l’Italia il paese, forse unico al mondo, nel quale è norma indiscutibile il privilegio a vita per politici, sindacalisti, alti magistrati di ogni ordine, funzionari di stato, manager pubblici e non? E come possiamo uscire da questo labirinto di ingiustizie?”

Fino ad oggi nessuno è stato in grado di fornite risposte adeguate.

Nel risguardo dell’ultima pagina di copertina si legge che “per rimettere in moto l’Italia”, è necessario porre in discussione “privilegi eterni. Abbattere le rendite parassitarie. Cambiare le regole che rischiano di distruggere il paese…Regole sbagliate, assurde, scritte per un mondo che non c’è più o forse non c’è mai stato”.

Ma, ad oggi, poco o nulla si è visto e forse nulla si vedrà anche negli anni a venire.

Giustizia al macero

Il n. 24 del 10 giugno di Panorama è dedicato a “Tutti i segreti dei giudici”. Sulla copertina campeggia una fotografia del giudice Palamara e, di seguito, vari articoli sulle “trame politiche, le manovre per le carriere, il potere che non basta mai. Dalle carte emerge il male profondo della magistratura. Intanto in Italia la giustizia è al collasso”.

Introduce Maurizio Belpietro (“Giudici sì, ma imparziali”, pag. 6) che ricorda la figura di Umberto Scarpelli, dapprima magistrato, poi titolare della cattedra di filosofia del diritto nell’Università di Torino, del quale viene riprodotto l’articolo “I magistrati e la politica”, apparso su Panorama del 20 gennaio 1972, la cui conclusione è a dir poco amara: “La politicizzazione della magistratura è probabilmente irreversibile: la società è troppo aspramente divisa perché la magistratura non sia aspramente divisa. Lo Stato di diritto lo stiamo mettendo in soffitta; il magistrato imparziale (come anch’io ho cercato di essere) è ormai un manichino rotto”.

Giacomo Amadori e Giuseppe China firmano il servizio su “Palamara. Tutti in fila dal giudice-re” (pag. 8 ss.), “oggi messo da parte dai colleghi, fino all’altro ieri sembrava un piccolo sovrano della magistratura. Amato soprattutto dal governo di Matteo Renzi, davanti al suo ufficio facevano anticamera procuratori, avvocati, ex ministri, parlamentari. Perché lui, conteso come una star nei salotti romani, aveva il potere di lanciare carriere. E risolvere qualche problema collaterale”.

L’articolo rigurgita di nomi, noti e meno noti, e di incontri rivelatori.

Lo stesso dicasi per il successivo intervento di Antonio Rossitto “L’uomo che sussurrava ai magistrati” (pag. 12 ss.), con intercettazioni che “rivelano un mondo sommerso fatto di favori e carriere incrociate. Dove le toghe non esitano a tramare con i politici. Contro altri politici”.

Da quanto letto emerge un mondo quasi surreale che induce a ritenere il nostro sistema giudiziario pericoloso perché inaffidabile. È, quindi, di tutta evidenza che buona parte della magistratura abbisogna di una profonda rigenerazione morale.

Ecco perché la tanto auspicata riforma del CSM riteniamo che, per quanto imprescindibile, potrebbe risultare non sufficiente per recuperare appieno la fiducia dei cittadini nella giustizia.

Art. 88 c.p.c.

L’art. 88 del codice di procedura civile testualmente prevede che le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità.

Tale dovere non incombe sui giudici.

Prudenza o lungimiranza del legislatore del 1940?

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