giovedì, Ottobre 10, 2024
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Una testimonianza per la libertà

di Salvatore Sfrecola

Ieri pomeriggio, nella sala della Protomoteca, in Campidoglio, il Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio ha consegnato le targhe a quanti hanno maturato 50 anni di iscrizione all’Albo. Tra questi c’ero anch’io, iscritto all’elenco pubblicisti dal 1970.

Avevo iniziato a scrivere a scuola su “La Quercia del Tasso”, rivistina del mio ginnasio liceo intestato a Torquato Tasso. E da allora ho sempre scritto, via via occupandomi di temi che coincidevano con i miei studi giuridici e con la mia passione per la storia e la politica. Il primo grande impegno fu con l’approfondimento di temi di carattere amministrativo e finanziario su Il Fiorino, quotidiano economico della Capitale che ha avuto una lunga stagione di straordinario successo. Diretto da Luigi D’Amato, professore ordinario di economia politica, già editorialista de Il Messaggero, parlamentare della Democrazia Cristiana, è stata un’esperienza che è stata fondamentale nella mia formazione, una palestra per me come per tanti altri giovani che poi sono passati a quotidiani nazionali, dal Corriere della Sera a La Repubblica a La Nazione.

Iniziai occupandomi di amministrazione e di pubblico impiego ed anche finanza pubblica. Per poi curare una rubrica domenicale. una pagina intera, dedicata alla Pubblica Amministrazione, con commenti, note, recensioni e segnalazioni di volumi. Una pagina molto articolata e che ebbe presto molto successo, tanto che mi offrì un articolo il Prof. Pietro Virga, un maestro del diritto amministrativo. Era stato relatore al Convegno di Studi amministrativi di Varenna sulla introduzione del Tribunali Amministrativi Regionali. Mi disse se avrei gradito una sintesi della sua relazione. Ne fui lusingato.

Una pagina molto seguita. Ricordo che il centralinista della redazione un giorno mi disse che la maggior parte delle telefonate che pervenivano al giornale riguardavano la mia rubrica ed i miei articoli. Ed anche quelli di un altro grande amico, il giornalista Giuseppe De Dominicis, che aveva creato una rubrica intitolata Norme e Tributi che assicurava un aggiornamento prezioso della giurisprudenza tributaria che negli anni successivi avrebbe continuato su Il Sole 24 ore.

In quegli anni D’Amato aveva acquistato Vita, antico, prestigioso settimanale sul quale anche ho scritto alcuni articoli. Ricordo un numero monografico su Israele, per il quale mi occupai del Weizman Institute of Science a Rehovat, un centro di eccellenza tra i più importanti del mondo. In quel periodo ho scritto anche su Il Settimanale.

Ho fatto anche un’altra esperienza preziosa per la mia formazione dando vita all’Agenzia Economica Parlamentare (AEP), settimanale, ciclostilata, che ebbe un significativo successo. Poi, non avendo altri che condividessero l’impegno redazionale, abbandonai l’iniziativa.

Ho poi diretto una rivistina tributaria e dato vita a quella che sul piano scientifico è stata una iniziativa che ancora oggi ha successo, la rivista bimestrale Amministrazione e Contabilità dello Stato e degli Enti Pubblici. Pubblica dal 1979 articoli di dottrina, note di giurisprudenza e documentazione legislativa e parlamentare relativa ai temi della finanza pubblica. Da alcuni anni è una rivista online (www.contabilita-pubblica.it) che si avvale dei contributi di illustri studiosi di varie materia del diritto pubblico, dal costituzionale all’amministrativo alla contabilità pubblica. Citata dalle più importanti pubblicazioni giuridiche è stata una importante palestra per giovani studiosi (quelli che non hanno facile accesso alle riviste tradizionali) ed ha contribuito alla preparazione dei candidati ai concorsi per l’accesso alla magistratura della Corte dei conti.

Contemporaneamente, dal 2007, ho dato vita a questo giornale, che qualcuno chiama blog, dove scrivo liberamente di storia e politica istituzionale. La considero la tipica attività pubblicistica, espressione di libertà, una palestra di idee che si confrontano, che animano il dibattito politico. Sempre istituzionali questi miei interventi giornalistici, obiettivi, espressione di libertà e di indipendenza, come l’altra mia attività professionale, che per quarant’anni mi ha portato ad indossare la toga di magistrato, procuratore e giudice della Corte dei conti, tutore dei diritti del cittadino contribuente che attraverso il pagamento di tasse e imposte mette a disposizione dei bilanci pubblici le risorse che questi sono chiamati ad impiegare nell’interesse della comunità ai vari livelli territoriali.

Ho sempre voluto scrivere per esprimere idee, rimanendo ovviamente nell’ambito dei temi di mio interesse. Non mi sono mai piaciuti i tuttologi che finiscono inevitabilmente per banalizzare anche i temi più importanti. Per scrivere, infatti, bisogna leggere e studiare molto. Ed io leggo e scrivo praticamente tutti i giorni annotando opinioni, suggerendo temi di attualità. Negli argomenti di carattere storico evito assolutamente di rimasticare vulgate di cui si compiacciono i politici o gli storici di complemento che giudicano fatti e uomini comodamente assisi alla loro scrivania senza essere capaci di immaginare cosa sapeva il protagonista di cui si occupano, ignorando quali difficoltà abbia dovuto superare con le conoscenze del momento, sia un militare o un politico.

Oggi scrivo per La Verità e Il Borghese, un quotidiano, che si è ritagliato un importante spazio nell’informazione, ed un mensile che vede impegnati intellettuali delle varie anime della destra liberale e conservatrice, due voci per contenere e ridimensionare il politically correct al quale troppi italiani periodicamente si adattano per pigrizia e perché i partiti politici non offrono stimolanti alternative.

Scrivere è per me un esercizio intellettuale espressione massima della libertà di manifestazione del pensiero. Mi sono sempre sentito un uomo indipendente ma rispettoso delle regole e dei diritti delle persone e delle istituzioni ogni volta che ho impugnato la penna puntando con equilibrio a difendere una idea od a garantire un diritto. Non mi sarei potuto comportare diversamente. Credo che questo sia la ragione autentica dell’attività pubblicistica ed il segreto di un certo apprezzamento che mi viene manifestato dai lettori.

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