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È ora che il Governo Meloni si occupi veramente dei disabili, tra pensioni e fisco

di Salvatore Sfrecola

Tra le questioni che il Governo Draghi ha lasciato in eredità a Giorgia Meloni ve ne sono alcune che riguardano le persone affette da disabilità, dal trattamento pensionistico alla normativa fiscale. Potrebbero essere risolte in sede di legge di bilancio per il 2023, ma al momento non se ne sente parlare, neppure in ipotesi.

Cominciamo dalle pensioni degli invalidi civili il cui ammontare, per effetto del d.l. 14 agosto 2020, n. 104 (art.15), viene determinato prendendo in considerazione anche i requisiti reddituali del coniuge, come spiega l’INPS con la circolare 107/2020, così vanificando gli effetti della normativa precedente, il d.l. 28 giugno 2013, n. 76 (Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti), che considerava esclusivamente il reddito del beneficiario, escludendo quello del coniuge o di altro componente del nucleo familiare.

La scelta, aveva scritto la DIRSTAT al ministro “per le disabilità” del Governo Draghi, la leghista Erika Stefani, è fonte di notevole malcontento nella categoria le cui difficoltà continuano ad essere trascurate, in particolare per quanto attiene agli ausili ai quali la maggior parte dei disabili deve ricorrere, nonché, per quanti hanno l’esigenza dell’aiuto di un o una badante, per il fatto che il costo di questa prestazione ricade integralmente sul disabile, in quanto la normativa tributaria riconosce solamente un modesta deduzione in sede di dichiarazione dei redditi. 

La normativa fiscale, infatti, non considera il disabile un datore di lavoro, quando si serve di un badante con regolare contratto. Con conseguenze gravi per il disabile e per il fisco. Il disabile, infatti, che è un vero e proprio datore di lavoro, non può dedurre in sede di dichiarazione dei redditi le somme che corrisponde al badante con l’effetto di pagare integralmente le imposte su una somma che trasferisce ad un soggetto che, a sua volta, dovrebbe corrispondere al fisco l’imposta dovuta per la retribuzione percepita. L’Agenzia delle entrate conosce o dovrebbe conoscere questi percettori di reddito in quanto, in presenza di un regolare contratto di lavoro, l’INPS riscuote i contributi a carico del datore di lavoro disabile in rapporto all’ammontare della paga.

Quale la conseguenza di questo stato di cose? Il dilagare del lavoro nero dei badanti, quelli che, con enfasi ben nota alle cronache giornalistiche e televisive, i polemisti verso il controllo dell’immigrazione chiamano “coloro che assistono i nostri vecchi”. Dei quali, tuttavia, non si preoccupano perché di nessuna proposta di regolarizzare queste situazioni si è mai sentito parlare, con effetti gravi per i disabili che devono ricorrere ad un badante e del fisco che “ignora” questi lavoratori.

Di più. Come ho proposto altre volte, la conoscenza dei badanti attraverso l’anagrafe del fisco darebbe l’occasione per l’istituzione di una sorta di albo al quale potrebbero iscriversi coloro i quali svolgono questo delicato lavoro, avendo anche un minimo di conoscenze assolutamente necessarie: saper rilevare la temperatura corporea del disabile o il dato della glicemia, fare una iniezione, parlare col medico di famiglia per informarlo dello stato di salute del disabile, anche in rapporto all’effetto delle terapie prescritte ed alla dieta eventualmente indicata. Si potrebbe immaginare, ai fini dell’abilitazione all’esercizio della professione, un corso di addestramento da parte delle ASL o della Croce Rossa. Anche con l’insegnamento della lingua italiana, perché il badante sia in condizione di dialogare con il medico e di leggere una prescrizione o il bugiardino di un medicinale. Assistiamo, invece, al dilagare di badanti senza arte né parte, senza neppure una minima conoscenza della lingua italiana.

Quello che si suggerisce, dunque, è un intervento normativo di non complessa definizione che darebbe la certezza che “i nostri vecchi” siano assistiti da persone capaci, anziché da soggetti animati solo da buona volontà, possano alleggerire la loro posizione fiscale con indubbio vantaggio del fisco e dell’INPS che ignorano gran parte dei badanti. Sarebbe un gesto di civiltà che darebbe lustro al Governo di Giorgia Meloni, al Ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ed al Vice Ministro per le finanze Maurizio Leo, gran conoscitore del sistema fiscale. Riusciranno i nostri eroi, in sede di legge di bilancio per il 2023, a sistemare, nei sensi indicati, una materia che ha un rilevantissimo impatto sociale, laddove finora tutti hanno fallito?

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