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Gli ultimi soldati del Re

Pubblico volentieri un approfondito e documentato studio del Prof. Michele D’Elia, già Preside del Liceo Scientifico Statale “Vittorio Veneto” di Milano, pubblicato su “Nuove Sintesi”, la Rivista della quale è direttore, che nel quarantesimo dalla sua fondazione ricostruisce le imprese del Regio Esercito e dei partigiani monarchici nella Resistenza.

Salvatore Sfrecola

Gli ultimi soldati del Re

“All’onorevole Presidente del Consiglio, proprio per la nobiltà di talune sue definizioni testé intese, debbo ricordare che la bandiera del Corpo volontari della libertà è stata associata alla bandiera che ha in sé la bianca croce; e debbo anche ricordare che l’esercito regolare era l’esercito regio, l’esercito fedele che risalì di tappa in tappa verso la capitale d’Italia, perché la patria venisse libera anche dalla paurosa antitesi civile”.

Cesare Degli Occhi, Deputato al Parlamento del Partito Nazionale Monarchico Dal discorso “Luci e fiamme della Resistenza” Camera dei Deputati, 14 marzo 1958.

9 settembre-1 ottobre 1943. I Napoletani scacciano i tedeschi.

10 settembre 1043. Brindisi. Venerdì, prime ore del pomeriggio. Giunge il Re.

12 settembre 1943. Campo Imperatore. Il Col. Skorzeny libera Mussolini.

15-25 settembre 1943. Cefalonia. La Divisione Aqui resiste ai tedeschi.

3-4 ottobre 1943. Isola di Coo (Egeo). Il 10° Regg. Della Brg. Regina resiste ai tedeschi.

Il Regio Esercito Italiano risale la Penisola.

Battaglia di Montelungo, 8-16 dicembre 1943 (1)

28 settembre 1943. E’ costituito il Primo Raggruppamento Motorizzato a Campi Salentina, Lecce.

Nucleo del 1° Raggruppamento è il 67° reggimento fanteria che costituisce, con il 68°, la Divisione ‘Legnano’, comandante il Generale di Brigata Vincenzo Dapino. Il Raggruppamento dispone della 51а Sezione di Sanità, diretta dal tenente Giuseppe Gerosa Brichetto.

Il 1° Raggruppamento è posto alle dipendenze della 36а Divisione Americana di fanteria “Texas” – inquadrata nel II Corpo d’Armata, comandato dal Magg. Gen. Geoffrey Keyes.

Monte Lungo è una dorsale isolata, a tre gobbe, orientata nel senso dei meridiani: … Uscendo in faccia ad esso dal profondo della stretta di Mignano, la via Casilina e la ferrovia l’abbracciano dai due lati. E’ una spina che s’investe con la punta nella stretta, come il tappo nel collo di bottiglia. Bisogna sloggiare di là i panzergrenadire, dopo di che sembra non ci fossero più ostacoli per dilagare nella pianura investire lo sbarramento di Cassino.

Fu detto agli italiani che le posizioni già conquistate serravano Monte Lungo in una morsa: in altre parole, che il collo della bottiglia era già tutto nelle mani degli Alleati. Questo non era esatto; come poi si vide e costò piuttosto caro. D’altronde gli Italiani non ebbero il tempo né l’opportunità di assicurarsene perché, a garanzia che i tedeschi non si accorgessero del cambio, furono portati in linea all’ultimo momento. Nell’alba incerta dell’8 dicembre una formidabile preparazione dell’artiglieria americana percosse le posizioni nemiche; dopo, improvviso, sopravvenne il silenzio. Ed ora. Italiani a Voi!

 Quaranta pezzi dell’undicesimo artiglieria apersero contemporaneamente e a celere cadenza il loro tiro d’appoggio. Il primo battaglione del sessantasette ed una compagnia bersaglieri si avventarono all’attacco con impeto garibaldino; gli uni direttamente per la cresta, gli altri, avvolgendo ad ovest, lungo la ferrovia per la valle del Peccia. Fu come gente che chiudesse gli occhi e si gettasse risolutamente nel rogo a purificarvi col sacrificio proprio la Patria umiliata; molti con ingenuità eroica, sventolavano il tricolore. Dagli osservatori circostanti i soldati americani ne seguivano con febbrile interesse i progressi ammirando quel romantico ardore; i fanti giunsero sull’obiettivo. Proprio allora, per disdetta, certe cortine di nebbia che avevano fiancheggiato e mascherato l’attacco si diradarono all’improvviso; e da tre lati: da nord, da est e da ovest, dalla profondità delle posizioni e dai fianchi che si ritenevano sicuri proruppe inattesa e violentissima la reazione. Su in cresta le sagome degli assaltatori si stagliavano scure contro il cielo; sui due versanti si proiettavano contro lo scoperto pendio; sotto il fuoco concentrico non c’era possibilità di riparo. Gli attaccanti dovettero arrestarsi poi tennero duro con eroica ostinazione; ma alla fine, sotto minaccia di distruzione totale, i superstiti furono costretti a ripiegare. Dopo pochi giorni l’attacco venne ripetuto ma, questa volta, nel quadro di una azione generale. Com’era logico riuscì; il tricolore sventolò sulla vetta e più in là; ed ebbero pace i nostri morti”. (2)

I tempi dell’operazione

6 dicembre. Sera. Schieramento in linea del 1° Raggruppamento – Colonna d’attacco: 1а e 2а compagnia del 67° Ftr.

7 dicembre. Ricognizione aerea del Principe Umberto di Savoia.

8 dicembre. Alba.

 “L’alba dell’8 dicembre stentava a spuntare tra nebbia e pioggia. Poco prima delle sei nella tenda comando del 1° gruppo d’artiglieria il colonnello D’Agata e il tenente Medeghini erano chini sulla tavoletta controllando ancora una volta i dati di tiro. Di lì a pochi minuti sarebbe iniziato il fuoco di preparazione; prima lo spianamento con i pezzi 105/25, dieci minuti dopo sarebbero intervenuti i gruppi leggeri che avrebbero battuto le postazioni avanzate della fanteria tedesca per poi accompagnare con i piccoli calibri l’attacco della fanteria italiana.

Un capitano degli alpini apparve sull’ingresso della tenda, precedendo altri due ufficiali. C’è con noi Sua Altezza Reale – disse sollevando maggiormente il lembo della tenda per consentire al Principe di entrare.

In quel momento i cannoni cominciarono a tuonare.

Le postazioni delle mitragliatrici tedesche erano tuttavia ancora efficienti e quel giorno, nonostante i continui assalti dei fanti italiani, il Montelungo non fu preso. Ce la fecero otto giorni dopo, al secondo attacco. …” (3)

Continua Gerosa Brichetto: “ … la scarsa visibilità dovuta alla nebbia imprevista, il peso della difesa avversaria che risultò di gran lunga superiore ai dati forniti dal servizio informazioni, [americano ndr] il mancato intervento di azioni concomitanti tanto sulla destra che sulla sinistra, l’impossibilità infine del promesso concorso dell’aviazione a causa delle condizioni atmosferiche: tutti fattori che il nemico sfrutta, sì che i nostri, infiltratisi nel suo dispositivo, vengono fatti segno ad un fuoco concentrato di armi automatiche ed artiglierie.

Il monte non si presta ad appigli. I tedeschi tentano l’accerchiamento e ne segue una lotta selvaggia a corpo a corpo. E’ gioco forza ritornare sulle posizioni di partenza. Il costone del monte e le pendici sono seminati di morti e feriti, ma il cuore di tutti è inchiodato là su quelle tre cime e nei giorni 15 e 16, dopo un logorio ininterrotto di corpi ma non di spiriti, dopo che su molte membra è stato impresso col ferro e col fuoco lo stigma del dolore, dalle gole dei nostri fanti e bersaglieri erompe il grido di vittoria, un primo varco sulla via di Cassino è aperto”. (4)

Testimonianze italiane

Gerosa Brichetto riporta alcune testimonianze, delle quali ricordiamo solo la seguente:

Anche l’artigliere Bramati Luigi, IV batteria, … di Peschiera Borromeo, ricorda particolari agghiaccianti; il suo pezzo sparò rabbiosamente per ore e ore; poi si inceppò, rischiò di scoppiare e rimase inutilizzato. Come eravamo ben poca cosa di fronte alle centinaia di bocche da fuoco alleate che sbarravano la valle!” (D’Elia. cit. p 23)

Parlano gli Alleati

Messaggio del generale Clark, comandante la V Armata americana, al generale Dapino:

“Desidero congratularmi con ufficiali e soldati per il successo riportato nel loro attacco di ieri su Montelungo e su Quota 343. Questa azione dimostra la determinazione dei soldati italiani di liberare il loro paese dalla dominazione tedesca, determinazione che può ben servire come esempio ai popoli oppressi d’Europa”. (Gerosa Brichetto La 51а … cit. p. 13)

17 dicembre 1943. Londra, The Times

Il fatto d’arme non riveste particolare importanza strategica, ma è fondamentale sotto il profilo morale, sia verso gli italiani sia verso gli alleati.

Il Times descrive il comportamento degli italiani in un lungo articolo che così conclude:

“… Nonostante le perdite sotto le mitragliatrici essi si avvicinarono tanto al nemico per venire al combattimento alla baionetta e a bombe a mano. Essi guadagnarono terreno, e poi dovettero ritirarsi, ma essi si aggrapparono ad una zona del terreno che avevano guadagnato e tuttora vi si aggrappano”. (5)

Il 67° fanteria

Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Bandiera

Motivazione: “Prima bandiera italiana di combattimento nella guerra di liberazione sventolava nella sanguinosa lotta per il possesso di Montelungo fra gesta di eroismo e di sacrificio, contro un avversario agguerrito e dure difficoltà di terreno. Simbolo della tradizione della Patria, arriva vittoriosa con le avanguardie alleate sulla via di Roma”. (Gerosa Brichetto, nel Nome della Legnano, p.3.1979)

 Montelungo, 8 dicembre 1943,

 Roma 5 giugno 1944

Il reggimento uscito distrutto dalla battaglia verrà sostituito dal gemello, 68°.

10 dicembre 1943. Il generale Dapino comunica al Comando della 36а Divisione di fanteria americana e al Comando del II Corpo d’Armata:

 “… nell’azione dell’8 dicembre il I Raggruppamento Motorizzato Italiani in tre ore, dalle 6,20 alle 9,20, nel tentativo di conquistare M. Lungo, ha perso il 30% della fanteria combattente (n. 500 perdite su circa n. 1.600 fanti combattenti: n. 600 per ciascuno dei due btg. del 67° rtg fanteria e n. 360 del LI bersaglieri”. (6) Sulla figura del generale Dapino cfr. Michele D’Elia, cit. p 41.

23 dicembre 1943. Ciano scrive a Churchill circa la fine del Regime.

1944 Regolamento di conti in casa fascista

8 – 10 gennaio 1944. Processo di Verona.

11 gennaio 1944. Mattina. Vengono fucilati, accusati di tradimento, i gerarchi fascisti a suo tempo arrestati per aver votato l’ordine del giorno Grandi nell’ultima riunione del gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943: De Bono, Ciano, Marinelli, Pareschi e Gottardi. (7)

Brindisi, 8 gennaio 1944

Il Maresciallo Messe convoca il generale Umberto Utili e gli affida il comando del 1° Raggruppamento. Il nuovo Comando ha sede a Manduria (Taranto), dove è acquartierata la Divisione ‘Legnano’ in attesa di entrare in linea. (cfr. D’Elia, cit. p 42-44)

22 gennaio 1944. Gli americani sbarcano ad Anzio; impiegheranno cinque mesi per arrivare a Roma.

 4

15 febbraio 1944. Martedì ore 9,34. Montecassino.

Gli Alleati bombardano e distruggono l’antica Abbazia, pur essendo noto che essa non ospita strutture militari. Chi lo decise? Ancora oggi non c’è risposta. (cfr. Enzo Biagi, La seconda guerra mondiale, Ed. B.U.R., Milano dicembre 1992, pp. 327 e segg.)

Il Corpo Italiano di Liberazione (CIL)

3 aprile 1944. Il 1° Raggruppamento e la Divisione ‘Legnano’ assumono la denominazione di Corpo Italiano di Liberazione (8) (cfr. G. Bianchi, cit. p 773 e Gerosa, la 51а … cit. 53)

Il C.I.L., dopo varie decisioni sarà definitivamente assegnato al X Corpo britannico.

23 maggio 1944. I fascisti fucilano insieme gli ammiragli Luigi Mascherpa e Igino Campioni.

Cavalcata verso il Nord

27 maggio 1944. Il CIL opera dalla piana di Venafro alle Mainarde.

28 maggio. Pomeriggio. I reparti del CIL proseguono da Colle Altare a Balzo della Cicogna, Picinasco e Valle del Canneto.

1 giugno. Mattina. Il CIL attraversa Colli al Volturno e punta all’Adriatico.

4 giugno. Gli Alleati entrano a Roma.

5 giugno. Vittorio Emanuele III nomina il Principe Umberto Luogotenente Generale del Regno.

5 giugno. Salerno. Consiglio dei Ministri “… L’osservazione di Sforza che il re ha abbandonato Roma provoca un energico intervento del Ministro della Marina, Ammiraglio De Courten il quale … ribatte affermando che è soltanto per quell’abbandono che si è potuto costituire un governo del Sud … se gli attuali Ministri siedono tranquillamente attorno ad un tavolo lo devono in sostanza a quella fuga … Togliatti interviene … osservando che il Consiglio dei Ministri occupandosi della questione istituzionale … perde il suo tempo in chiacchiere … inutili e pregiudizievoli”. (IDDI, decima serie, vol. I, doc. 246, pp. 297-298)

Sono Ministri perché …

6 giugno. Gli Alleati sbarcano in Normandia.

7 giugno 1944. La Luogotenenza è operativa. Si dimette il secondo Governo Badoglio, questi è incaricato di formare il terzo governo. Fallisce.

9 giugno. Gli Arditi, del 9° Reparto d’Assalto, si schierano ai piedi della Maiella e puntano su Guardiagrele.

10 giugno e seguenti. La cittadina è presa. Il 68° occupa Orsogna. Le truppe dalla Maiella scendono al mare e salvano Chieti dalla distruzione. I reparti della Sezione Sanità seguono le truppe e costituiscono le proprie basi nelle zone più adatte agli ospedali da campo, per esempio, il Bivio di Sant’Eusanio di Sangro e Stazione D’Archi. Dopo Chieti, la Divisione ‘Nembo’ scende a Pescara ed insegue il nemico. La I Brigata da Popoli marcia su L’Aquila.

11 giugno. Bonomi forma il nuovo governo.

23 giugno. E’ superata l’Aquila.

24 giugno. Sono superate Tufo e Venarotta.

26 giugno. Sul Chienti la ‘Nembo’ neutralizza un’azione di arresto del nemico, il 332° Ospedale da Campo, il 34 Nucleo Chirurgico e la 51а, continuano a seguire le truppe avanzanti.

6 luglio. Cadono Pollenza e Macerata, i tedeschi, per reazione, nella notte spezzonano e mitragliano quest’ultima città. Gli anglo-americani non forniscono e non forniranno mai copertura aerea alle nostre truppe; non solo, ma sono state sempre più allontanate dall’ingresso nella Capitale.

Gelosie.

8 luglio. Caposaldo tedesco di Filottrano.

Il settore è strategico. L’operazione è propedeutica alla presa di Ancona. Scrive il generale Utili:

I battaglioni a mano a mano che scendevano dall’autocarro si lanciavano nella mischia senza preparazione. Fu un combattimento garibaldino, tutto d’impeto … a sera non c’era più una riserva. Sui verdi dossi che in lieve pendio ascendente concorrono fino al paese, si aprivano nel sole ardente di luglio i plumbei fiori delle bombe e delle granate a falciare le giovani vite. Ma le squadre progredivano correndo … allineate le une dietro le altre, come le strofe di una canzone … Asserragliati nell’ospedale, aggrappati all’orlo del conteso obiettivo tennero duro alle puntate dei carri ai soprassalti dei contrattacchi … ed al mattino seguente [9 luglio] il tricolore sventolava sull’alta torre del serbatoio dell’acqua ché tutta la linea su larga fronte aveva piegato … “

Gerosa conclude: “… qualche settimana dopo un plotone della 51а Sezione di Sanità mosse a ricercare le salme degli eroi nelle fosse improvvisate sui declivi della collina …”.

(Gerosa Brichetto, La 51а …, cit. pp. 35-36)

16 luglio. Ore 21,00. Valle Esina. Battaglia del fiume Musone.

La 51а si organizza sotto Filottrano; il 1° plotone portaferiti segue il 1° battaglione del 68°.

17 luglio. Ore 7,15. Inizia la battaglia.

Utili registra: “Il guado è facile ma su di esso il nemico aveva un eccellente campo di tiro. Per raggiungere il guado bisognava discendere un ripido ciglione in generale scopertissimo; solo in un

piccolo tratto era alberato e si doveva obbligatoriamente sboccare di lì. Il 1° battaglione del 68° ftr. Scatto alle 7,15 e passò in buona parte; sulla destra i carri passarono, deviarono, non si videro più; da noi il combattimento si spezzò in lotte accanite di piccoli gruppi, tra le insidie dei canneti, delle siepi, delle coltivazioni; si progrediva molto lentamente con troppe perdite. Allora si cercò di aggirare da destra dove ci attendeva una scottante sorpresa; il cuneo dei carri era penetrato senza sforzo, ma alle sue spalle la breccia si era richiusa; i tedeschi tornarono alle loro buche raso terra; ci falciavano di fianco con fuochi micidiali. Si dovette insistere nell’azione frontale … così passò il resto del 1° battaglione così passò il 2° … più avanti le squadre, i plotoni, le compagnie, si aprivano a ventaglio si insinuavano strisciando nelle maglie dei fuochi della difesa …”.

Osserva Brichetto: “Quanti tragitti avete compiuto in quella dura giornata del 17 luglio? … Il 9° Reparto d’Assalto, che ha compiuto la brillante azione di Cingoli e di Villastrada si è attestato in terzo scaglione nella zona di fronte ed a sera riceve l’ordine di scavalcare … Alle 10 di sera, da Rustico si affacciò sul crinale conquistato”. (Gerosa Brichetto, cit. p 40-41)

Durante la notte i portaferiti vengono richiamati da alcune voci di soldati incappati nel campo minato. (p 41)

19 luglio. I tedeschi cannoneggiano il reggimento ‘San Marco’. La Sezione Sanità con l’ospedale da campo n. 866 e il 34° nucleo chirurgico, si attesta a sud del fiumicello.

20 luglio. Guadato l’Esino, le nostre truppe entrano a Jesi. Due ambulanze seguono le truppe ma si impantanano…. Si ricorre a “pesanti carri tirati dai buoi”. (Gerosa Brichetto, cit. p 42-43)

21 luglio. Sera. Anche l’ospedale da campo n. 244 giunge a Jesi.

22 luglio. Belvedere Ostrense. Un colpo di mortaio centra un’ambulanza. E’ gravemente ferito il tenente di fanteria Piero D’Ercole, alle dipendenze del capitano Gerosa, morirà poco dopo: “Il carico di feriti si trasforma in carico di morti …”.

Al Tenente, che con altri ha tentato di salvare i feriti del ‘San Marco’, è concessa la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. (Gerosa Brichetto, cit. p 46)

6 agosto. Il Comando Tattico della Sezione si sistema sulle sponde del fiume Mira, nella villa del conte Ferraris, dalla quale il Comando tedesco si era ritirato di gran carriera “lasciando ancora sulla mensa gli avanzi della cena” (Gerosa Brichetto, cit. p 48)

6 agosto. Sera. Nell’assalto a Corinaldo muore il sottotenente Alfonso Casati, unico figlio del Ministro della Guerra Alessandro Casati.

12 agosto. Il ‘San Marco’ prende Corinaldo.

17 agosto 1944. Ciaveno. I tedeschi impiccano Felice Cordero di Pamparato, medaglia d’oro al Valor Militare.

20 agosto. Balzo in avanti verso Sassoferrato, dove si stabilisce il Comando del CIL. Si muove 8а Armata, che chiaramente punta contro la Linea Gotica. Il CIL protegge il “fianco sinistro su di un settore montano” (Gerosa Brichetto, cit. p 50)

I Cavalleggeri, incorporati nel IX reparto d’assalto, prendono Pergola. (Gerosa, p 51)

21 agosto. Presa di Fenigli. Gli Arditi stanano i tedeschi asserragliati nelle case.

21 agosto. Sera. Gli Ufficiali Alleati di Collegamento “si congratulavano col comandante della sezione per i portaferiti «gli oscuri, gli umili, gli eroi partecipi di ogni combattimento»”. (Gerosa, cit. 52)

27 agosto. Il Comando del CIL si stabilisce a Cagli.

28 agosto. Lager di Buchenwald. Muore la Principessa Mafalda di Savoia.

29 agosto. Fiume Foglia. Il IX reparto d’assalto si appresta a guadarlo. Gli Alleati ordinano al CIL di fermarsi. Il fronte italiano è secondario. Beffa.

24 settembre. O.d.g. del generale comandante: ”Sotto la data di oggi il CIL si scioglie per necessità superiori …” Bella mazzata!

Dal disciolto CIL nascono due nuove grandi unità: le divisioni ‘Legnano’ e ‘Folgore’. Amaro il commento di Gerosa Brichetto:

 “Non è dato a noi giudicare, anche alla luce degli avvenimenti ulteriori, se fu bene o male sciogliere il C.I.L.; è parso a più d’uno che il tenere in linea sulle basi del C.I.L. una vera Armata, avrebbe avuto delle possibilità di più vaste realizzazioni. Una cosa è certa: che a tutti quelli che alla formazione del Corpo Italiano avevano portato la pietra del loro sacrificio, e specie ai pionieri del 1° Raggruppamento Motorizzato, il suo scioglimento recava una tristezza senza pari ed un dolore simile a quello della perdita di persona cara”. (cfr. La 51а …. p 58)

Riconosciamo che a queste due grandi unità restarono come nuclei di base i reparti del 1à Raggruppamento, dal 68° fanteria all’11° reggimento di artiglieria. (Gerosa, cit. pp. 57- 59)

29 settembre – 5 ottobre. Marzabotto – Monte Sole (BO) Linea Gotica. I Granatieri della XXIV div. SS trucidano 771 civili inermi, tra i quali molti bambini.

23 dicembre 1944. La ‘Legnano’ e la Sezione Sanità si acquartierano a Manziana, presso il lago di Bracciano.

1945

Alle porte di Bologna

Da Manziana i reparti si dirigono nella zona del Chianti, superano Arezzo. Si preparano alla battaglia di Bologna.

27 marzo. Durante le manovre, osservate dagli ufficiali alleati, il Principe Umberto visita le truppe a Castellina in Chianti e decoraben sette soldati della Sezione”. (Gerosa, cit. p 68)

Lo schieramento

La ‘Legnano’ dà il cambio alla 91а Divisione americana in Valle Idice. I tedeschi sono attestati “sugli ultimi contrafforti a cavallo di alcune valli che scendono a Sud di Bologna: in Valle Savena, Valle Zena, Valle Idice, Valle Sillaro e Valle Santerno”. (Gerosa, cit. p 71)

Superate queste valli e presa Bologna, la strada per la Pianura Padana sarà aperta.

Osserva Gerosa Brichetto: “siamo l’ultima Divisione di destra del II Corpo e quindi della 5а Armata americana e costituiamo la saldatura con l’8а Armata britannica. Alla nostra destra è una Divisione indiana … entriamo nella valle [Savena] a notte fonda … scendiamo fin presso le sponde dell’Idice”. (Gerosa, cit. p 71)

“Nella parte più eccentrica dello schieramento si è stabilito il II reparto autocarrato in località Casone, un plotone di portaferiti a Ronco Britti, un altro presso l’osteria di Monterenzio, ai margini della carreggiata”. (Gerosa, cit. p 76)

20-21 marzo. Notte. Le nostre truppe, da destra a sinistra, si schierano come segue: “I btg. del 68° ftr., II btg.; btg. Alpini ‘Aquila’, btg. alpini ‘Piemonte’, sino a Monte Ceresa, attraversando la provinciale ed il fiume Idice. In seconda linea il IX reparto d’assalto, il btg ‘Bersaglieri Goito’ ed infine, i sei gruppi dell’11° artiglieria. La Sezione Sanità ed il 35° Nucleo Chirurgico sono attendati e completi di camera operatoria.”. (Gerosa, cit. p 75-76)

23 marzo. Notte. E’ colpito il maggiore Augusto De Cobelli, comandante il battaglione Alpini ‘L’Aquila’, muore alle ore 12 del 24 marzo. (Gerosa, p 77)

Dalla Valle d’Idice l’artiglieria tedesca martella le nostre posizioni. “Da Monte Fano a Castelvecchio e a Ronco Britti … le autoambulanze e i barellieri appiedati recuperano i feriti. I medici si fanno trovare pronti nella sala operatoria … Arrivano i tedeschi feriti … la Sezione Sanità, davanti alle loro carni aperte, dimentica tutte le violenze ed i soprusi teutonici trattando i feriti nemici con tutte le cure e i riguardi dovuti a chi è caduto sul campo dell’onore”. (Gerosa, pp. 78-79-80)

Pasqua: la battaglia decisiva

Lo scontro si sviluppa per gradi, sia per progetto tattico che per le condizioni geografiche del settore di operazioni. I tedeschi sono fortificati a quota 312, 363, a San Chierico, a Piastra e a Poggio Scanno.

10 aprile 1945. Quota 459. Parrocchia di Vignale.

Progetto dell’operazione: eliminare il caposaldo tedesco. L’operazione è notturna ed è affidata alla 123а Compagnia del IX reparto d’assalto.

Nota Gerosa Brichetto: “Il colpo riesce, ma la reazione dei mortai tedeschi da un lato, le mine dall’altro, causano gravi perdite”. (Gerosa, cit. p 86)

17 aprile. Dopo l’azione, il Luogotenente Generale visita il 1° Raggruppamento e la Sezione Sanità. L’azione della 5а Armata è in corso.

18 aprile. Sera. Attacchiamo per assestarci sulla linea quota 459-Roccioni di Pizzano-quota 363.

“Superati gli obiettivi, il 68° fanteria punta su Monte Armato e truppe del Reggimento Speciale su Paggio Scanno e più oltre”. (Gerosa, cit. p 90)

Gli Arditi hanno scavalcato la cresta e scendono in Valle Zena.

20-21 aprile. Notte. Il II Reparto della Sezione Sanità lascia i calanchi di Monterenzio, risale la Valle Idice, entra per Lojano in Valle di Savena, e a Pianoro ed ancora più avanti”.

 (Gerosa, cit. p 92)

Italiani primi a Bologna

21 aprile 1945. Mattina. “… prima che scocchi mezzodì, bersaglieri ed arditi entrano in Bologna”. (Gerosa, cit. p 92)

25 aprile. Milano è liberata.

25 aprile. Il Regio Esercito, mentre le città insorgono, prosegue la sua marcia verso il nord per inseguire il nemico, ma gli Alleati s’inventano un altro pretesto per bloccare le nostre truppe: essi considerano “insufficienti i nostri mezzi ad una rapida corsa di inseguimento del nemico … il generale Utili non si fa sorprendere dagli avvenimenti: ha ottenuto di dare il via alla nuova corsa …” (Gerosa, p 95-96)

28 aprile. Da Bologna a Brescia. “Sul fare della sera si entra in Brescia”. (Gerosa, p 97)

La ‘Legnano’ riceve l’ordine di proseguire per Bergamo. In località Monte Casale affronta una Compagnia tedesca ivi asserragliata. Cadono cinque Arditi. Sono gli ultimi caduti.

Dopo lo scontro, la Divisione entra a Bergamo.

29 aprile 1945. Caserta.

La Germania firma la capitolazione sul fronte meridionale.

2 maggio, 1945. La resa è operativa.

7 maggio. Reims. Ore 14,41. La Germania firma la capitolazione generale.

PARTIGIANI: VIVA IL RE!

LA LOTTA AL NORD

Mentre il ricostituito Regio Esercito avanza, le forze irregolari, i cosiddetti partigiani, conducono una loro “guerra senza bandiera”, come si esprime, uno dei più noti di loro, Edgardo Sogno. (9)

Nei fatti la Bandiera si dispiega: è quella della libertà di uno Stato e di un popolo, consapevoli dei propri diritti e dei propri doveri, prima di tutto verso se stessi.

La lotta partigiana è informata, oltre che da esempi di eroismo e sprezzo della propria vita, anche da ombre create da contrastanti visioni politiche e di partito; contrastanti con il supremo interesse del

Paese e si intrecciano anche con gli interessi dei singoli. Nei momenti peggiori, tale dicotomia condusse anche ad una lotta fratricida tra elementi delle diverse formazioni partigiane, come fu

l’assassinio, il 3 ottobre 1944, del capitano Ugo Ricci, di fede monarchica dichiarata, ucciso dagli uomini della brigata partigiana comunista ‘ Roma’, secondo quanto pubblicato dal quotidiano

Il Tempo di Milano il 17 ottobre 1951 circa le premesse dell’assassinio. L’episodio è ampiamente documentato nel volume di Gabriele Pagani. (10)

Gli Alleati non sempre aiutarono i partigiani con armi, viveri, munizioni. Le popolazioni supplirono, pagandone il prezzo in vite umane e distruzione di beni.

10 novembre 1944.

Gli Alleati ai partigiani: “Tornate a casa!”

Lo stesso giorno il Maresciallo britannico Harold Alexander, comandante delle forze alleate in Italia, lancia una specie di proclama nel quale, richiamati i rigori dell’inverno, invita i partigiani a

«… cessare la loro attività precedente per prepararsi alla nuova fase di lotta e fronteggiare un nuovo nemico, l’inverno. Questo sarà duro, molto duro per i patrioti a causa delle difficoltà di

rifornimento di viveri e di indumenti; le notti in cui si potrà volare saranno poche nel prossimo periodo e ciò limiterà pure le possibilità dei lanci; gli alleati però faranno tutto il possibile per

effettuare i rifornimenti; pertanto, i partigiani dovevano «cessare le operazioni organizzate su vasta scala; conservare le munizioni e i materiali e tenersi pronti ai nuovi ordini; attendere nuove istruzioni …; stare in guardia, stare in difesa; approfittare però ugualmente delle occasioni favorevoli per attaccare tedeschi e fascisti; continuare nella raccolta delle notizie di carattere militare concernenti il nemico, studiarne le intenzioni, gli spostamenti e comunicare a chi di dovere». (11)

Si noti che il messaggio è trasmesso il giorno 13 dalla Radio Alleata “Italia combatte”, captata anche da nazisti e fascisti. Nessuna brigata partigiana ne tenne conto. L’attività anti nazifascista continuava.

Gli Alleati ci sono o ci fanno? Ci fanno.

Fazzoletti rossi, fazzoletti azzurri.

Le brigate partigiane sentono la necessità di distinguersi tramite un segno esteriore, facilmente riconoscibile: è il fazzoletto di foggia e colore diverso, a volte con il nome della ragazza che l’aveva cucito. Nel tempo esso conquista valenza politico-ideologica. Così ne scrive Francesco Piazza:

L’idea comunista era quella di adottare, osserva Ernesto Brunetta, come modello della lotta partigiana quello jugoslavo, cioè «il modello di una guerra di popolo che aveva senso – assumeva anzi senso – solo se fosse riuscita a diventare lotta collettiva, politicizzata e partecipata, fosse riuscita, in altre parole, a fare quanto non era invece riuscito al Risorgimento, diventare cioè guerra di masse, nella quale fossero le masse a giocare il ruolo decisivo». (Piazza, cit. p 34)

Continua Piazza: “Di qui una duplice scelta: il nome di Garibaldi, l’eroe simbolo delle aspirazioni di riscatto socio-economico delle masse popolari, per indicare il movimento partigiano d’ispirazione comunista; il fazzoletto rosso … Garibaldi e il colore rosso significavano, in sostanza, che il riferimento storico – ideale era il Risorgimento, il quale aveva dato all’Italia quell’identità nazionale che il fascismo, prima, e l’8 settembre 1943, dopo, avevano massacrato e che bisognava, pertanto ricostruire, ma, questa volta, secondo una prospettiva democratico-popolare e non più liberal-moderata. Insomma si guardava al Risorgimento per farne adesso uno diverso.

Ora, anche sotto questo rispetto, cioè il riferimento al Risorgimento, la posizione della Brigata Guidata da Gava appare anomala, infatti, il nome Piave dato alla formazione e l’adozione del fazzoletto azzurro hanno un significato altrettanto preciso di quello evidenziato nella simbologia garibaldina, ma opposto; per la Piave, il Risorgimento era stato fatto con le sue quattro guerre d’indipendenza e la lotta in atto era una sorta di continuazione della quarta, avendo contro lo stesso nemico, che si presentava agli italiani con la stessa faccia feroce che aveva palesato nel 1917, dopo Caporetto; pertanto, era logico e doveroso attestarsi nuovamente sulla linea del Piave. … Insomma una prospettiva, quella della Piave, chiaramente nazionale e patriottica, ancor più

sottolineata dall’uso dell’azzurro, cioè del colore che, un tempo espressione di casa Savoia, era, col nuovo secolo, diventato il simbolo delle tradizioni militari italiane, ovviamente, care agli ufficiali della Brigata. Assume quindi un significato non di poco conto il fatto che, prima di ogni azione di guerra, i combattenti della Piave applicassero alle camicie le stellette, già dell’Esercito italiano, per evidenziare il rifiuto dell’esercito di Salò, ponendosi così, di fatto, in una linea di continuità con l’esercito del Regno d’Italia.

La conseguenza di tutto ciò fu che i partigiani garibaldini rivolsero a Gava l’accusa di essere ‘badogliano’ e alla Piave di essere una formazione «di dichiarato orientamento monarchico». (Piazza, cit. pp. 35-36).

La simbologia fu rispettata anche nelle motivazioni delle Medaglie d’Oro al Valor Militare. (cfr. Piazza, cit. p 35)

Riduciamo la questione all’osso: il fazzoletto rosso richiama le formazioni comuniste e di sinistra, in generale; quelle azzurre i Savoia e il Regio Esercito; o – comunque – un ordine tradizionalmente costituito.

Le battaglie

La lotta partigiana è un ginepraio nel quale si intrecciano il desiderio di combattere, la convivenza di migliaia di anime e storie diverse, di relazioni con le popolazioni dalle quali il partigiano o anche il nemico traggono sostentamento. Nei paesi ci sono anche feste: potrebbe non sembrare, ma la morte è sempre in agguato. Di questa sospensione di animo, crediamo che Il partigiano Jonny di Beppe Fenoglio e Partigiani Penne Nere di Enrico Martini Mauri, siano gli esempi più convincenti.

Dalle opere citate riportiamo due episodi.

  1. Lo studente Fenoglio, dopo l’8 settembre da Roma torna a casa ad Alba. In ottobre, all’insaputa dei suoi, raggiunge i partigiani rossi, i più vicini, è monarchico, ma: “Io sono qui per i fascisti, unicamente” dice al suo capo, il commissario Nèmega. (12)

In effetti raggiungerà, nelle Langhe, il suo modello monarchico, il comandante Enrico Martini Mauri.

Dorsale di Monesiglio, settore del paese di Murazzano, primo scontro, primo morto fascista.

I fascisti nella valle sotto Murazzano si annunciano con raffiche di mitragliatrice, poi si ritirano lungo la dorsale di Monesiglio, (Fenoglio, cit. p 65) i partigiani li inseguono si appostano:

…Jonny era invecchiato … i fascisti si rivisibilizzarono … Jonny si sistemò a sparare agli scoperti, ai balzanti … [egli sparò a vuoto comparve un giovane fascista ndr] Il ragazzo danzava a trenta metri, accecato dal suo stesso coraggio: magro ed elastico, inebriato del suo coraggio, della sua astuzia bellica e della natura boschiva. Jonny gli sparò senza affanno, senza ferocia, ed il ragazzo cadde, lentamente, così come Jonny si aderse sui gomiti, nell’ascensionale sospensione davanti al suo primo morto … Poi piombò in una sorta di torpore”. (Fenoglio, cit. p 68)

Viva il Re!

  • Martini Mauri ci consegna la figura di Giacomo Curreno di Santa Maddalena di Carrù.

 22 giugno 1944. Castellino: “Sugli spalti del castello di Cigliè si è formato un capannello … sono tutti particolarmente attenti … mi avvicino … E’ un ragazzino [che parla] avrà sì e no quindici anni, non molto alto, con capelli nerissimi e occhi vivaci. Mi guarda con un sorriso aperto, su un volto simpatico che mi pare di avere già visto.

«Che fai tu qui?» lo interpello.

«Sono venuto a fare il partigiano.»

«Non scherziamo, questo non è posto per i bambini.»

«Ma io non sono più un bambino. So montare a cavallo, tirare di scherma, sparare al bersaglio.»

«Tutte cose che qui non servono. Torna a casa, a quest’ora i tuoi ti cercheranno, saranno in pena. Poi mi sembra che tu sia uno studentino, e devi finire la scuola, non è così?»

«Sì, è così. Ero in liceo al collegio di Moncalieri, ma sono scappato per venire qui con voi e ora non mi riammetteranno più. Nemmeno a casa posso più tornare.»

«Davvero, sei così discolo da farti mettere fuori di casa?»

«No, è perché anche mio papà è partigiano. Abitiamo a Carrù, nel castello: ero passato a salutare la nonna e la zia, sono arrivati d’improvviso tedeschi e fascisti per catturare mio padre. Non l’hanno trovato e hanno arrestato me. Mi hanno portato sulla piazza del paese ove c’erano già tanti prigionieri. Mi hanno messo contro il muro, poi ci hanno puntato i fucili e mi hanno detto: «Grida “Viva la repubblica!”».

«E tu?»

«Ho gridato Viva il re! E quelli invece di sparare hanno abbassato le armi. Poi c’è stata un po’ di confusione e io ne ho approfittato per fuggire. Ma mi ricercheranno, senza dubbio, perciò vede che mi è impossibile tornare a casa.»

«Chi è tuo padre?»

«E’ il colonnello Curreno di Santa Maddalena, lo conosce?» … (13)

Nel breve dialogo il ragazzo chiede di combattere. Il comandante Mauri lo assegna ad una macchina per scrivere. Martini gli fa fare il dattilografo, ma al ragazzo non basta.

10 marzo 1944. Paese di Trinità Cuneo.

 “… un centinaio di tedeschi con molti carriaggi vengono a fare razzia nel paese di Trinità. Pierino e i suoi sono pronti a riceverli, In breve fanno strage, i cavalli fuggono rovesciando i carri e il carico.

«Evviva, evviva, stanno scappando tutti.»

Ma ecco giungere in rinforzo, da Fossano, uno squadrone di cavalleria tedesca. Che fare? I ragazzi non hanno mai avuto paura del fuoco, ma ora quei cavalli che si avventano su di loro al

galoppo li impressionano.

«Andate» grida Gimmy «mettetevi in salvo. Resteremo noi a proteggervi.»

Restano con Gimmy, Bruno e Dario.

Dario ha il mitragliatore e ha pure una pallottola nel fianco. Ma continua a sparare, con Gimmy e Bruno, e ferma la cavalleria tedesca finché Pierino e gli altri scompaiono all’orizzonte. Sono finite le munizioni. Non importa. Gli altri sono ormai salvi. Arrivano i tedeschi e si arrestano stupefatti. Dinanzi a loro non ci sono che tre ragazzini sanguinanti e sporchi, di cui uno già morente. Anche loro hanno un barlume di ammirazione e di pietà: li portano via prigionieri”. (Mauri, cit. p 212)

31 marzo 1944. Val Belbo.

 “… oggi la Val Belbo è uno splendore … I miei «dragoni della guardia» … si sono ritirati in disparte …

«Ma cosa fate lì impalati? Non sentite la primavera, il desiderio di far pazzie?»

«Hanno fucilato Gimmy, comandante. Sono stati i fascisti. Lo scambio era già pattuito. E’ stato per rappresaglia in seguito all’uccisione di due soldati tedeschi vicino a Cuneo. Quando è uscito dal carcere era convinto che lo riconducessero a noi; era felice. Solo quando si è visto portare sul greto del Gesso e gli hanno puntato contro le armi ha capito, ma non ha pianto. Ha gridato: “Viva l’Italia”.» (Mauri, cit. p 215-216)

31 marzo 1945. Borgo Castagnaretta (Cuneo) Gimmy Curreno, di anni 16, è fucilato.

Medaglia d’Oro al Valor Militare, alla memoria.

Dalle lettere dei condannati a morte (14)

Giancarlo Puecher Passavalli, di anni 20, dottore in legge, fucilato dalle Brigate Nere il 21 dicembre 1943 ad Erba. Medaglia d’Oro al Valor Militare.

 “Muoio per la Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato. Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto … Accetto con rassegnazione il suo volere.

Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono.

Viva l’Italia!

Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia Mamma che santamente mi educò e mi protesse per i vent’anni della mia vita.

L’amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d’Italia, seguite la mia via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale”. (p. 267)

* * *

Americo Quaranta di anni 23, napoletano, tenente di complemento dell’Esercito. Fa parte del 1° Gruppo Divisioni Alpine “Mauri”, fucilato dai nazisti il 16 aprile 1944 a Buglio (Cairo Montenotte), Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Carissimi,

sono morto, credo facendo il mio dovere fino all’ultimo, avrei desiderato continuare a servire la mia Patria ed il mio Re, ma se Dio così ha voluto è segno che il mio sacrificio valeva di più della mia opera futura. Sono quindi contento di aver donato alla grande Madre il mio corpo, come donai a te Mamma fin dal primo vagito, la mia anima immacolata acciocché Tu la custodissi così come Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non sanno che l’uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.

A te Papà l’imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti.

Gino e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non si sgomentino di fronte alla mia perdita. I martiri convalidano la fede di una Idea. Ho sempre creduto in Dio e perciò accetto la sua volontà. Baci a tutti. Giancarlo. (Lettere … cit. p 267)

Essa da oggi custodirà in eterno i miei resti mortali. Sono fiero di aver lottato con le armi in pugno per la gloria del mio Re, come lottai sui libri per dare a Te, mio amatissimo Babbo, quelle soddisfazioni che avrebbero dovuto ricompensare le amarezze ed i sacrifici patiti per me.

A Te Mamma resta il mio spirito che in Te vivrà, fin che Tu vivrai; a Te Babbo ho dato la più grande soddisfazione: l’orgoglio di poter dire mio figlio è caduto per la libertà della Patria.

Il dolore che avete provato per la mia fine è stato inenarrabile. Lo so: sono stato il vostro unico figlio, l’unico scopo della vostra vita! Avete spiati i miei primi passi, mi avete guidato, mi avete sorretto; e di ciò vi ho sempre espressa la mia gratitudine sconfinata, vi ho sempre ammirati, vi ho sempre adorati. Consolate però questo dolore al pensiero che vostro figlio ha mantenuto il suo giuramento di fedeltà. Nella vita si giura una volta sola. Io giurai di essere fedele al Re e di combattere per il bene della Patria. Ciò ho fatto e ne sono fierissimo.

I miei ultimi pensieri sono stati per la Patria, per il Re e per Voi.

I miei ultimi baci sono stati per il Santo Tricolore e per Voi.

Addio. Mimmo. (Lettere … cit. p 268)

* * *

Conclusione generale

Crediamo che le parole di Gianni Padoan, relative all’invasione della Sicilia, onorino degnamente il soldato italiano con o senza stellette, su tutti i fronti.

“ … Le uniformi erano sporche e lacere, alcuni erano scalzi, avevamo abbandonato o perso chissà dove lo zaino, il pastrano, le cose personali, ma nessuno aveva abbandonato il fucile …”

Note

  • Fonte. Michele D’Elia, Gli ultimi soldati del Re, “La Patria non è morta”, Conferenza tenuta al Circolo REX, Roma 26 febbraio 2006, p. 6
  • G. Gerosa Brichetto – in Ricordo del Generale Utili nel raduno nazionale a Montelungo, 8 dicembre 1977, pagg. 28-29 – Tipografia Fabbiani-Melegnano
  • Guido Aghina, in Opinioni Nuove n. 1 gennaio-febbraio 1974, in D’Elia, cit. Gli ultimi soldati del re, pp. 18-19
  • Gerosa Brichetto, La 51а Sezione di Sanità, Scuola Tipografica Istituto Artigianelli, Pavia, pp. 6-10
  • Agostino degli Espinosa, Il Regno del Sud, Editori Riuniti, Roma ottobre 1973, p. 254
  • S. M. E. – Ufficio Storico, Giuseppe Conti, Il primo raggruppamento motorizzato, Roma settembre 1986, p 262
  •  Luigi Salvatorelli e Giovanni Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, vol. II, Oscar Mondadori, 18 gennaio 1972, p 554-555
  • Gianfranco Bianchi, Perché e come cadde il fascismo, Ed. Mursia, Milano 1963, p. 773
  • Edgardo Sogno, Guerra senza bandiera, Ed. Mursia, Milano 1970. Il volume narra le imprese dell’Autore che fondò la formazione ‘Franchi’, Medaglia d’Oro al Valor Militare
  • Gabriele Pagani, La battaglia di Lenno, EDLIN, Milano dicembre 1996, ne segnaliamo la rigorosa ricostruzione dei fatti. Segnaliamo anche “Il Tempo” di Milano del febbraio 1951
  • Francesco Piazza, Portavano il fazzoletto azzurro. La brigata autonoma “Piave” nella Resistenza trevigiana, CIERRE Edizioni, Sommacampagna-Verona 2000, p 70
  • Beppe Fenoglio, Il partigiano Jonny, Ed. Einaudi, Torino 1968, p 55
  • Enrico Martini Mauri, Partigiani penne nere, Ed. A. Mondadori, Milano maggio 1968, pp. 104-105
  • Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943- 25 aprile 1945), a cura di Pietro Malvezzi e Giovanni Pirelli. Prefazione di Enzo Enriques Agnoletti, Ed. Einaudi, Torino 1955.
  • Gianni Padoan, Sicilia, 10 luglio 1943, Ed. Capitol, Bologna 1972, p. 195

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