mercoledì, Maggio 7, 2025
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I bimbi dell’asilo “cattolico” costretti a pregare nella moschea. Inclusione o sottomissione? Ne tengano conto i Signori Cardinali impegnati a scegliere il nuovo Papa

di Salvatore Sfrecola

Sta crescendo sui media il dibattito intorno alla vicenda, resa nota da una foto che ha fatto presto il giro del web, di bambini dell’asilo “Santa Maria delle Vittorie”, di Ponte della Priula, in provincia di Treviso, tutti tra i tre ed i cinque anni, inginocchiati con la fronte a terra, in direzione de La Mecca nella moschea di Susegana dove pregavano avendo ascoltato il sermone dell’Iman. Il tono del confronto è presto polemicamente cresciuto, tra chi ritiene che quella “visita” alla moschea sia espressione di una politica scolastica di inclusione dei bimbi di religione musulmana e chi ha visto nella scelta delle maestre “cattoliche” un atto di sottomissione alla cultura islamica.

Anche le televisioni si sono impadronite della questione. E RAI News 24 ha colto le opinioni di Massimo Martinelli, direttore editoriale de Il Messaggero, e di Sara Manfuso, spesso presente nei talkshow, i quali hanno detto di condividere senza riserve l’iniziativa, ritenendola effettivamente diretta a favorire l’inclusione dei bambini musulmani presenti in quella scuola, senza in nessun modo negare l’originaria identità cattolica dei bimbi inginocchiati nella moschea. Anzi, è stato detto, l’iniziativa ha il valore di un incremento della cultura religiosa, con apertura ad altre esperienze e ad altre culture. La direttrice dell’asilo, intervistata nella stessa occasione, ha detto: “da noi gli alunni musulmani fanno il presepe: crediamo nel dialogo”.

Nel dialogo dimostra di credere anche una mamma per la quale, su TikTok, l’iniziativa si colloca proprio “all’interno di tante altre attività per far conoscere le altre culture e le altre religioni. Perché di fatto questo è lo specchio della realtà non solo del nostro asilo ma anche del mondo in cui viviamo. Mio figlio è tornato dalla visita alla moschea molto entusiasta, molto felice; era colpito dal grande tappeto che c’è in questo centro islamico ed è stato contento per come è stato accolto e per l’esperienza che ha vissuto da bambino con altri suoi compagni di classe”. Anche per altri è stata un’esperienza “davvero emozionante… ci siamo tolti le scarpe le maestre hanno indossato un velo e siamo entrati in una grande stanza dove per terra c’era un’enorme tappeto rosso con alcune strisce bianche dove ci si mette per pregare. L’Imam ci ha spiegato che la religione musulmana si fonda su cinque pilastri e ci ha detto che loro pregano cinque volte al giorno; l’abbiamo anche provato già in occasione della festa per la fine del Ramadan”. Una mamma ha letto un libro che spiega ai bambini cos’è e cosa si fa durante il Ramadan”. Tutti grati all’Iman che ha aperto le porte della moschea che ha accolto “con rispetto”.

La polemica ovviamente non va per il sottile, anche con ironia: “è quello che ci si aspetta da una scuola cattolica, che si portino i bambini alla moschea e li si metta di fronte all’Imam che spiega loro la sua religione; facciamo in modo che tutte le scuole cattoliche e anche quelle statali portino i bambini dall’Imam così magari racconta loro che Gesù in realtà era musulmano, che era musulmano anche Adamo, erano musulmani tutti i profeti e che l’Islam è l’ultima religione ed è quella giusta mentre le altre sono sbagliate; magari così poi spiegherà anche che loro sono nati musulmani che quindi devono solo ritornare all’Islam ecco questo ci si aspetta da una chiesa cattolica”.

Naturalmente c’è chi ha detto che “sarebbe anche giusto portare in una Chiesa cattolica i bambini di religione islamica, farli inginocchiare sulle panche a pregare Gesù Cristo. Il fatto è che questa condizione di reciprocità non avviene”.

Chi è critico dell’iniziativa l’ha giudicata “una provocazione inutile”, che non fa bene a nessuno. Ed ha aggiunto “mi piacerebbe sapere se questo Imam ha spiegato ai bambini come ancora oggi in tanti paesi musulmani i diritti delle donne vengono quotidianamente calpestati, oppure come in tanti paesi, anche del trevigiano, ci sono donne costrette a indossare il burka a camminare quattro o cinque passi dietro il proprio marito. Sono queste lezioni di civiltà che dovrebbero imparare i nostri bimbi. Il rispetto tra le religioni è giusto che venga insegnato ma non certo facendo inginocchiare i nostri bambini all’interno di un luogo di culto che non è il loro; lasciamo fuori i bambini dalla propaganda delle ideologie; questa non è integrazione è sottomissione culturale mascherata da turismo; è il solito politicamente corretto che calpesta la nostra identità per non offendere qualcun altro; io non ci sto come penso non ci stiano tanti genitori liberi del nostro Paese”.

Vuol capirne di più anche il Ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, che ha chiesto di conoscere come si siano svolti i fatti. L’auspicio è che si riesca a fermare questa deriva inarrestabile, questo processo di islamizzazione tanto denunciato da Oriana Fallaci. Per l’euro deputata della Lega, Silvia Sardone, si tratta dell’islamizzazione strisciante della scuola italiana. Che non è un rischio, è già una realtà, visto come i sindaci del PD sono accorsi alle celebrazioni del Ramadan.

E ci si chiede dove è finita la difesa della nostra cultura, delle tradizioni cristiane, dei nostri valori, dei diritti delle donne e delle minori costrette a indossare il velo e vivere segregate. La verità è che questa politica multiculturale della sinistra europea e italiana, che non fa altro che cercare di accontentare tutti, sta trasformando irrimediabilmente il nostro Paese.

Non ci stiamo. L’Italia non deve diventare un territorio senza identità dove ogni religione e cultura vengono messe sullo stesso piano senza rispetto per la sua cultura e le sue radici.

È una situazione che parte da lontano, dalla polemica sui crocifissi alle pareti, sui canti di Natale, sul Presepe.

Integrare significa, secondo la cultura dell’occidente cristiano, un rispetto dovuto a tutti coloro i quali credono in una religione. E da parte di chi viene in Italia il rispetto delle usanze e delle tradizioni di questo Paese. Il fatto che sia difficile l’integrazione è evidente anche nella circostanza che nei paesi di fede musulmana la vita dei cristiani è difficile e ci sono degli ordinamenti che non consentono a chi non è di fede musulmana di raggiungere posizioni elevate nell’ordinamento dello Stato. Non possiamo neanche dimenticare che nel corso dei secoli l’Islam è stata l’espressione di una politica aggressiva che non ha mai tollerato la possibilità ad altre religioni di esprimersi.

Naturalmente se questa islamizzazione strisciante si va affermando è responsabilità delle famiglie del tutto disattente nella cura della nostra identità e dei valori civili e spirituali che la caratterizzano.

Anche la Chiesa ha le sue responsabilità perché non solo non cura a sufficienza l’insegnamento religioso dei giovani italiani ma apre, attraverso questo disinteresse alla islamizzazione, all’arroganza di soggetti che nei loro paesi vivono una realtà nella quale la prepotenza è spesso una forma di difesa e di possibilità di vita.

Con tutto il rispetto dovuto ai Signori Cardinali, che si apprestano in conclave a scegliere il nuovo Papa, queste situazioni devono indurli a riflettere su una politica di assuefazione all’elemento esterno e non di difesa dei valori propri dell’Occidente cristiano che è una realtà culturale che costituisce un elemento di grande importanza nella tradizione del nostro popolo che è, come scrive Cazzullo, erede di Roma che era tollerante nei confronti di tutti ma che pretendeva il rispetto delle consuetudini e delle tradizioni romane.

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