lunedì, Aprile 29, 2024
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La cultura genera democrazia e pace

di Salvatore Sfrecola

Questi incontri, promossi dalla Professoressa Dora Liguori, Segretario Generale dell’Unione degli artisti (UNAMS), affrontano tradizionalmente temi culturali con richiamo alle attività dei Conservatori di musica e delle Accademie d’arte e si accompagnano ad esecuzioni musicali sempre di elevato profilo, in questa straordinaria sala, detta “Loggia del Primaticcio”, da Francesco Primaticcio, pittore, architetto e decoratore italiano, impegnato, ancora giovanissimo, da Sovrani e Papi, tra Parigi e Roma, a metà del 1500, in questo Palazzo Firenze, storica residenza romana, tra gli altri della famiglia Medici, dal 1926 sede della Società Dante Alighieri, prestigiosa istituzione della cultura, fondata nel 1889 da un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci per “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo”.

il tema di oggi, “La cultura genera democrazia e pace”, è stato suggerito alla Professoressa Liguori da alcune considerazioni che si possono leggere nell’intervento con il quale il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 20 gennaio ha inaugurato le manifestazioni di Pesaro “Capitale italiana della cultura” per il 2024, aperte da una magnifica esecuzione dell’ouverture de “la Gazza ladra” di Gioacchino Rossini eseguita dall’orchestra Olimpia. Un omaggio al grande maestro, pesarese di nascita, ma anche riconoscimento del ruolo che nella cultura ha, da sempre, la musica, una delle espressioni più significative dell’arte del nostro Paese, tanto che il 6 dicembre 2023 il Comitato Intergovernativo dell’UNESCO ha deliberato l’iscrizione del canto lirico italiano nel Patrimonio immateriale dell’Umanità. E, pertanto, gli italiani, ha sottolineato il Presidente, si apprestano “a vivere – con curiosità, con speranza, certamente anche con motivato orgoglio – quest’anno” certamente straordinario”.

“L’Italia -ha ricordato – raccoglie un gran numero di luoghi della cultura: dai centri più remoti della nostra provincia a importanti città… espressione della pluralità delle culture che fanno così attraente la nostra Patria e che rendono inimitabile la nostra identità”. In “un percorso di grande valore che attraversa l’Italia e mette in evidenza le radici antiche e robuste di ciascuno dei nostri luoghi e dei nostri centri”.

È proprio così e ne siamo tutti consapevoli. L’Italia non è soltanto il bel Paese, un territorio straordinario per una varietà di panorami altrove sconosciuta, è anche la somma di luoghi nei quali si è sviluppata la storia delle istituzioni civili, della cultura politica, storica, filosofia ma anche delle scienze. È il Paese delle Signorie e dei Principati, dei Comuni autonomi della Toscana, delle città libere della Puglia, che hanno dato vita all’impareggiabile patrimonio di cultura che oggi l’Italia offre al mondo. E della cultura l’arte, nelle sue diverse forme, è parte essenziale, e sappiamo che autorità pubbliche e mecenati privati hanno costantemente curato e incrementato tutte le espressioni dell’arte, avvalendosi della disponibilità, certamente provvidenziale, di artisti il cui talento ha disegnato le città, costruito palazzi storici, ornati con opere scultoree e pittoriche famose in tutto il mondo. Come i giardini, che esaltano le condizioni ambientali delle singole località. Come le melodie che hanno costantemente accompagnato la vita degli italiani facendo delle nostre istituzioni musicali un punto di riferimento mondiale, come è stato ricordato il 12 giugno, alla Farnesina, in occasione della giornata europea della musica. Un riferimento per studenti e artisti che studiano per perfezionarsi. Eppure, come abbiamo detto più volte, le istituzioni di alta cultura sono ancora in attesa del completamento della riforma iniziata nel 1999, che attende una compiuta definizione, nei termini della delega, del regime giuridico dei docenti e perfino della denominazione del diploma che è “accademico” mentre dovendo essere “di laurea”.

Nella cultura sono le radici, aveva detto il Presidente, che vanno “valorizzate e preservate, nella loro peculiarità” perché “tutte insieme, contribuiscono a definire l’immagine del nostro Paese”.

È una caratteristica tutta italiana, perché all’identità della Nazione concorrono le ricchezze dei singoli territori. È un caso unico al mondo. Ovunque una città egemone rappresenta l’intera nazione che qui, invece, è formata dal concorso delle città e dei borghi, con la loro storia, con la loro tradizioni. Eppure taluno stenta ancora ad identificare le realtà territoriali con lo stato nazionale nato dal Risorgimento, sicché provocatoriamente un grande storico dell’età contemporanea, Emilio Gentile, ha intitolato un suo libro-intervista sul Risorgimento “Italiani senza padri” (Laterza, Bari, 2011) un bel volume nel quale traccia proprio le ragioni dell’essere nazione, considerato che nonostante tutte le critiche che si potevano muovere ai costruttori dello Stato unitario, l’unità politica è stata, con le parole di Giustino Fortunato, “pur sempre quanto di meglio e di più nobile abbia avuto l’Italia da Roma imperiale in poi”. Da quando un popolo per secoli diviso e, pertanto, “calpesto e deriso”, come recita l’Inno di Mameli, è vissuto nell’aspettativa di divenire “un grande Stato”, come ebbe a dire il Conte di Cavour, nel celebre discorso del 25 marzo 1861 nel quale insisteva perché Roma dovesse essere unita all’Italia “Perché – sono le sue parole – senza Roma capitale d’Italia, l’Italia non si può costituire”. Un grande Stato pronto a confrontarsi con le altre realtà internazionali. Un’aspirazione antica, costruita nel corso dei secoli col concorso delle migliori intelligenze che da Dante in poi hanno immaginato un’Italia libera da occupazioni straniere, francesi, spagnoli, austriaci spesso, purtroppo, chiamati a puntellare troni malfermi perché pervicacemente illiberali e poi impadronitisi delle nostre “belle contrade”. Patrimonio dell’intera comunità nazionale, motivo di unione, non di velleitarie aspirazioni che appaiono più secessioniste che autonomiste.

Dunque, la cultura che – ha detto il Presidente – dev’essere “libera da ogni ideologia, mai separata dalla vita quotidiana e dall’insieme dei diritti e dei doveri scanditi dalla Costituzione. Diritti e doveri che ci rendono e ci fanno sentire partecipi della comunità nazionale; cui conferiamo vita con le nostre diversità.

Quella cultura che, proprio per la natura dei processi storici che hanno caratterizzato il progressivo divenire dell’Italia, è fatta di rapporti con i Paesi vicini, con gli altri popoli, con le aspirazioni proprie alla dimensione europea”.

Ed ha affrontato un tema che a noi piace molto, quello del valore del patrimonio fonte di quella civiltà dalla quale “viene un appello alla responsabilità. Responsabilità di capitalizzare il valore della libertà della cultura oggi e per l’avvenire, insieme alla consapevolezza che si tratta di un patrimonio indivisibile per tutta l’umanità”.

Libertà della cultura, che a noi sembra cosa scontata ma che scontata non è nel momento in cui “attraversiamo una stagione difficile, per molti aspetti drammatica, in cui l’uomo sembra, ostinatamente, proteso a distruggere quel che ha costruito, a vilipendere la propria stessa dignità”. Oggi, ai confini d’Europa si combattono guerre molto impegnative, come in Medio Oriente, con morti e distruzioni, mentre percorsi fondamentali per l’economia sono oggetto del ricatto della moderna pirateria. E si generano odi ancor più pericolosi delle armi, con effetti devastanti sulle relazioni internazionali e su quelli interni nelle singole comunità.

Il Presidente invita tutti a considerare che “la pace è anche un grande tema che riguarda la cultura… un lievito che può rigenerare la pace. E con essa i valori umani che le guerre tendono a cancellare, annegandoli nell’odio, nel rancore, nella vendetta, indotti dagli estremismi nazionalistici”.

“In questo momento – ha affermato Mattarella – parlare di cultura, pensare la cultura, trasmettere cultura vuol dire alzare lo sguardo, per un compito di grande portata. Perché la cultura è paziente semina, specialmente nelle nuove generazioni. Perché la cultura è beneficamente contagiosa e permette di riflettere sulla storia per non ricadere negli errori del passato. Permette di ammirare la bellezza, l’arte, l’ingegno, consapevoli che l’estetica non può separarsi da un’etica di rispetto per la persona”. E “la natura della cultura… il suo equilibrio da ricostituire, la riconciliazione con l’ambiente, gravemente violato e sfruttato, sono anch’essi obiettivi urgenti di civiltà e di pace”.

il valore della cultura è un valore di relazione che inevitabilmente coinvolge una pluralità di soggetti ed è apertura ad altre culture, vivaio di talenti.

Se la cultura è sapere, creatività, emozione, passione, sentimento, ebbene, è il presupposto delle nostre libertà, inclusa quella di stare insieme.

Oltre che eredità del passato la cultura è soprattutto presente e futuro, non semplice consumo di ciò che è casualmente disponibile: è un passaggio di testimone da una generazione all’altra.

La relazione tra cultura e democrazia è profondamente radicata nella tessitura della società umana. La cultura, intesa come l’insieme di valori, credenze, tradizioni e produzioni intellettuali di una comunità, svolge un ruolo cruciale nella formazione e nel mantenimento di un sistema democratico solido.

La democrazia, come forma di governo in cui il potere è detenuto dal popolo, trova terreno fertile nella diversità di pensiero e nell’apertura alla pluralità culturale. La cultura agisce come il tessuto connettivo che lega le persone, offrendo una base comune di comprensione e rispetto reciproco.

In una società culturalmente ricca, l’accesso all’istruzione diventa una leva cruciale per promuovere la partecipazione democratica. Un popolo informato e culturalmente consapevole è meglio equipaggiato per valutare criticamente le proposte politiche, contribuendo così al dibattito pubblico e alla formazione di decisioni collettive.

La cultura, inoltre, funge da catalizzatore per il potenziamento individuale e collettivo. La diversità culturale arricchisce il panorama democratico, portando prospettive uniche e sfide comuni. La democrazia, a sua volta, fornisce un terreno fertile per la protezione e la promozione dei diritti culturali, garantendo che ogni voce sia ascoltata e rispettata.

Tuttavia, la relazione tra cultura e democrazia può anche presentare sfide. La diversità culturale può portare a tensioni e conflitti, richiedendo un delicato equilibrio tra il rispetto per le differenze e la costruzione di un senso di appartenenza comune. La democrazia stessa deve affrontare sfide come la disuguaglianza sociale e l’esclusione, che possono minare la partecipazione equa e inclusiva.

In un mondo sempre più interconnesso, la globalizzazione influisce sulla dinamica tra cultura e democrazia. La condivisione di idee e influenze culturali può arricchire la democrazia, ma richiede anche un attento bilanciamento per preservare l’identità culturale e prevenire l’omogeneizzazione. Senza consapevolezza della propria identità il confronto con le altre culture è destinato irrimediabilmente a fallire. 

In conclusione, la cultura e la democrazia sono intrinsecamente intrecciate, formando una sinergia che contribuisce alla costruzione di società aperte, inclusive e dinamiche. Sostenere la diversità culturale, promuovere l’istruzione e affrontare le sfide sociali sono passi fondamentali per garantire che questa relazione continui a prosperare, creando basi solide per il progresso democratico.

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