di Salvatore Sfrecola
Forse non tutti sanno, tra quanti hanno proposto la riforma del sistema della responsabilità per “danno erariale”, approvata dalla Camera e adesso all’esame del Senato (ddl n. 1457), che non sono pochi i pubblici amministratori e funzionari i quali, alla richiesta di risarcire il pregiudizio arrecato al bilancio ed al patrimonio pubblico, capiscono di aver colposamente sbagliato e pagano, e così evitano la condanna da parte della Corte dei conti. Il fenomeno è più vasto di quanto si crede ed è la dimostrazione della validità del sistema della giustizia contabile, evidentemente ignota a quanti sostengono la proposta di legge di “riforma” della Corte dei conti promossa, per esorcizzare il cosiddetto “timore della firma”, dal deputato di Fratelli d’Italia Tommaso Foti, Ministro per gli affari europei (all’epoca dell’iniziativa era Presidente del Gruppo parlamentare della Camera). Le critiche dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti e di gran parte del mondo accademico e degli studiosi di Diritto contabile pubblico riguardano le norme che stravolgono l’attuale disciplina della responsabilità amministrativa limitando la somma addebitabile al responsabile al più a due annualità di stipendio, qualunque sia l’ammontare del pregiudizio erariale provocato. E questo nonostante sia stata opportunamente prevista l’introduzione di una polizza assicurativa obbligatoria.
Insomma, il responsabile non solo viene condannato ad una somma che spesso sarà ridicola rispetto all’ammontare del danno ma non pagherà neppure quella perché vi provvederà l’assicurazione. Con la conseguenza evidente di annullare l’effetto “deterrente” dovuto all’astratta possibilità di essere condannato a risarcire il danno, quello che al momento costituisce incentivo a pagare per non subire il processo.
Il risultato sarà un recupero molto più basso e un danno doppio per i cittadini: meno fondi pubblici recuperati, più carico economico sulla comunità.
La mancanza di una sanzione pecuniaria, quella “pena in denaro” che, come diceva Cavour, garantisce lo Stato o l’ente pubblico che chi sbaglia paga, se l’“errore” è conseguenza di una condotta caratterizzata da “colpa grave”, è uno stravolgimento del sistema, perché il proponente e quanti condividono l’iniziativa si sentono autorizzati a decidere “sconti” come se fosse denaro loro e non dei cittadini.
Eppure, l’esperienza delle somme pagate anticipatamente, ben nota a chi ha un minimo di conoscenza delle vicende della Pubblica Amministrazione, avrebbe dovuto indurre ad una più attenta riflessione. Non entreranno più nei bilanci pubblici, dunque, se sarà legge la proposta Foti, i 47 milioni versati spontaneamente dai responsabili durante le indagini, prima ancora del processo, quale parte dei 133 milioni di euro che sono stati restituiti ai cittadini nel 2024 grazie al lavoro delle Procure regionali della Corte dei conti.
Non è importante la somma, anche se significativa, come spesso è accaduto in passato. Perché il fatto che alcuni, scoperti a gestire con disinvoltura i bilanci pubblici, si siano convinti che è meglio pagare anziché subire un processo ed essere additati all’opinione pubblica quali responsabili di sprechi, perché di questo si tratta, va inserito nell’azione di prevenzione delle Procure della Corte dei conti con il monitoraggio sul territorio delle condotte dei pubblici amministratori e funzionari, spesso su sollecitazioni provenienti dagli organi di controllo, dalla stampa, dalle associazioni di cittadini e da singoli che hanno notato irregolarità o illeciti nella gestione del denaro o dei beni dello Stato o degli enti pubblici.
È un lavoro quotidiano, quasi invisibile, dei magistrati delle Procure regionali, che con la loro presenza, spesso chiedendo semplicemente chiarimenti su una determinata spesa impediscono sprechi di quel denaro che appartiene a tutti noi e permettono, come abbiamo visto, in non pochi casi, che le somme oggetto del danno tornino a disposizione dei bilanci pubblici per essere utilizzate per le esigenze delle scuole, degli ospedali, dei trasporti e degli altri servizi essenziali per la comunità.
Questa “riforma” non era scritta nel programma del partito dell’on. Foti né degli altri della maggioranza che appoggiano l’iniziativa. Per cui, poiché attiene a questione di estremo interesse per l’opinione pubblica da sempre sensibile all’uso del denaro pubblico formato dalle imposte e dalle tasse pagate dai cittadini, è certo che, al momento del voto, molti se ne ricorderanno. Sarà un giudizio che si estenderà a quello che definiamo senso dello Stato che evidentemente manca quando si adotta una iniziativa che appare giustificata solamente dal desiderio di fare un piacere agli amici e agli amici degli amici, prevalentemente incapaci di gestire o disonesti, alla faccia del cittadino contribuente.