di Salvatore Sfrecola
È stata la prima magistratura ad estendere la propria giurisdizione sull’intero territorio dello Stato unitario appena istituito, a dimostrazione che il buongoverno della finanza pubblica deve essere l’impegno prioritario di chi governa in nome del popolo. E così, alla Corte dei conti la Costituzione ha riconosciuto uno speciale rilievo quale longa manus delle Camere alle quali riferisce sugli esiti dei controlli eseguiti per consentire ai rappresentanti del popolo di valutare l’affidabilità delle previsioni di spesa e di entrata indicate nello schema di bilancio di previsione dello Stato. Infatti, nel dire di come l’Amministrazione ha speso e di come ha saputo riscuotere imposte e tasse nell’esercizio finanziario appena concluso, la Corte ha sistematicamente fornito elementi preziosi di valutazione al decisore politico. E pertanto dallo Stato il referto sull’esito della gestione è stato esteso alle regioni cui sono attribuiti servizi importanti per la comunità, in particolare nella sanità e nel trasporto locale, così che anche ai Consigli regionali la magistratura contabile riferisce in occasione dell’annuale giudizio sui rendiconti regionali.
“Ausiliare”, dunque, è stato definito questo ruolo, con l’aggiunta “della Repubblica”, per sottolineare che il controllo di legalità, preventivo sugli atti e successivo sulle gestioni, ha un tratto di innegabile collaborazione con il gestore delle risorse pubbliche essendo entrambi, l’Amministrazione e la Corte dei conti, destinatari di una identica missione, quella del buongoverno delle risorse pubbliche che la prima realizza attraverso la spesa e la riscossione di imposte e tasse e la seconda attestando che tutte le operazioni incidenti sul bilancio siano conformi a legge.
Di questi ruoli sono consapevoli i cittadini. E ne dà frequentemente conto il dibattito politico, in Parlamento, sui giornali e nei conversari della gente attenta alla spesa pubblica attraverso la quale le amministrazioni provvedono all’acquisizione di beni e servizi per la comunità. Senza sprechi, in presenza di risorse scarse rispetto alle esigenze sempre crescenti che ci si attende siano soddisfatte a carico dei bilanci dello Stato e degli enti pubblici.
Lo hanno ricordato nei giorni scorsi i presidenti delle sezioni della Corte dei conti nelle relazioni con le quali, a Roma e nei capoluoghi di regione, hanno aperto l’anno giudiziario. A cominciare dalla sede centrale, le Sezioni Riunite, quando, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e dei rappresentanti del Governo, del Parlamento e delle autorità civili, militari e religiose, il Presidente della Corte, Guido Carlino, ha richiamato il “ruolo centrale che la magistratura contabile riveste nel sistema costituzionale e nell’ordinamento della Repubblica”. In particolare, sottolineando come la Corte “nel proteggere e custodire i beni comuni, coinvolge ogni cittadino, ogni amministrazione e ogni responsabile della res publicain un progetto più grande: quello di costruire insieme un Paese più giusto, equo e trasparente”. Aggiungendo che, “al fine di dare risposte adeguate alle giuste e diversificate istanze dei cittadini, delle famiglie e delle imprese”, a tale risultato contribuisce la magistratura contabile che, “con le sue ampie e diversificate funzioni, articolate sul territorio, costituisce una salda rete di protezione per le risorse pubbliche, necessarie anche per garantire i diritti sociali che caratterizzano lo Stato democratico disegnato dalla Costituzione”.
E poiché la Carta fondamentale riconosce a questa magistratura una posizione centrale nel sistema istituzionale, “il cuore della legalità finanziaria… un ruolo cruciale per la democrazia, ampiamente delineato dalla Corte costituzionale in numerose pronunce”, il Presidente Carlino ha ricordato come “ogni spreco di denaro pubblico è un danno non solo per la Repubblica, ma anche per ogni cittadino che ha il diritto di vedere gestite con onestà e trasparenza le risorse destinate alla collettività”.
Pertanto, ai controlli si ricollega la giurisdizione sui conti di chi gestisce denaro pubblico e sulla “responsabilità erariale”, fondamentale strumento di tutela “nell’interesse della collettività e dei singoli, rispetto ai disservizi a danno dei cittadini, alla deviazione di risorse da destinare all’erogazione di servizi pubblici efficienti ovvero all’illecito arricchimento perpetrato a danno dell’erario”. Anche nel caso dell’impiego dei contributi e dei finanziamenti pubblici, provenienti dall’Unione europea.
Si tratta di un sistema di responsabilità “coerente con i principi costituzionali” sicché – ha ribadito il Presidente – “eventuali modifiche al regime della responsabilità erariale dovrebbero sempre rispettare un approccio misurato, limitando la portata delle esclusioni di responsabilità a contesti straordinari e ben definiti”, come affermato dalla Consulta (sent. n. 132/2024), considerato che la responsabilità amministrativa e il suo Giudice naturale, la Corte dei conti, “assicurano al pubblico dipendente un regime speciale che già tiene conto del giusto bilanciamento tra la responsabilità e le esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa attraverso la valutazione, pur in presenza di un danno risarcibile, dei vantaggi conseguiti dalla comunità amministrata e l’esercizio di un ampio potere riduttivo dell’addebito”.
È un evidente riferimento alle ipotesi di riforma presenti in Parlamento, soprattutto per le conseguenze “di eventuali limitazioni della responsabilità erariale… che condurrebbero l’attività dannosa del pubblico funzionario nel più generale alveo dell’illecito civile, con assoggettamento allo statuto generale della relativa responsabilità, certamente meno attenta alla “fatica” dell’amministrare”. Sono anche le perplessità del Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti, Paola Briguori, anche con riferimento alla pronuncia delle Sezioni riunite (parere n. 3/2024), nello spirito di leale collaborazione che, per antica tradizione, avvicina la Corte e il Parlamento in un proficuo dialogo.
In effetti lascia stupiti come le ipotesi di riduzione del ruolo della Corte dei conti provengano da esponenti politici che in precedenza, quando erano all’opposizione, auspicavano per la Corte maggiori e più penetranti controlli. Ed oggi enfatizzano il “timore della firma”, cioè la preoccupazione di taluni di essere condannati per danno erariale, un tempo sconosciuta, probabilmente in ragione di una maggiore professionalità della classe politica e amministrativa.
Quanto sembrano lontane le parole di Quintino Sella, Ministro delle finanze che, inaugurando la Corte dei conti il 1° ottobre 1862 ricordava ai magistrati contabili che “è vostro compito il vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la legge; e dove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”.
* (Pubblicato da “Intervento nella Società”, gennaio-marzo 2025)