di Salvatore Sfrecola
Hanno fatto notizia sui giornali e nelle televisioni gli episodi nei quali alcuni studenti hanno rifiutato di sostenere la prova orale della maturità sulla base della considerazione che comunque avevano raggiunto i crediti necessari ad essere promossi. Il Ministro Valditara, responsabile dell’istruzione (e del merito) ha preannunciato per il prossimo anno disposizioni severe quanto al completamento dell’esame e agli effetti della eventuale mancata partecipazione alla prova orale. Infatti, l’esame consta di uno scritto e di un orale per cui aver superato lo scritto e disporre dei crediti che assicurano la promozione non può costituire giustificazione della mancata partecipazione al colloquio, necessaria anche se si dovesse risolvere in una scena muta magari ininfluente ai fini del voto finale.
Questo dimostra alcune cose. La prima che i ragazzi non sono abituati al dialogo, non sono abituati a confrontarsi, che più volte ho segnalato come pericolosissimo perché, al di là degli esami di maturità, i ragazzi saranno valutati al momento degli esami universitari e successivamente quando dovranno affrontare un colloquio per ottenere un impiego. E più volte ho ricordato che in quelle occasioni un buon eloquio, una buona conoscenza della lingua italiana costituiscono un motivo di apprezzamento per chi li ascolta.
Quel che compare più ed è preoccupante in questa vicenda è l’affermazione, condivisa da molti, che la scuola sia troppo competitiva e, quindi, difficile. Ora io non ho questa impressione da ciò che vedo e sento, da esperienza di giovani del mio ambiente. Tanto che mi sento di condividere quel che ha detto Claudio Velardi, direttore de Il Riformista in un intervento di quelli che su Tik Tok ci danno puntualmente le sue impressioni, sempre misurate, sempre realistiche.
“In questi giorni – sono le sue parole – si discute il disagio giovanile e la pressione competitiva del sistema scolastico italiano dopo che qualche studente colpi di voti. E noi adulti come pecoroni applaudiamo perché ci sembra una reazione sana e comprensibile. Peccato che a leggere i dati internazionali che valutano i sistemi scolastici l’Italia non è affatto un paese con scuole troppo competitive. Anzi siamo sotto la media siamo trentesimi su 81 nazioni. E non si tratta solo di punteggi scolastici. L’investimento nello studio è sceso drasticamente in Italia. I docenti sono vecchi, demotivati, impreparati e il risultato è una scuola che non forma non spinge non stimola e quindi questi ragazzi protestano contro la fatica. Ma è la fatica che crea il futuro, sono la disciplina, l’impegno, la competizione. E noi dovremmo dare ai ragazzi un messaggio molto diverso e cioè: se volete cambiare le cose l’unico messaggio rivoluzionario è chiedere un sistema più duro, più severo, più competitivo. Rinunciare al domani non è coraggio é stanchezza. Serve una scuola che tempra, non una scuola che sia come una specie di culla”.
Senza interessi, senza curiosità, senza ambizione ad un giovane si apre una strada incerta, difficile, perché dovrà vedersela con coetanei i quali, invece, abbiano maturato un impegno di studio e siano, quindi, pronti a gettarsi nella mischia per ulteriori studi, per un posto di lavoro qualificato che consenta di ottenere una adeguata remunerazione che dia soddisfazione anche alle esigenze della famiglia. È stato sempre così anche nei secoli passati quando, tuttavia, la competizione era più limitata ed i pochi che studiavano erano consapevoli dell’impegno necessario che non era messo in discussione.
L’apertura ad una scuola inclusiva ed estesa a tutti ha determinato una significativa riduzione dei programmi e della severità dell’impegno necessario. Taluno ritiene che la scuola “di massa” debba necessariamente essere meno formativa di quella d’élite, per intenderci. Io credo che si possa assicurare un elevato standard d’insegnamento anche oggi. Ma è certo che ce la devono mettere tutta gli attori: lo Stato, che deve assicurare un corpo docente all’altezza del ruolo, e le famiglie che devono far comprendere ai loro ragazzi che la scuola esige impegno, che ricercare quella facile non è utile alla vita.
Riusciranno i nostri eroi a raggiungere questi obiettivi? Mi auguro di sì. La scuola è una spesa di investimento per lo Stato e per le famiglie. Sembra semplice ma c’è sempre chi è di dura cervice. In politica soprattutto.