di Salvatore Sfrecola
Non fa comodo e nessuno lo farà notare, Ma a Milano nella inchiesta che ha toccato il Comune con riferimento ad un complesso di appalti ritenuti inquinati da corruzione le richieste di misure cautelari assentite dal GIP sono state disattese dal Tribunale del riesame il che significa che, nell’esercizio delle diverse funzioni, i magistrati decidono con scienza e coscienza, “iusta alligata et probata”, per come la vedono, indipendentemente dall’idea che se ne sono fatta altri “colleghi” titolari di diverso ruolo nell’ambito del processo.
Accade tutti i giorni, com’è naturale che sia. Ogni ruolo per certi versi assume i fatti oggetto del processo con la visione propria della relativa funzione. Per cui chi indaga si pone nella prospettiva di ricercare l’illecito che è stato segnalato, mentre chi giudica assume l’atteggiamento del giudice terzo che ascolta le richieste delle parti e decide.
L’uno, il Pubblico Ministero, e l’altro, il Giudice, provengono dallo stesso concorso, hanno la medesima cultura professionale, magari sono anche amici, frequentano lo stesso circolo, giocano a tennis, a volte con gli avvocati ma se esercitano la rispettiva funzione con “disciplina ed onore” come ognuno ha giurato non viene meno al proprio dovere professionale, alla dignità della funzione svolta.
Capisco che nell’opinione della gente e di parte della politica separare le carriere sembra cosa buona e giusta, trascurando che il PM non è “l’avvocato dell’accusa”, non è il rappresentante dello Stato o del Governo. Nei nostri tribunali, quando viene chiamato un processo, non si sente, come nel film di Perry Mason, “lo stato contro mister X”, perché il P.M. rappresenta la legge e ne chiede l’applicazione nel caso concreto, figura speculare a quella del giudice. Per cui mentre l’avvocato difensore nel processo penale chiede necessariamente l’assoluzione il PM non chiede la condanna se si rende conto nel corso del dibattimento che le iniziali accuse sono infondate. Tanto è vero che nella fase istruttoria deve svolgere accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona inquisita. Un dovere che l’avvocato non ha.
Qualche breve considerazione, dunque, per segnalare che la separazione delle carriere è un falso problema e soprattutto non è una riforma in favore del cittadino che avrebbe voluto una sforbiciata ai tempi processuali. E che cambiare casacca e magari essere alloggiato nel palazzo accanto anziché al piano superiore dello stesso immobile non farà la differenza.
Ma a molti piacciono le forme anche se non incidono con la sostanza,
Aggiungo, infine, che la statistica dei provvedimenti dei giudici che non condividono le richieste dei Pubblici Ministeri, utilizzata per dimostrare che le condanne sono poche rispetto al numero degli inquisiti, dimostra quel che ho detto prima, che i magistrati ragionano con la loro testa ed in relazione al ruolo svolto, senza tener conto che prima ha deciso un collega.