di Salvatore Sfrecola
Il ponte sullo Stretto di Messina s’ha da fare. È un impegno del Governo, che intende con questa infrastruttura realizzare un collegamento essenziale per facilitare il passaggio delle merci e delle persone tra la Calabria e la Sicilia. Contestualmente avviando una generale rivisitazione dell’intero sistema dei trasporti su ferro e su gomma in un’area territoriale interessata allo sviluppo delle industrie e del turismo. Senza trascurare le attività agropastorali e di trasformazione delle produzioni tipiche, destinate all’intero Paese e all’Europa, come immaginava fin dal 1846 Camillo di Cavour, convinto che le ferrovie avrebbero unificato l’Italia arricchendola della valorizzazione delle sue specificità, dall’arte all’agricoltura. Con la possibilità di avvalersi dei porti di Napoli e Palermo quale porta dell’Europa sul Medio e l’Estremo Oriente.
Un’opera straordinaria che valorizza il ruolo che il grande statista assegnava alla penisola, promontorio naturale nel mare Mediterraneo. Una sfida anche dal punto di vista ingegneristico, il ponte sullo Stretto attende anche l’indicazione di un nome adatto a segnalare l’importanza dell’infrastruttura in quanto tale e nel contesto di un ambiente di straordinaria bellezza. Scelta non agevole in un Paese che vanta in abbondanza, come ben sappiamo, Santi, Poeti e Navigatori, tutti di fama internazionale. Finora non si è sentito fare che qualche nome di parte, probabilmente a titolo di “ballon d’essai”, per saggiare chi di dovere.
Adesso giunge una proposta “di peso”, formulata in una “lettera aperta” al Presidente del Consiglio, On. Giorgia Meloni, alla quale scrive Francesco Garibaldi-Hibbert, Presidente dell’Associazione Nazionale Giuseppe Garibaldi e del Comitato Ponte Giuseppe Garibaldi sullo Stretto di Messina, che propone di intitolare il Ponte al Generale. Proposta quanto mai significativa, considerato che furono le Camicie Rosse a passare lo Stretto nel 1860 per dar avvio alla fase determinante della costituzione dello Stato unitario.
Scrive, dunque, Francesco Garibaldi:
“Signor Presidente,
in un’epoca di rapidi mutamenti e profonde incertezze, la Nazione ha bisogno di saldi punti di riferimento, di simboli che incarnino la nostra identità e ricordino il prezzo pagato per l’Unità e la Libertà.
L’imminente realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, opera destinata a segnare la storia e a collegare in modo indelebile la Sicilia alla Penisola e all’Europa, rappresenta un’occasione unica per consegnare al futuro un messaggio chiaro: l’Italia è una e indivisibile.
Per questo, propongo con profonda convinzione che il Ponte sia intitolato a Giuseppe Garibaldi, l’Eroe dei Due Mondi, figura luminosa del nostro Risorgimento e simbolo universale di coraggio, libertà e fraternità tra i popoli. Nessuno più di lui ha incarnato la volontà di unire gli Italiani, sfidando avversità immense e opponendosi tanto alle tirannie interne quanto alle pressioni straniere ostili alla nostra indipendenza. Oggi, quando talvolta riaffiorano nel Meridione e altrove antichi antagonismi e letture distorte della nostra storia, il suo nome posto su quella grandiosa opera sarà un sigillo d’unità, un faro che parlerà alle generazioni future.
Accanto a questa iniziativa, va ricordato che nel Mezzogiorno non esiste alcun Museo del Risorgimento che renda onore all’epopea che ci fece Nazione. Ne sarebbe opportuno la realizzazione sia a Napoli sia a Palermo, affinché la memoria di quel tempo glorioso sia trasmessa con orgoglio ai giovani e preservata dalla dimenticanza.
Il Suo partito porta il nome stesso dei Fratelli d’Italia, coloro che, quando l’Italia non era che un sogno, credettero e combatterono per farla nascere. Oggi, a chi ne ha raccolto l’eredità politica e morale, spetta il compito di custodire e rafforzare quell’Unità, affinché il sacrificio dei nostri Padri non venga mai offuscato.
Confido, Signora Presidente, che Ella voglia considerare con attenzione queste proposte, che non sono soltanto un tributo alla memoria, ma un investimento nel cuore stesso della nostra identità nazionale”.
Ho riportato integralmente il testo della “lettera aperta” all’On. Meloni perché tocca il cuore di tutti i patrioti, giacché il Generale ha veramente saputo incarnare “la volontà di unire gli Italiani, sfidando avversità immense e opponendosi tanto alle tirannie interne quanto alle pressioni straniere ostili alla nostra indipendenza”. Oggi, quando talvolta riaffiorano nel Meridione e altrove antichi antagonismi e letture distorte della nostra storia, il nome dell’eroe intrepido che andò a combattere generosamente ovunque fosse in discussione la libertà e la democrazia sarà agli occhi della comunità internazionale un faro che renderà riconoscibile il valore d’Italia dinanzi al mondo. Un sigillo col nome dell’Eroe che, non tutti oggi ricordano, generosamente mise a disposizione la sua spada al servizio della libertà, chiamato perfino da Abramo Lincoln a guidare l’Armata unionista per combattere al suo fianco nell’impegno all’abolizione della schiavitù.
E al Presidente americano il 6 agosto 1863 il Generale scriveva – come ricorda Giulio Terzi di Sant’Agata -: “Caro Signore e Amico, se in mezzo al fragore delle vostre titaniche pugne, può aggiungervi ancora la nostra voce, lasciate, o Lincoln, che noi, liberi figli di Colombo, mandiamo una parola d’augurio e di ammirazione alla grande opera che avete iniziato. Erede del pensiero di Cristo e di Brown, voi passerete alla posterità col nome di “emancipatore”; più invidiabile di ogni corona e di ogni umano tesoro. Una razza intera di uomini, aggiogata dall’egoismo al collare della schiavitù, è per noi, e a prezzo del più nobile sangue americano, restituita alla dignità dell’uomo, alla civiltà e all’amore. L’America, maestra di libertà ai Padri nostri, apre nuovamente l’era solenne dell’umano progresso e, mentre sbalordisce il mondo con i suoi giganteschi e ardimenti, fa tristemente pensar come questa vecchia Europa, la quale agita pure di gran causa di libertà, non trovi né intelletto, né cuore per uguagliarla”.
Dopo più di un secolo e mezzo le parole di Garibaldi riecheggiano con sorprendente attualità tra quanti le sappiano meditare, in un’Europa cronicamente timida nel rispondere alle sfide di quanti la libertà vogliono invece limitare e sopprimere ai confini orientali dell’Unione. Un’Europa che sembra dimenticare che le proprie radici ne fanno una luce per l’Occidente intero che tornerà a brillare quando i Paesi che la compongono sapranno esprimere una sola voce determinata e possente.