di Salvatore Sfrecola
16 luglio 2020 – 16 luglio 2025, un arco di tempo che segna il ridimensionamento se non la fine della responsabilità per danno erariale della quale è giudice la Corte dei conti.
Il dies a quo indica l’entrata in vigore del decreto-legge n. 76 (“Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”) che, dopo aver dettato norme sulle “Procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia”, in relazione all’emergenza sanitaria globale da COVID-19, introduce norme varie in materia di termini per l’affidamento diretto di lavori e forniture nonché per i concorsi pubblici e le amministrazioni, all’art. 21 modifica radicalmente la disciplina della responsabilità per danno erariale. Il decreto prevede che, “limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 aprile 2025, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta”. Con la precisazione che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. La limitazione di responsabilità “non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente”.
Quanto alla scadenza il D.L. 12 maggio 2025, n. 68 ha disposto che “il termine… relativo alla responsabilità erariale” già prorogato, “è differito al 31 dicembre 2025”.
Vien da dire che il progressivo ridimensionamento della giurisdizione della Corte dei conti in materia di danno erariale, cioè di risarcimento dei pregiudizi recati al bilancio e al patrimonio pubblico da amministratori e dipendenti pubblici, si sta trasformando in una sostanziale eliminazione. È un “programma” politico che parte da lontano ed attesta di una evidente ostilità nei confronti della giurisdizione della Corte dei conti.
Qualche riferimento storico ci dice della evoluzione di questo indirizzo che è costante, anche nel mutare delle maggioranze di governo e parlamentari. Nel 1990 il legislatore aveva esteso la giurisdizione della Corte dei conti ad amministratori e dipendenti degli enti locali. Poi la materia del controllo e della giurisdizione della Corte è stata riordinata, con delimitazione dell’area del controllo preventivo di legittimità ed alcune importanti precisazioni in materia di giudizio di responsabilità, ad esempio con l’introduzione dell’”invito a fornire deduzioni”, atto finale del procedimento istruttorio necessario a consentire la difesa dell’indagato prima dell’emanazione dell’atto di citazione.
Siamo al 1994. Le leggi 19 e 20 del 14 gennaio danno un assetto organico alla materia e chiudono la stagione dei decreti legge che nel corso del 1993 avevano definito controllo e giurisdizione, tra l’altro attuando il decentramento della giurisdizione, essenziale per consentire le indagini vicino al luogo dove i fatti si sono svolti. E questo deve aver preoccupato soprattutto amministratori e dipendenti locali. Così nel 1996 viene introdotta, con decreto-legge, una limitazione della responsabilità alle condotte connotate da “colpa grave” che individua un’attività gravemente lesiva degli interessi pubblici sulla base di inescusabile negligenza, imprudenza o imperizia.
Era un segnale che qualcuno doveva cogliere quando si fosse messo a scrivere una citazione o una sentenza. Qualcuno che aveva perseguito responsabilità per colpa lieve. Infine, altro segnale non equivoco, in sede di conversione del decreto legge per un pugno di voti non fu approvato un emendamento che prevedeva la limitazione della responsabilità al solo dolo.
Nel frattempo, la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali presieduta dall’on. D’Alema, al termina dei suoi lavori, licenzia una relazione (redatta dall’on. Boato) “sul sistema delle garanzie” che sopprime la giurisdizione della Corte in materia di danno erariale, attribuita al nuovo Tribunale Amministrativo.
Anche questo segnale qualcuno avrebbe dovuto coglierlo. Macché, c’è qualche anima candida che, a proposito della possibilità che la responsabilità sia limitata al dolo, afferma che la Corte dei conti può applicare il “dolo contrattuale”. È così, si deve essere chiesto qualcuno a Palazzo Chigi? Precisiamo che “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”. È la formula del dolo di cui al comma 1 dell’art. 43 del Codice penale.
Altro segnale da parte di un governo presieduto da un avvocato il quale fino a qualche giorno prima aveva difeso dinanzi alla Corte dei conti e aveva manifestato, da quel che si sente dire, un certo disappunto quanto al modo con cui si intendeva la colpa grave.
Siamo al 2020, in un momento drammatico della storia del Paese. Ed parve evidente a tutti che la norma del decreto-legge n. 76 fosse temporanea e fosse indirizzata a coprire eventuali errori per l’urgenza di provvedere mentre la gente moriva negli ospedali e in casa.
Sennonché passa la pandemia ma la norma resta in un contesto di normalità, confermata dal governo Conte2, dal governo Draghi1 e dal governo Meloni1. Cambiano i governi, cambiano le legislature ma la maggioranza approva la proroga della limitazione della giurisdizione risarcitoria. E si comincia a dire che questo viene fatto per il “timore della firma”, perché i funzionari e gli amministratori nell’adottare atti e decreti non debbono essere frenati dal timore di essere giudicati dalla Corte dei conti.
Siamo alla data odierna, quando un’ulteriore proroga votata a maggioranza individua la scadenza del 31 dicembre 2025 perché, nel frattempo, una proposta di legge, approvata dalla Camera ed oggi all’esame del Senato, prevede una risistemazione della responsabilità amministrativa. L’iniziativa non è di poco conto perché la firma in solitario il Presidente del gruppo parlamentare del partito di maggioranza relativa, l’on. Tommaso Foti, che è anche il partito del Presidente del Consiglio. Al Senato a quel gruppo parlamentare si sono uniti gli altri gruppi parlamentari della maggioranza, Forza Italia e Lega. Quindi la proposta di legge Foti sarà approvata, forse con qualche ulteriore modifica ma sarà approvata. Prevede un simulacro di responsabilità amministrativa perché, qualunque sia l’ammontare del danno, non potrà essere risarcito al di là di due annualità di retribuzione, una riduzione del 30% con forme di applicazione obbligatoria del potere riduttivo. Poi, in fin dei conti, chi paga è l’assicurazione che è resa obbligatoria per coloro i quali agiscono in materia sensibile dal punto di vista della responsabilità ciò che poteva prevedere l’intero risarcimento. Quindi salta non solamente la paura della firma ma anche quel ragionevole deterrente che spingeva le amministrazioni a recuperare per evitare l’atto di citazione.
E qui dobbiamo naturalmente svolgere alcune considerazioni. Il legislatore non vuole che sia risarcito il danno erariale? L’immagine è questa ma non potrà reggere a lungo perché il cittadino che con imposte e tasse alimenta i bilanci pubblici danneggiati da chi sbaglia con colpa grave, indubbiamente non gradirà questa scelta della politica. Allora la conclusione è un’altra. C’è sfiducia nei confronti della Corte dei conti. Dobbiamo dirlo con grande serenità se vogliamo capire dove si vuole andare. Si potevano fare tante cose, per esempio tipizzare i casi di responsabilità come in qualche modo è stato fatto con il Codice degli appalti. Ma è evidente che questa non è la soluzione per un giudice considerato indubbiamente formalista. Che una magistratura, che ha una grande storia e una grande esperienza, una straordinaria conoscenza dell’amministrazione che quindi può essere di supporto all’amministrazione pubblica tanto nel controllo quanto nella giurisdizione è parsa aver perso la bussola, nonostante i tanti magistrati che fanno egregiamente il loro dovere. Nessuno li ringrazia ma vengono impietosamente impallinati quando sbagliano o si ha l’impressione che sbaglino.
In tutto questo c’è stata anche una difficoltà di dialogo con la classe politica e con il governo, quando sono state assunte posizioni anomale a Palazzo Chigi e dintorni a proposito di quelle che sono state definite “invasioni di campo”, quando la Corte ha fatto osservazioni sulla gestione del PNNR in sede di controllo concomitante, una forma di controllo che non ha carattere impeditivo. Quindi non avrebbe potuto in nessun modo ostacolare l’azione delle amministrazioni. Ma siccome queste osservazioni hanno messo in evidenza gravi errori e responsabilità, anche di natura disciplinare, è subito partito il siluro verso il controllore.
Il risultato? Andiamo verso una sostanziale soppressione della responsabilità amministrativa come l’abbiamo conosciuta sui libri di scuola, quando abbiamo sostenuto le prove concorsuali per l’accesso agli impieghi pubblici. E nessuno ha mai manifestato “timori”. Perché avevamo studiato e continuavamo a studiare.