martedì, Marzo 19, 2024
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Un potere arrogante pubblica in Gazzetta Ufficiale un decreto diverso da quello approvato in Consiglio dei Ministri

di Salvatore Sfrecola

Il Sole 24 Ore certifica, con un titolo a tutta pagina, la prima, che il “decreto agosto” 14 agosto 2020, n. 104, in vigore da oggi, è stato emanato dal Capo dello Stato in un testo diverso da quello approvato con deliberazione del Consiglio dei ministri il 7 agosto, molto diverso, con “novità e 24 articoli in più”. Con la conseguenza che sarebbe stato necessario sottoporre il decreto oggi in Gazzetta ad una nuova deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Un fatto formale? Assolutamente no. In quanto al verbale del Consiglio dei ministri del 7 agosto non è allegato il testo del decreto legge da oggi in vigore. L’emanazione di un decreto legge, infatti, di competenza del Presidente della Repubblica, ai sensi dell’art. 87 della Costituzione, è l’atto finale di un procedimento che inizia con l’iscrizione del provvedimento all’o.d.g. del Consiglio dei ministri che lo approva, come attesta il verbale che reca in allegato il testo. Con la conseguenza che ogni successiva modifica, precedente all’invio del testo al Quirinale richiede una nuova approvazione. E poiché è una questione che impegna un pugno di secondi, non averlo fatto denota assoluto disprezzo per elementari regole costituzionali. Perché nelle premesse del decreto pubblicato in Gazzetta è scritto “vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 7 agosto 2020”, ma il testo approvato in quella riunione è diverso da quello oggi pubblicato.

Voglio fare un esempio che può chiarire di cosa si sta parlando. I giudici in udienza collegiale decidono in Camera di consiglio e il magistrato incaricato di stendere la sentenza, di solito il relatore, dovrà motivare in conformità della decisione assunta. Ma può accadere, ed accade, che l’estensore della sentenza, nello scrivere la motivazione, si renda conto che è stato commesso un errore di valutazione che abbia indotto il Collegio ad adottare una pronuncia che non si sente più di condividere. In questo caso chiede al Presidente del Collegio di convocare nuovamente la Camera di consiglio per rappresentare le sue perplessità e chiedere ai colleghi di confermare o meno la decisione. Nulla di strano, anzi molto trasparente.

Tornando alla decisione del Consiglio dei ministri, assunta “salvo intese”, è evidente che quella deliberazione non può estendere i propri effetti a successive modifiche ed integrazioni del testo approvato, indipendentemente dall’ampiezza dell’intervento, configurandosi in questo caso una gravissima lesione delle prerogative dei componenti dell’Organo collegiale Consiglio dei Ministri i quali come hanno approvato un testo hanno il diritto-dovere di approvare, nelle medesime forme, le sue modifiche.

Il decreto, dunque, è viziato da illegittimità. La sanerà la conversione in legge da parte delle Camere? La legge può tutto. Ma in ogni caso il decreto è in vigore nel testo approvato fino alla sua conversione in legge. Ed è possibile che in un giudizio, vigente il testo oggi in Gazzetta, chi ne avesse interesse eccepisca l’illegittimità del provvedimento nei termini di cui si è detto.

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