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Frammenti di riflessioni

del Prof. Avv. Pietrangelo Jaricci

Giustizia costituzionale

La Corte costituzionale, con sentenza 24 luglio 2020, n. 165, si è pronunciata  sulla procedura prevista per la chiamata dei ricercatori a tempo indeterminato nei ruoli dei professori universitari di prima o seconda fascia ed ha, quindi,  dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario).

Una Repubblica dei partiti senza partiti?

“Oggi si sta disegnando un sistema che mette insieme il taglio dei parlamentari, ovvero un Parlamento più debole, con una legge elettorale proporzionale pura e le liste bloccate che consegnano ogni potere di nomina di senatori e deputati alle segreterie di partito. In questo modo avremo un Parlamento più piccolo, e il cittadino-elettore sarà privato di ogni potere. Voterà al buio, senza indicare né i parlamentari né il governo.

Non è un ritorno alla Prima Repubblica, sarebbe consolante pensarlo. Non è una restaurazione del passato… Questa sarebbe una Repubblica dei partiti, ma senza partiti. Senza radici territoriali, senza cultura, senza progetto e visione. Una politica composta da leadership deboli, improvvisate, ricattabili. Un grande regalo ai poteri forti, a lobby grandi e piccole, alle criminalità organizzate che assistono grati allo spettacolo di una politica che si auto-distrugge, che fa scempio di se stessa, che attira su di sé ancora più discredito e disaffezione…

Ma l’opinione pubblica democratica e liberale è chiamata a dare un segnale di reazione” (Marco Damilano, “Se torna la Repubblica dei partiti (ma senza partiti)”, L’Espresso, n. 37/2020, 10 ss.).

Ci attende forse un futuro denso di palesi incertezze e di insanabili contraddizioni?

Come usare le risorse del Recovery Fund?

“Mettiamo da parte le fantasie inique (tasse piatte) o suicide (condoni travestiti, bonus sproporzionati, sussidi a pioggia). E partiamo invece da una certezza. Non si tratta di riportare la barca al galleggiamento pre-Covid, ma di consentirle di trovare un nuovo assetto dinamico e insieme sostenibile nel lungo periodo; dal punto di vista economico, ambientale e sociale…

Dobbiamo infatti investire per svecchiare non soltanto le infrastrutture fisiche e immateriali, ma anche quelle culturali e mentali: la premessa ormai improcrastinabile per qualunque rinnovamento…

Ora si tratta di non vanificare un piano capace di fare sintesi delle pressioni dei diversi interessi particolari, rifuggendo dalla mera mediazione, dal perpetuo rinvio, dagli equilibrismi spartitori…

Ecco perché, nel rispetto delle diverse competenze, prerogative e responsabilità, occorre chiedere alla classe politica (innanzitutto), ai dirigenti economici e sindacali e a ognuno di noi uno sforzo collettivo di coesione, serietà e impegno persino maggiore di quello che consentì la ricostruzione postbellica” (Vittorio E. Parsi, “La corsa al Recovery tuteli le vere priorità”, Il Messaggero, 9 settembre 2020).

Ma sprechi, burocrazia, codice degli appalti ed il crescente numero di parassiti dello Stato assistenziale potrebbero seriamente compromettere gli interventi programmati.

Giudici e politica

“Le indagini della Procura generale della Cassazione sui risvolti disciplinari delle chat dei magistrati con Luca Palamara sono entrate dentro ai palazzi della politica. In un modo che farà discutere. La pietra dello scandalo è l’emendamento approvato nella legge di Bilancio del 2017 dal governo di Paolo Gentiloni che consentiva ai consiglieri uscenti del Csm di gareggiare subito per posti direttivi non appena lasciato Palazzo dei marescialli. Ai tempi del governo di Silvio Berlusconi bisognava attendere due anni, con Matteo Renzi uno, con Gentiloni la moratoria venne azzerata. Di quell’emendamento parlarono nelle chat consiglieri del Csm (Giacomo Amadori, “Giudici e politica, l’inchiesta schianta il Csm”, La Verità, 10 settembre 2020).

Rilanciare la nostra Capitale

“Se l’obiettivo è di avere uno Stato più efficiente valorizzando le differenze, allora è necessaria anche una certa moltiplicazione dei centri di potere, cioè dei centri decisionali… A questo punto si tratta solo di riconoscere anche nel nostro paese che le specialità non sono solo figlie delle emergenze ma sono all’ordine del giorno; per esempio, nelle differenze territoriali, economiche e storiche di cui è ricca la nostra nazione. Prima che delle Regioni, uno Stato più forte e più unito deve ripartire innanzitutto dalla sua Capitale, dotandola di strumenti adeguati al suo ruolo, tanto più necessari dopo le devastanti gestioni degli ultimi sindaci” (Paolo Balduzzi, “Tutti i poteri che servono per rilanciare la Capitale”, Il Messaggero, 5 agosto 2020).

La mascherina altera l’identità

“Al di là della contesa simbolica e ideologica di cui è stata caricata la mascherina, vale l’utilità pratica di indossarla, magari il minimo indispensabile, evitandola laddove siamo soli, nelle nostre auto o all’aperto, lontani da ogni assembramento. E cercando di ridurre al minimo il tempo di permanenza in luoghi o situazioni che la richiedono. Perché la mascherina non la sopportiamo, fisicamente e psicologicamente, ce ne vogliamo liberare il più presto possibile, e rifiutiamo l’ipotesi inquietante che il nostro futuro sia quello di vivere mascherati, in seguito a un osceno baratto, dopo quello tra convivialità e salute: la pelle in cambio della faccia” (Marcello Veneziani, “L’ideologia mascherata e il burka della salute”, Panorama, n. 37/2020, 48 s.).

Burocrazia e politica

Una burocrazia impreparata incrementa l’ottuso dispotismo dei politici.

Fuoco

“Oggi, al netto di ogni leggenda, lontani da ogni eroismo, per noia, per povertà, per rabbia, per ignoranza s’appiccano incendi da nord a sud, da est ad ovest. Forse alla ricerca dell’unica purezza che abbia un fondamento scientifico: la cenere” (Marcello Fois, “fuoco”, L’Espresso, n. 37/2020, 7).

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