sabato, Aprile 20, 2024
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Il taccuino del Direttore

Riprovi domani, è la risposta che hanno dato a mio genero che giovedì ha accompagnato un mio nipotino alla ASL Roma E, di Santa Maria della Pietà per effettuare un tampone faringeo.

Aveva avuto un febbrone. Forse ha sudato ed ha un po’ di mal di gola. Ma mia figlia ha pensato bene di fargli fare il tampone per stare tranquilla. Lunga fila di automobili (il medico si avvicina ed effettua il prelievo) e la risposta: il referto tra quattro giorni, non tra quattro ore. Conseguenza, il bambino è a casa, come la sorellina che perde giorni di scuola, il papà e la mamma.

Evidente inadeguatezza di un servizio pubblico che dovrebbe dare rapide certezze e non determinare effetti negativi a catena per le famiglie e le scuole, mentre i giornali danno conto di “timori” (come titola oggi il Corriere della Sera in prima pagina) per la crescita dei contagi.

È un’altra delle disfunzioni che accompagna la vicenda Conid-19. Si è sentito dire di un test salivare con risultato pressoché immediato. Si sente dire ma nulla di nuovo sotto il sole. Infatti piove!

Scherza coi fanti e lascia stare i santi! Un detto popolare espressione di antica saggezza, che torna in mente alla notizia dell’attacco terroristico che a Parigi ha accompagnato la ripubblicazione delle vignette satiriche su Maometto da parte di Charlie Hebdo. L’attentatore, impugnata una scure, voleva lavare col sangue l’offesa alla sua religione. Ha torto. Nulla giustifica la violenza. Ma il giornale che rivendica il diritto di satira sbaglia, perché manca di rispetto tanto ai “santi” quanto ai credenti. Il diritto di satira, che accompagna la civiltà delle libertà, trova un limite nell’offesa gratuita di sentimenti, specie di quelli religiosi, che costituiscono una preziosa ricchezza delle persone. È una questione di civiltà che Roma antica ci ha tramandato dimostrando accoglienza nei confronti di ogni credo religioso attraverso la costruzione di templi che ancora oggi possiamo vedere tra le rovine del Foro romano e di altre zone archeologiche con le quali si ricordano divinità di ogni parte del mondo allora conosciuto.

Scherza coi fanti e lascia stare i santi! resta nell’orecchio a chi ascolta Tosca di Giacomo Puccini. È il Sacrestano che così ripete subito dopo l’aria famosa di Cavaradossi: recondita armonia/ di bellezze diverse…/ È bruna Floria/ l’ardente amante mia….

Già il terrorismo di “matrice islamica”, come lo definiscono i giornali, preoccupa in Francia e non solo e non c’è certo bisogno di provocazioni sotto forma di vignette per dover contare ulteriori vittime.

Ipocrisia e demagogia accompagnano su tutta la stampa la vicenda dell’aumento, anzi del raddoppio, dello stipendio del Presidente dell’INPS Pasquale Tridico. E comincia il balletto delle dichiarazioni di chi non sapeva, a cominciare dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per finire allo stesso Tridico che si è esibito un una sorta di “a mia insaputa”. Mentre si leggono commenti di chi si dice scandalizzato per la misura dell’indennità che, in realtà, allinea la retribuzione del Presidente dell’INPS a quella degli alti manager dello Stato.

La verità è un’altra. Accusato di inefficienze, soprattutto per la vicenda della cassa integrazione che non ha ancora raggiunto molti di quanti ne avevano diritto, si scarica adesso sul Presidente tutto il malessere che si è accumulato i questi mesi di gestione emergenziale di tutto quanto è originato dall’epidemia da Covid-19. In altri momenti nessuno avrebbe fatto caso ad un aumento di stipendio che si tiene sotto il limite di 240 mila euro lordi annui stabilito dal governo Renzi. D’altra parte lo Stato se vuole dirigenti di valore li deve pagare bene, altrimenti arruola solo scartine. Cosa che vale per tutti i pubblici dipendenti. Ad esempio è una vergogna che i docenti delle nostre scuole, dal maestro elementare ai professori universitari, siano pagati molto meno che in altri stati d’Europa dove, giustamente, si ritiene che le risorse destinate alla scuola siano un investimento per la società.

A Roma serve un Sindaco politico, non un manager! Dissento da Massimiliano Fuksas che in una lunga intervista a Repubblica sostiene che “per Roma non serve un politico ma un city manager”, evidentemente confondendo i piani della politica e della gestione.

Roma ha bisogno di un’idea che le restituisca il ruolo che la storia le ha consegnato, di riferimento della cultura, dell’arte e, naturalmente, della politica, guardando all’Europa ed al Mediterraneo, che continua ad essere un’area geopolitica, come si usa dire, di estremo interesse. È un ruolo politico importante quello che spetta a Roma. Poi è evidente che per rilanciare una Città abbandonata da troppi anni occorre, accanto al Sindaco, una squadra di amministratori di prim’ordine che l’affianchino intervenendo efficacemente per la realizzazione delle politiche pubbliche nei vari comparti.

Ricorre spesso, e si è dimostrata sempre sbagliata, l’idea che per governare occorrano dei tecnici, un medico alla sanità, un professore all’istruzione, un ingegnere alle infrastrutture, un generale alla difesa, e via dicendo. Governare significa fare scelte politiche che per essere efficacemente realizzate richiedono un apparato amministrativo e tecnico di prim’ordine. Ed è quello che manca alle pubbliche amministrazioni, mortificate da troppo tempo da una politica nella quale prevalgono incompetenti, senza esperienza e professionalità. E così l’apparato degrada paurosamente.

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