sabato, Novembre 2, 2024
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Si profila un’ammucchiata che non gioverebbe al Centrodestra

di Salvatore Sfrecola

Quando, nei giorni scorsi, ho scritto che il governo Draghi sarebbe stata una buona occasione per il Centrodestra immaginavo che si sarebbe formata una maggioranza tra Renzi, Berlusconi e Salvini, con l’astensione di Giorgia Meloni, più vari fuoriusciti dal Movimento 5 Stelle tra quelli maggiormente preoccupati della prossima scadenza elettorale nella quale quantomeno l’ 80% degli attuali eletti dovrà lasciare Montecitorio e Palazzo Madama. Accade, invece, che la preoccupazione di uno scioglimento anticipato delle Camere, probabile se fallisse il tentativo dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), ha determinato una disponibilità nel Partito Democratico e di parte almeno dei grillini nei confronti del banchiere che fino a qualche giorno prima taluni aborrivano, altri guardavano con sospetto.

È, quindi, difficile immaginare una maggioranza, sia pure di “salute pubblica”, la quale vada da Liberi e Uguali alla Lega passando per Forza Italia, perché, al di là della permanente disponibilità di Berlusconi a qualunque governo che in qualche modo lo riavvicini al potere governativo, non è interesse del Centrodestra sostenere un governo nel quale abbiano voce in capitolo partiti fautori di una politica economica e sociale molto lontana da quella che, per semplificare, possiamo definire liberale.

Se il tentativo di Mario Draghi non sarà del tutto autonomo rispetto ai partiti della sinistra i quali, per evitare lo scioglimento delle Camere che significa mancata elezione di un Presidente della Repubblica di sinistra e sfacelo elettorale, sono pronti a tutto, è difficile immaginare una politica economica e sociale che possa soddisfare un arco così ampio di partiti.

Il centrodestra, pertanto, deve guardare alle prossime elezioni. E se qualcuno obietterà ricordando una celebre frase attribuita a De Gasperi, ma che sembra sia stata pronunciata da più politici, secondo la quale “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione”,è facile rispondere che si tratta di una affermazione priva di senso. Perché se si vuole fare del bene per alle prossime generazioni si deve prima di tutto ricercare il consenso necessario per governare.

È, quindi, evidente la difficoltà nella quale si trova il Centrodestra che, all’indomani della debacle del Conte 2, non immaginava che la sinistra avrebbe appoggiato con tanta celerità la formazione del governo Draghi, prima di conoscerne nel dettaglio il programma. Che quando sarà nota non potrà essere gradito contemporaneamente alla Destra e alla Sinistra perché non si potrebbe immaginare un governo che “vivacchia” per non scontentare nessuno. Ma se fosse una politica sostanzialmente di sinistra sarebbe difficile spiegare agli elettori di averlo appoggiato quando nel 2023, in ogni caso, si dovrà andare a votare. Molto più coerente dunque la posizione di Giorgia Meloni la quale dimostra di aver compreso questo problema sotto il profilo del consenso elettorale che probabilmente perderebbe appoggiando un governo che, per ottenere i voti della sinistra, dovrebbe in qualche misura scontentare il centrodestra. Chi è nelle ambasce è certamente Matteo Salvini il quale deve fare i conti al Nord col ceto industriale dei piccoli imprenditori, che sono i più in difficoltà a seguito della crisi economica conseguente alla pandemia, ed al Sud con la difficoltà di acquisire consensi oltre quella soglia minima che ha già conquistato e che è sempre a rischio per una antica politica anti meridionale della Lega che ancora rimbomba nell’orecchio di molti.

Il fatto stesso che a Roma non si sappia chi è il candidato del Centrodestra dimostra che non c’è consapevolezza politico culturale del ruolo della Città. Che è sì la capitale d’Italia, lo ricordo in ogni occasione, ma è anche, e soprattutto, la Città simbolo della civiltà occidentale e cristiana. Una Città che va “amministrata” certamente da persone capaci di risolvere i tanti problemi del traffico, della sicurezza delle strade, del verde pubblico e del decoro urbano ma “rappresentata” da una personalità che faccia intendere ai romani che quel sindaco si è rivestito della toga degli antichi patres conscripti e guarda con ambizione all’Italia, all’Europa, al mondo e al mare Mediterraneo sul quale l’Italia si affaccia e per essa Roma che su quelle sponde ha avuto una presenza che è ancora evidente nei simboli della civiltà, gli acquedotti, le strade, le terme, luoghi di aggregazione, i teatri, luoghi della cultura. Aver dimenticato questo ruolo di Roma è dimostrazione della estrema modestia di questa classe politica, la più modesta che l’Italia abbia conosciuto nei secoli.

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