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da “LA VERITÀ” del 24 luglio 2024: La Consulta salva anche i disonesti

Secondo la Corte costituzionale, lo scudo erariale varato dal governo Conte nel 2020 vale pure per il caso di un carabiniere che ha sottratto assegni per 2 milioni di euro
di SALVATORE SFRECOLA

Incapaci e disonesti che abbiano causato un danno al pubblico erario, secondo la Corte costituzionale, sono destinati a farla franca in base al decreto legge varato dal Conte1 nel 2020 e prorogato dal Conte 2 e dal Governo Draghi che esclude la responsabilità per danno erariale in caso di “colpa grave”. La decisione dei Giudici della Consulta, che ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità promossa dalla Corte dei conti della Campania, muove da un complesso di argomentazioni variamente richiamate secondo le quali in un’“amministrazione di risultato”, cioè “che deve raggiungere determinati obiettivi di policy”, la responsabilità per danno erariale debba essere modulata in relazione alle esigenze di snellezza e di efficienza proprie della P.A.. E comunque, nel caso di specie, l’esenzione sarebbe giustificata dal carattere temporaneo della norma. Veniamo ai fatti
La Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Campania aveva accertato un ammanco di oltre due milioni di euro attribuito alla condotta dolosa di un sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri che, nel ruolo di cassiere, non aveva riversato le somme riscosse tramite assegni nelle casse del Servizio amministrativo del Comando. I fatti, accertati da un’apposita commissione di inchiesta e dagli stessi Carabinieri, delegati dalla Procura Penale Militare, erano giunti sul tavolo del Procuratore della Corte dei conti, Antonio Giuseppone. Questi ha accertato che il militare aveva potuto appropriarsi del denaro in quanto la negoziazione degli assegni non autorizzati non sarebbe stata preceduta dall’emissione di un ordine di pagamento né seguita dalla predisposizione di un ordine di riscossione: ciò che aveva consentito al cassiere di eludere sia le verifiche giornaliere sia quelle mensili, nonché quelle straordinarie, così coinvolgendo nell’illecito la condotta di quei militari che, nel periodo in contestazione, avevano svolto i ruoli di capi del servizio amministrativo e della gestione finanziaria, chiamati a rispondere in via sussidiaria.
Incardinato il giudizio dinanzi alla Sezione giurisdizionale per la Regione Campania questa aveva sollevato, sotto vari profili, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 2, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 (Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale), ai sensi del quale «[l]imitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2024, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente».
La Corte costituzionale con sentenza n. 132 del 16 luglio (presidente Barbera, estensore Pitruzzella), ha ritenuto la questione sollevata non fondata in ragione della natura “provvisoria” della norma che limita la responsabilità alle sole ipotesi dolose. Inoltre, avviandosi su un impervio cammino ricostruttivo della funzione amministrativa, la sentenza ha affermato – si legge nel comunicato ufficiale – “che il riassetto della responsabilità amministrativa in essere… era una componente di un processo riformatore di più ampio respiro che ha avuto luogo negli anni Novanta del secolo scorso” secondo il quale “si introduceva un nuovo modello di pubblica amministrazione” che sarebbe stata retta, oltre che dal principio di legalità, dai criteri di economicità ed efficacia. Mentre i dirigenti “si sono visti compiutamente attribuire il compito di conseguire gli obiettivi assegnati dagli organi di governo e, conseguenzialmente, sono stati configurati quali responsabili per i risultati effettivamente raggiunti”.
Camillo di Cavour, Giovanni Giolitti, Alcide De Gasperi e via discorrendo si rivoltano nella tomba. Secondo la Consulta ai loro tempi i funzionari applicavano la legge e non si preoccupavano dei risultati, quando le amministrazioni provvedevano alla costruzione di strade, di autostrade, di ferrovie e via enumerando! E poi cosa c’entra con l’amministrazione “per risultati” l’esenzione della responsabilità di chi, essendone incaricato, non controlla la contabilità del Servizio amministrativo dell’Arma dei Carabinieri?
Cosa c’entra l’affermazione che “l’ampia discrezionalità, peraltro esercitata in un ambiente in cui la complessità istituzionale, sociale e giuridica è andata progressivamente crescendo… accresce inevitabilmente la possibilità di errori da parte dell’agente pubblico, ingenerando il rischio della sua inazione”. Considerato che “per evitare tale pericolo… l’art. 3, comma 1, lettera a), del d.l. n. 543 del 1996, … ha escluso la colpa lieve dalla configurazione dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, che pertanto è stata circoscritta ai casi di dolo o colpa grave”. Quindi la disciplina della responsabilità è conforme all’amministrazione “per risultati”.
Che senso ha, dunque, abolire, sia pure in via temporanea, quella responsabilità (i romani equiparavano la colpa grave al dolo!)? Per garantire la ripresa economica dopo la Pandemia da Convid-19 e l’attuazione del PNRR? Sarebbe stato sufficiente snellire le procedure o semplificare i controlli. Si legge anche che la norma riguarda un numero limitato di soggetti. Non è vero, Non distingue e se salva chi ha acquistato mascherine farlocche, pagate anche a caro prezzo, o i banchi a rotelle inutilizzati e chi ha erogato senza controlli il reddito di cittadinanza salva anche chi causa un incidente stradale. E poi la sentenza dimentica che anche nella delega fiscale c’è una generale esenzione dalla responsabilità erariale.
Non è finita qui. Perché il Giudice delle leggi, da tempo abituato a debordare in una funzione di suggeritore di Governo e Parlamento, ipotizza nuove ipotesi di responsabilità così contraddicendo la ritenuta congruità della riforma della legge 20/1994 a suo tempo modulata nella considerazione dell’“amministrazione per risultati”.

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