sabato, Luglio 27, 2024
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Ancora un fisco contro il risparmio

di Salvatore Sfrecola

Traggo dal comunicato stampa diramato al termine del Consiglio dei ministri n. 39 del 5 ottobre, quel che attiene alla voce “Catasto: È prevista l’introduzione di modifiche normative e operative dirette ad assicurare l’emersione di immobili e terreni non accatastati. Si prevede, inoltre, l’avvio di una procedura che conduca a integrare le informazioni sui fabbricati attualmente presenti nel Catasto, attraverso la rilevazione per ciascuna unità immobiliare del relativo valore patrimoniale, in base, ove possibile, ai valori normali espressi dal mercato e introducendo meccanismi di adeguamento periodico. Questo intervento non ha tuttavia alcun impatto tributario.

Le nuove informazioni non saranno rese disponibili prima del 1° gennaio 2026 e intendono fornire una fotografia aggiornata della situazione catastale italiana. Gli estimi catastali, le rendite e i valori patrimoniali per la determinazione delle imposte rimangono quelli attuali. Le nuove informazioni raccolte non avranno pertanto alcuna valenza nella determinazione né delle imposte né dei redditi rilevanti per le prestazioni sociali”.

Tradotto, significa che la legge delega prevede:

1. l’accatastamento di immobili e terreni oggi ignoti al fisco;

2. l’integrazione dei dati catastali con la indicazione del valore di mercato, con adeguamento periodico;

3. il mantenimento dell’attuale livello di imposizione che non varierà per effetto dei nuovi estimi, delle rendite e dei valori patrimoniali così rideterminati;

4. di rimettere alla decisione del governo in carica al 1° gennaio 2026 se i nuovi parametri avranno effetto sulla imposizione fiscale e sulle prestazioni sociali (ISEE).

Tanto premesso è evidente che lo scopo, sia pure dilazionato nel tempo (2026), prevede aumenti fiscali ed effetti del valore degli immobili sulle prestazioni sociali. Infatti, l’accatastamento di immobili e terreni oggi ignoti al fisco poteva essere realizzato anche senza una norma nuova ma ricorrendo a controlli sul territorio oggi evidentemente non effettuati, mentre l’integrazione dei dati catastali con la indicazione del valore di mercato significa che il fisco si avvia a considerare una diversa valutazione degli immobili non solamente a fini tributari, sia pure non immediati, ma anche per gli effetti che ne derivano sulle prestazioni sociali, situazione che deve preoccupare la famiglia che ha predisposto dei beni per far fronte alle esigenze prevedibili nel tempo di componenti che abbiano problemi di assistenza personale, con la conseguenza che taluni potrebbero essere privati di indennità di accompagnamento o di cure specifiche necessarie per sovvenire ad esigenze di sopravvivenza o di ordinaria gestione della vita, in ragione di una casetta posseduta in città, al mare o ai monti. 

Il fatto poi di rimettere alle decisioni del futuro governo l’utilizzazione o meno dei nuovi parametri fa parte della italica ipocrisia, perché non è detto che l’effetto si verifichi necessariamente dal 1° gennaio 2026, nel senso che un nuovo governo potrebbe decidere quando e come utilizzare i dati così rideterminati.

Quello della tassazione della casa è un tema controverso, che vede da sempre contrapposta la sinistra e la destra e delinea una concezione dell’economia e dei rapporti sociali che per la sinistra deve, anche se così non si esprime, essere punitiva del risparmio, perché intende colpire chi ha accantonato delle somme per comprare la casa di abitazione per sé o per i propri figli, così sostanzialmente negando valore a quello che è stato sempre considerato un comportamento virtuoso, il risparmio per acquistare un bene duraturo per la famiglia. Con ciò trascurando – e si dicono amici dei lavoratori – anche l’indotto conseguente all’acquisto di una casa, la sua ristrutturazione, la sua periodica manutenzione che attua un benefico influsso su parecchie categorie produttive e artigianali. In quest’ottica la sinistra vuole anche punire il risparmio che i genitori consegnano ai figli, ripristinando l’imposta di successione. Questa negazione del senso del risparmio che, ripeto, è virtuoso va in favore della società del consumismo. Dobbiamo consumare tutta la vita, acquistare in continuazione oggetti di ogni genere, dai frigoriferi ai televisori di durata sempre minore, per alimentare le produzioni e il commercio. E si nega valore alla quota di risparmio che va verso la casa, verso l’impegno per i figli negli studi e nelle professioni, che dovrebbe essere considerato un investimento in una società che abbia una visione proiettata verso il futuro.

Avremmo voluto sentire dal Presidente del Consiglio e dal suo Ministro dell’Economia ben altre parole, una riduzione delle imposte, che liberasse risorse per gli investimenti, anche per gli investimenti pubblici dei quali questo Paese ha estremo bisogno, perché è assurdo che un cittadino, un operatore economico passi mesi dell’anno a lavorare per il fisco con una tassazione che non ha di uguali Europa, tant’è vero che le imprese italiane, soprattutto le più grandi, trasferiscono la loro sede a fini fiscali in altri paesi, in particolare in Olanda. E questo alimenta anche da parte di alcuni il rigetto dell’Europa che non è una realtà di stati dalla legislazione omogenea, ma di Stati che si fanno concorrenza per le imposte, come per le produzioni di beni, in particolare di quelli alimentari che vengono copiati e portati sul mercato con un nome posticcio che orecchia quello vero, quello famoso come il parmesan che scimmiotta il parmigiano. Uno dei danni che subisce l’economia italiana.

Ci saremmo attesi dal governo una iniziativa importante sul piano fiscale, ad esempio per venire incontro alle persone che devono spendere per curarsi, per garantirsi una vita di relazione accettabile, come gli invalidi o gli anziani i quali ricorrono ad un badante, quindi danno lavoro. Ma quella somma che viene trasferita rimane sul groppone dell’invalido o dell’anziano che sono, in realtà, dei datori di lavoro, a fini di produzione di servizi. Quella somma trasferita viene tassata mentre per un normale imprenditore il compenso del lavoratore viene sottratto alla imposizione fiscale.

Sarebbe stata una importante novità che, fra l’altro, come ho scritto più volte, avrebbe potuto essere accompagnata da una disciplina del lavoro di assistenza perché quando sentiamo dire dai soliti sinistri, che favoriscono l’ingresso di clandestini pderché molti di questi “assistono i nostri anziani” si trascura che molti di questi non sanno una parola di italiano, non sanno dialogare con il medico curante nell’emergenza e non hanno neppure un minimo di nozione infermieristica, come quella di misurare la temperatura, praticare una iniezione, controllare i farmaci che vengono assunti dai badati. Immaginiamo un minimo di addestramento, qualche giorno di un corso fatto dalla Croce Rossa Italiana o da una Asl per assicurare ai nostri anziani una assistenza adeguata. Ed il fisco avrebbe contemporaneamente un registro dei badanti e di coloro i quali ricevono per questa loro attività un compenso, anche ai fini di evitare l’evasione contributiva.

Ma il fisco grezzo e rapace non riesce neppure ad immaginare realtà ed esigenze di una parte consistente della popolazione. Ed è talmente miope da non saper comprendere che dalla disciplina prima sommariamente delineata anche il gettito tributario e contributivo ne trarrebbe un vantaggio.

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