domenica, Novembre 3, 2024
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Il diritto di manifestare il proprio pensiero, principio fondamentale degli ordinamenti liberali

di Salvatore Sfrecola

La giornalista russa Maria Ovsyannikova, che ha denunciato in diretta televisiva gli orrori della guerra in Ucraina, gabellata come una operazione militare dovuta, a difesa della Federazione Russa, merita un generale apprezzamento, come icona del coraggio nella difesa delle proprie idee. Infatti, a noi può sembrare normale una protesta come quella alla quale abbiamo assistito. Noi siamo abituati alla libertà di manifestazione del pensiero “con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, un diritto tutelato dalla Costituzione all’art. 21 come uno dei princìpi fondamentali del nostro ordinamento. Sappiamo di non rischiare nessuna sanzione penale se diciamo come la pensiamo, a meno che si cada nel reato di diffamazione. Non è così in Russia dove la coraggiosa giornalista rischia fino a 15 anni di reclusione, pena prevista da una recentissima legge per chi diffonda notizie false, che sono ovviamente quelle non gradite ai detentori del potere, una legge varata proprio per impedire la diffusione di notizie sulla guerra in corso, sulle sue motivazioni, sui suoi effetti.

L’episodio deve farci riflettere, da un lato per compiacerci di vivere in un paese libero, dall’altro perché il diritto di manifestazione del pensiero ci assegna delle responsabilità perché ci impone di esercitarlo per garantire il più ampio confronto delle idee, necessario per favorire l’approfondimento di ogni questione oggetto di dibattito pubblico. E se non c’è il pericolo del carcere, anche nei paesi liberi coloro che manifestano le loro idee, pur rimanendo nei limiti di un civile confronto, possono essere oggetto di pressioni, di intimidazioni, di ritorsioni da parte del potere, magari in forma di iniziativa dell’editore attento agli interessi dei finanziatori e dei partiti.

Ed è certamente triste che queste limitazioni della libertà di manifestazione del pensiero avvengano in un paese, la Russia, che ha un’antica tradizione culturale che, superata la parentesi del regime comunista intollerante e repressivo, pensavamo sarebbe tornata a far rivivere il pensiero degli scrittori russi dell’Ottocento che esprimevano un pensiero del tutto integrato nella cultura europea. Come, nel 900, dei Solgenitsin e dei Pasternak.

Si ha quasi l’impressione che il riaccendersi pressoché improvviso di questi spiriti di guerra siano non soltanto espressione di una mentalità politica antica, quella delle aree di influenza, ma un tentativo in extremis di impedire alla Russia l’evoluzione in senso europeista nello spirito della tradizione dei Tolstoi e dei Dostoevskij.

L’augurio è, dunque, quello che il popolo russo e la classe dirigente che si affacciano da anni sulle nostre città e sulle località turistiche, delle quali evidentemente apprezzano la storia e l’arte, neutralizzino l’autocrate intollerante che pretende di tornare indietro negli anni, non ai tempi dell’Impero zarista aperto all’Europa ma del comunismo che aveva impoverito e mortificato un grande popolo.

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