domenica, Dicembre 8, 2024
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L’abiura dei forzisti ingrati

di Salvatore Sfrecola

Mariastella Gelmini, poi Renato Brunetta, Andrea Cangini, Giuliano Ferrara, forse Mara Carfagna. E sembra che l’esodo da Forza Italia non si fermi a questi. Palese dimostrazione dei limiti dell’azione politica di Silvio Berlusconi che ha raccolto nel tempo giovani simpatici e belle ragazze, spesso senza arte né parte, quasi sempre del tutto privi di esperienza politica, prevalentemente provenienti dalla sinistra snob, in origine gli ex amici di Craxi, pensando che costituire un partito e portarlo al successo elettorale sia sufficiente per gestire poi il governo del Paese. Un obiettivo clamorosamente fallito nella legislatura 2001 – 2006,  nonostante lo straordinario consenso elettorale. Fu “Un’occasione mancata”, e quell’allegra brigata di persone, con una buona dose di arroganza, tenute insieme solo dal collante Berlusconi, fu mandata a casa per una manciata di voti nelle elezioni del 2006. Poi ancora successivamente quella coalizione, quando vince le elezioni, dimostra di non saper governare.

Ora, dunque, rischia di sfaldarsi come un castello di carte quella comunità di persone non sorrette da una visione in qualche modo ideologica o comunque da un quadro di idee importante, per cui oggi i giornali, nel richiamare questo esodo e nel riferire le giustificazioni addotte da coloro che hanno fatto questo passo, essenzialmente la caduta del Governo Draghi, parlano soprattutto di ingratitudine nei confronti di Berlusconi, come fa Alessandro Sallusti su Libero, a proposito di Ferrara e della Pascale, persone che “pur non avendo mai lavorato un giorno in vita loro sono diventati milionari grazie alla generosità di Silvio Berlusconi e ora, dopo essere stati foraggiati e mantenuti tanto da essere a posto per qualche generazione, sputano con gusto nel piatto dove hanno banchettato”. Certo, c’è anche dell’ingratitudine nei Berlusconi Boys che lasciano il partito, ma è la mancanza di ideali politici che li ha indotti ad una iniziativa probabilmente meditata da tempo, da quando il partito ha cominciato a perdere consensi nelle intenzioni di voto, facendo intravedere il pericolo di una sua dissoluzione anche in ragione dell’età del leader e delle sue ricorrenti difficoltà di salute.

È evidente, infatti, che la rottura col governo Draghi è solo una scusa, come la prospettiva di una vittoria della destra, considerato che Berlusconi si è assunto da sempre il ruolo di federatore di quell’ampia fetta di elettorato che va dalla Lega a Fratelli d’Italia del quale Forza Italia ritiene di esprimere l’anima centrista. “Lascio l’Italia se vincono i sovranisti”, avrebbe detto Francesca Pascale. E Brunetta si esibisce con Lucia Annunziata in una patetica denuncia per le offese ricevute in ragione della sua altezza (“mi dicono nano e soffro per questo”). Un attacco certamente volgare ad un Ministro per l’amministrazione non amato dai pubblici dipendenti che, nel suo ruolo, avrebbe dovuto motivare e valorizzare ai fini del buon esercizio dell’azione di governo. Invece, ha solamente creato malumori.

E questo deve far riflettere sulla debolezza dei partiti politici che non siano sorretti da un riferimento a valori forti, partiti che danno credito a persone senza esperienza politica, opportunisti, pronti a cambiare casacca alla prima, più favorevole occasione, come dicono i numeri di una transumanza che ha caratterizzato le ultime due legislature. Ed è noto il caso della parlamentare che nel corso della precedente ha cambiato ben sei formazioni politiche.

Occorre tornare alla politica, ad ideali forti al confronto sui programmi superando la mentalità proporzionalistica che nasce dalle nostre leggi elettorali le quali hanno alimentato la frammentazione politica e moltiplicato micropartiti, i c.d. “cespugli”, alla ricerca di un ruolo soprattutto per i loro leader che altrove non avrebbero nessun credito. In un sistema elettorale che si basi su un rapporto diretto tra elettorato ed eletto, come quello del Regno Unito, persone come Calenda, Renzi o Speranza non avrebbero nessuno spazio politico.

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