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Giuseppe Valditara, una candidatura per rinnovare la politica

di Salvatore Sfrecola

Il giurista Giuseppe Valditara, ordinario di diritto romano a Torino, già Preside della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Europea di Roma, insignito del Premio internazionale della Corte costituzionale, sarà candidato della Lega in Lombardia. Il primo ad intuire il nuovo ruolo che il professore, allievo dello storico ideologo della Lega lombarda, Gianfranco Miglio, avrebbe svolto accanto a Matteo Salvini, era stato Marco Damilano che gli aveva dedicato un lungo e documentato editoriale per L’Espresso del 16 luglio 2015, nel quale preannunciava la creazione di un gruppo di pensiero, un think tankdi studiosi e professionisti con il compito di assistere, sul piano ideologico e tecnico, il leader del Carroccio. 

Era quello il momento nel quale Salvini puntava ad estendere la presenza della Lega a Roma, nella prospettiva di farsi spazio al Sud, con un’iniziativa (“Noi con Salvini”, curata prima da Raffaele Volpi poi da Gianmarco Centinaio) nella quale “anche il Sud si potrà riconoscere”, aveva confidato Salvini al Corriere della Sera

Intanto il gruppo cresce. E docenti di varie discipline convergono sotto la testata di Logos, una rivista scientifica, un prezioso strumento di riflessione a più voci con il quale giuristi, economisti sociologi, ma anche medici, fisici, matematici, nel corso del tempo pongono sotto osservazione le vicende della politica.Nel frattempo Valditara, che continua nei suoi studi di romanista (ricordo un coinvolgente Civis romanus sum), si occupa anche di temi quali la cittadinanza e l’immigrazione. “La politica delle porte aperte, dell’accoglienza senza discernimento, dell’abbattimento dei confini, di una assenza di ‘muri’ – scrive su Logos – è il ‘male’ in quanto non è utile né vantaggiosa e nemmeno appare un gesto di vero amore verso il ‘prossimo’, vicino e lontano”. E aggiunge: “sembra piuttosto una politica ‘infantile’, incapace cioè di dire e di accettare dei ‘no’, una politica che non riconosce l’esistenza di doveri, accanto e talvolta prima di diritti, che rifiuta la responsabilità come principio cardine di una società organizzata. È la politica dei narcisi che si beano dei ‘bei gesti’ senza sostanza”.

Valditara, con il concorso dei tanti amici che convergono sull’iniziativa, costruisce con incontri culturali e con gli scritti un solido strumento di pensiero, cominciando con un suo personale contributo, un volume, “Sovranismo, una speranza per la democrazia”, da intendersi “con riferimento alla sovranità popolare e alla necessità della difesa del principio democratico”, spiega nella prefazione.

Passa il tempo, e nasce “Lettera 150”, composta in prevalenza da professori universitari dei più diversi insegnamenti ma anche di affermati professionisti e di ex magistrati che hanno ricoperto importanti cariche istituzionali e contribuito con solidi studi nelle varie discipline giuridiche, compresa la gestione giuridico-amministrativa della pandemia da Covid-19. Con l’ambizione di fornire riflessioni sulla filosofia politica, che possano essere alla base di analisi e di proposte per l’Italia dei prossimi anni, “Lettera 150” pubblica La sfida dei liberal conservatori, una raccolta di scritti di diversi studiosi che presto diventa un best seller nel panorama degli studi politici. Gli Autori sono “consapevoli che è necessario ancorare una grande politica riformista per il rilancio del nostro Paese a principi chiari, e ad una visione strategica, senza alcuna improvvisazione. Tramontati ormai i partiti tradizionali, la politica italiana ha necessità di ancorarsi a filoni di pensiero e a culture in grado di esprimere compiutamente valori, identità, prospettive”. Perché i partiti abbandonino politiche di piccolo cabotaggio, senza una visione strategica, senza un programma di governo all’altezza del ruolo dell’Italia, in Europa e nel mondo. Per far ripartire il Paese – è la tesi di fondo – è necessario che la politica sia espressione di un polo politico culturalmente coeso, sia pure articolato in diverse formazioni partitiche.

Gli Autori sono consapevoli che secondo i sondaggi degli istituti di ricerca la maggioranza degli italiani si identifica in ideali liberali e conservatori sui quali si va da tempo soffermando la pubblicistica politica, con l’apporto di studiosi italiani e stranieri i quali hanno delineato quello spazio che altrove è presidiato da forti partiti di governo, dai Conservatori del Regno Unito ai repubblicani degli Stati Uniti, ai democratico-cristiani della Germania. In Italia un Centrodestra che si faccia portatore di questi valori nella prassi politica recupererebbe consensi in quel diffuso assenteismo dal voto che l’incertezza politica alimenta da tempo.

Il volume si apre con uno scritto di Valditara sulle “dieci buone ragioni per essere liberalconservatori”, posto che la libertà “è un valore strettamente legato alla cultura occidentale: da Erodoto a Cicerone è quello che distingue fin dalle sue origini” questa parte del mondo. L’interesse nazionale, il rapporto fra lo Stato e il cittadino, che il liberalconservatore vuole libero da lacci e lacciuoli, la difesa dei diritti di libertà e di proprietà, la tutela di valori della comunità, del proprio passato, della propria storia concepita come evoluzione graduale, nella visione europea di una comunità forte, efficiente, rispettata, che sappia difendere gli interessi dei suoi popoli.

Contributi di speciale interesse sono dati dai capitoli curati da Emanuela Andreoni Fontecedro, latinista, Francesco Cavalla, filosofo del diritto, Giuseppe Parlato, storico e Presidente della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Giampaolo Azzoni, filosofo del diritto, Giovanni Orsina, politologo, Andrea Ungari, storico dell’età contemporanea, Renato Cristin, filosofo, Marco Paolino, storico, Raimondo Cubeddu, filosofo della politica, Dino Cofrancesco, storico delle dottrine politiche, Claudio Zucchelli, giurista, Alberto Mingardi, storico e Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni, Flavio De Felice, storico, Aldo Rustichini,full Professor of Economics nell’Università del Minnesota.

Un volume che è un inno alla libertà, quale pietra d’angolo della costruzione politica del pensiero liberale e conservatore, ricordando il Conte di Cavour: “io sono figlio della libertà, ed è ad essa che devo tutto quel che sono”. Una sorta di dedica. Infatti, quella frase è nella prima pagina del volume.

Ora la bussola è, come detto, il liberal-conservatorismo, inteso quale “filosofia della politica che coniuga libertà e identità” e che individua in John Locke e Camillo Benso di Cavour, Luigi Einaudi e Alcide De Gasperi i suoi punti di riferimento, come si legge nella prefazione. Tramontati i partiti tradizionali infatti, secondo Valditara, “la politica italiana ha necessità di riferirsi a filoni di pensiero, e a culture in grado di esprimere compiutamente valori, identità, prospettive”. L’auspicio è che “queste riflessioni possano essere di qualche aiuto alla politica italiana”. Desiderio che “Lettera 150” ha saputo portare in questi anni nella realtà del confronto politico.

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