martedì, Ottobre 15, 2024
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“Se non avessi il telefonino non saprei come passare il tempo a scuola”

di Salvatore Sfrecola

“Se non avessi il telefonino non saprei come passare il tempo a scuola”, questa frase, colta una mattina nelle vicinanze di un importante liceo romano, detta da una ragazza alle colleghe con le quali si avviava a scuola, è variamente interpretabile. Con riferimento alla giovane che evidentemente non è attratta dallo stimolo dell’insegnamento che le viene offerto, nel suo complesso e non con riguardo ad una singola disciplina, e del docente che non riesce ad interessarla. L’episodio si presta a varie riflessioni, tutte importanti, perché la scuola è l’immagine della società nel suo divenire, un luogo nel quale si formano i cittadini ed i professionisti di domani e prendono corpo le aspettative dei giovani e delle loro famiglie. E qui va detto che una prima mancanza va individuata nella famiglia che spesso non appare preoccuparsi del cursus studiorum dei figli, come nel caso della nostra anonima ragazza alla quale molto probabilmente papà e mamma non avranno avuto l’abitudine di chiedere come vanno gli studi e se è soddisfatta dell’insegnamento. Parliamo di un prestigioso liceo della Capitale dove studiano i figli della migliore borghesia romana, famiglie quanto meno di media cultura, in case nelle quali le librerie trovano uno spazio dignitoso, a volte molto significativo.

La famiglia appare assente e forse la ragazza che “non sa come passare il tempo” non si preoccupa del suo futuro, del grado di preparazione necessario per gli studi universitari, naturale sbocco di un liceo, e per la vita professionale. Forse conta sull’aiuto della famiglia per ottenere un posto di lavoro e non si preoccupa di avere gli strumenti professionali per contenderlo o per meritarlo.

Sistemata la ragazza e la sua famiglia, dobbiamo riflettere su un altro aspetto, quello del docente che evidentemente non è stato capace di interessarla, di coinvolgerla nell’insegnamento di una delle discipline che vengono impartite in un liceo classico. E torna una antica riflessione che ho sentito ripetere in famiglia, attribuita a mio nonno docente al liceo di italiano e latino, secondo il quale, quando un ragazzo va male a scuola, il più delle volte la responsabilità è del professore che non ha saputo trasmettere interesse per la disciplina che insegna.

L’insegnamento non è una professione facile, ma è “il “mestiere” più bello del mondo!!!”, mi ha detto di recente Caterina Lucarini, docente nel liceo scientifico Talete, con la quale avevo scambiato alcune idee sulla scuola al giorno d’oggi. Ne sono convintissimo, fin dalle elementari il ruolo del docente è fondamentale. Ed è proprio nelle elementari che un giovane impara, o dovrebbe essere stimolato, se l’insegnante fosse all’altezza del suo ruolo, a quella curiosità nei confronti del sapere che è alla base dell’apprendimento insieme al metodo di studio. Noi tutti, fin da bambini, siamo stati interessati a quel che ci circonda, all’ambiente, alle favole, che sono storie romanzate, alle poesie che ci portano in un mondo di emozioni, di sentimenti, di propositi.

Il nuovo Ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara, che è un docente universitario di una disciplina, il diritto romano, che è, insieme, cultura e storia di una civiltà che è alla radice della nostra Nazione e dell’Occidente, certamente avrà a cuore la riforma degli studi e la preparazione dei docenti. È, infatti, sotto gli occhi di tutti che la lingua italiana è da tempo trascurata mentre il suo studio, in rapporto anche alla meravigliosa letteratura che ci fa apprezzati nel mondo, avrebbe dovuto compensare l’uso abnorme del telefonino e dei messaggini che hanno inaridito il sistema di comunicazione, che neppure nelle prime conversazioni amorose dei giovani innamorati riesce ad arricchirsi di frasi compiute e pregnanti di significati.

Inoltre, la scuola ha espunto due attività che ci impegnavano un tempo, i riassunti e le poesie imparate a memoria. I riassunti abituano alla sintesi, che è essenziale per mettere a punto ciò che è significativo in un testo anche di molte pagine, fondamentale anche per una interrogazione orale, mentre imparare una poesia a memoria, oltre a rappresentare un importante esercizio (la memoria è risorsa preziosa ed anche chi l’ha naturalmente sviluppata la deve esercitare) è una recita dinanzi al docente ed ai colleghi, un modo per sviluppare la capacità di presentarsi che tornerà utile nel prosieguo degli studi e quando, ormai professionista, il giovane si dovrà presentare per un colloquio di lavoro, per farsi conoscere ed apprezzare. Ugualmente andrà ripristinato un migliore insegnamento della storia che è essenziale strumento di conoscenza e di comprensione del presente nella prospettiva del futuro.

Naturalmente “il “mestiere” più bello del mondo!!!” attende un adeguato riconoscimento da parte dello Stato perché alla preparazione, sempre più aggiornata, che si richiede, deve corrispondere una adeguata retribuzione, come accade ovunque in Europa e nel mondo.

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