giovedì, Aprile 18, 2024
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Cambiare opinione sul “pos” va bene ma…

di Salvatore Sfrecola

Cambiare idea è da sempre considerato segno di intelligenza e onestà intellettuale, anche quando è conseguenza di una iniziale decisione poco meditata, magari perché non assistita da adeguata analisi della situazione sulla quale si è deciso. Ciò che va, per quanto possibile, evitato perché in politica i ripensamenti possono essere apprezzati solamente se poco frequenti. Altrimenti si rischia l’accusa di pressapochismo o di aver ascoltato acriticamente qualche interessato, cosa che, sempre in politica, è frequente e disdicevole. Per cui l’affermazione del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che si è detta disponibile a rivedere la decisione del limite all’uso del pos a 60 €, non gradito in sede di Unione europea e criticato anche dalla Corte dei conti, è senza dubbio apprezzabile re melius perpensa, come dicono i giuristi. Tuttavia, come c’era da attendersi, il cambio di orientamento ha dato il destro alla stampa ostile al Governo per scrivere di un “passo indietro” (La Repubblica), di una “retromarcia” (La Stampa), mentre per il Corriere della Sera “Meloni frena”.

Poco male, tra qualche giorno non se ne ricorderà nessuno. Ma sarebbe stato meglio evitare.

In realtà, dietro la sollecitazione proveniente dal commercio a mettere un limite all’uso della moneta elettronica sta un problema noto da tempo, quello del costo, ritenuto da tutti eccessivo, delle commissioni bancarie, delle quali si leggono oggi sui giornali esempi oggettivamente poco giustificabili. Come nel caso, del quale mi diceva qualche giorno fa il tassista al quale avevo preannunciato il pagamento attraverso l’applicazione del gestore del servizio. Sul costo delle operazioni deve, dunque, operare il governo se intende favorire l’uso della moneta elettronica. In uno, non trascurerò mai di insistere sul punto, alla individuazione di forme di deduzione delle relative spese, condizione perché l’utente sia interessato a pretendere lo scontrino fiscale. Leggo che si può chiedere anche per i pagamenti in contanti. Benedetta ingenuità! Il problema dello scontrino è quello della possibilità di utilizzarlo in qualche modo. Altrimenti per amicizia o solo per consuetudine con il commerciante o con l’artigiano il cittadino non lo chiederà. È inutile illudersi o far finta di non capire. E non so quale sia peggio agli occhi del cittadino.

Si dirà che la deduzione di spese minute, quali quelle al bar, in pizzeria o al ristorante, sono difficili da dedurre dal reddito. Credo tuttavia che, come accade in altri ordinamenti tributari, se al contribuente fosse possibile dedurre in sede di dichiarazione dei redditi almeno una parte di queste spese la richiesta dello scontrino sarebbe una prassi costante. In fin dei conti il fisco ha interesse a tracciare i pagamenti e quello che indichiamo è un modo assolutamente funzionale allo scopo.

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