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I Baglioni, una Famiglia ambiziosa nella storia di Perugia e dell’Umbria

di Salvatore Sfrecola

Con la prefazione di Claudio Strinati, per la Collana “Conoscere Perugia”, a cura di Marco Nicoletti, è stato presentato a Roma nei giorni scorsi, a Palazzo Margana, “I Baglioni, battaglie, amori e imprese dei Signori di Perugia” (Intermedia Edizioni, Orvieto, 2022, pp. 141, € 14.00). L’Autrice, Alessandra Oddi Baglioni, che si è dedicata negli anni scorsi prevalentemente alle tematiche femminili e al mondo dell’arte “come dimensioni capaci di trasmettere valori universali, non tralasciando lo studio della parte romantica dell’essere umano”, come si legge nel risvolto della quarta di copertina, affronta stavolta, con l’orgoglio e la passione dell’ultima discendente, la storia della nobile famiglia perugina che negli anni turbolenti tra Medio Evo e Rinascimento ha dominato le vicende della Città e dell’Umbria lasciando un segno indelebile nella politica, nella cultura e nell’arte, favorita come si conveniva a chi, detenendo il potere, sentiva il dovere del mecenatismo. Sono i Baglioni, infatti, che chiamano a Perugia artisti come Piero della Francesca, Pinturicchio e Perugino.

Una Famiglia da un’antica ascendenza che si perde nel tempo che “potrebbe risalire alla figura di Oddo di Ballio, un Generale di Graziano citato da sant’Ambrogio in una sua lettera”. Ma la Famiglia potrebbe aver avuto origini francesi, discendendo dai duchi di Lorena e quindi da Goffredo di Buglione che partecipò alla prima Crociata nel 1099. Una Famiglia, in ogni caso, “controversa – scrive l’A. – formata da grandi eroi ma anche da ambiziosi condottieri pronti a tutto pur di realizzare i propri obiettivi. Muovendosi con singolare discontinuità politica e alleandosi ora con questo ora con quel potere forte, si adoperarono per rendere Perugia libera e indipendente”. È stata nel corso dei secoli la politica delle famiglie nobili detentrici del potere, che hanno dovuto costantemente fare i conti con vicini potenti. Con i quali, con grande spregiudicatezza, si sono alternativamente alleati, a seconda delle circostanze, ma sempre per mantenere il controllo del loro territorio.

Le pagine si snodano con un linguaggio estremamente piacevole, con rinvio ad importanti testimonianze tra un incalzante riandare alle alleanze e alle guerre nelle quali la Famiglia si è impegnata nella consapevolezza del ruolo storico che si è data, quasi una “predestinazione fatale”, scrive nella Prefazione Claudio Scrinati, d’intesa con altre nobili stirpi di detentori del potere, in particolare con i Medici, dei quali i Baglioni sono stati costantemente al fianco nella convulsa ricerca dell’affermazione della primazia su una regione, l’Umbria, destinata, per la sua collocazione geografica, a fare da stato cuscinetto e di collegamento negli stati della Chiesa fra il nord delle legazioni romagnole e il sud, in un “rapporto di incontro e scontro, con i massimi centri di potere della politica italiana, dalla Roma pontificia, al Regno di Napoli, alla Repubblica di Venezia, alla Signoria fiorentina”, come scrive Strinati.

Ricorda Alessandra Oddi Baglioni che “i perugini come fiorentini, si erano fatti banchieri e mercanti. Alla base dell’ordinamento civico vi erano i Collegi delle arti. Il più importante era quello della Mercanzia, seguito da quello del Cambio, all’interno di questi due collegi venivano eletti per due mesi i dieci priori che formavano la magistratura suprema, i cui appartenenti dovevano essere sempre controllati da un governatore nominato dal papa. Ai componenti dell’Arte del Cambio venne concesso di riunirsi in una piccola parte del palazzo dei priori; costoro, per dimostrare di non essere da meno dei colleghi banchieri fiorentini, diedero l’incarico di decorare la sala delle Udienze, luogo delle riunioni e centro delle attività commerciali della corporazione, all’artista più importante dell’epoca, Pietro Vannucci detto il Perugino”.

Grandi politici, ma anche militari coraggiosi ed abili capaci di guidare i loro eserciti in imprese che hanno lasciato un segno nella storia, anche attraverso matrimoni, come quello di Astorre Baglioni con Lavinia Colonna Orsini o di Giampaolo con Ippolita dei Conti, imparentata con i signori di Firenze. L’A. tiene a dire, dell’una e dell’altra sposa, che erano bellissime. Fin dal XIV secolo, la Famiglia Baglioni aveva perseguito l’obiettivo di assumere l’egemonia sul territorio in autonomia rispetto alle ricorrenti pretese egemoniche del papato che segneranno nel tempo i difficili rapporti di Perugia con la sede pontificia di cui è testimonianza la Rocca Paolina, eretta per iniziativa di Papa Paolo III, commissionata ad Antonio da Sangallo, noto architetto militare, innalzata radendo al suolo le torri dei Baglioni, a testimonianza del potere papale.

È il tempo nel quale i quattro pilastri dell’Italia, Venezia, Milano, Firenze e Napoli, cercano “con affanno un equilibrio, dietro il quale vi è sempre l’accorta e abile regia del Papato”, si legge nel libro, riandando al ruolo dei dogi, degli Sforza, dei Medici, con Lorenzo il Magnifico, e dei Principi d’Aragona. È il tempo del figlio di Malatesta Baglioni, Braccio, “il Lorenzo il Magnifico del nostro paese”, nelle parole dello storico Luigi Bottazzi, il vero fondatore della dinastia, della Signoria perugina: “Principe e condottiero di larghe vedute, generoso, amico di letterati, poeti e artisti si adoperò per abbellire la sua città. Tra il 1429 e il 1433 venne ampliato il palazzo dei Priori, vennero costruite nuove chiese e cappelle private”. L’Autrice insiste molto sul mecenatismo dei Baglioni nell’arte e nella cultura. E ricorda come Braccio abbia attirato a Perugia i primi stampatori tedeschi che provvidero alla diffusione di testi importanti per l’epoca, come il celeberrimo codice di Baldo degli Ubaldi, “iniziativa che impresse una forte espansione allo studium perugino”. È il periodo nel quale viene anche stampato il “Viaggio in Terra Santa” del padovano Gabriele Capodilista e la “Grammatica” di Sulpizio Verulano.

Sono anche gli anni delle lotte all’interno di Perugia, in particolare tra gli Oddi e i Baglioni che si trascinarono per secoli insanguinando la Città e dividendo i perugini naturalmente schierati ora con gli uni, ora con gli altri.

L’Autrice, sempre attenta al contesto storico, pur nell’esaltazione delle glorie della Famiglia, non può fare a meno di ricordare che, tra politica, guerre ed amori, “anche il grande Braccio si macchiò del sangue dei suoi parenti. Infatti insieme con il fratello Rodolfo uccise il cugino Pandolfo Baglioni e il figlio di lui Nicolò”, subendo le censure del Papa. Crudele per motivi “politici” Braccio, ma anche devoto, difensore del “Sacro Anello”, in quarzo calcedonio, l’anello nuziale della Vergine Maria, del quale aveva tentato di appropriarsi tale fra’ Vinterio di Chiusi. La reliquia restò a Perugia in un reliquario ben protetto da un sistema di ben 14 chiavi distribuite tra i notabili.

Tra vari personaggi tutti protagonisti della storia di Perugia e dell’Umbria spicca la figura di Astorre II Baglioni, difensore strenuo della fortezza di Famagosta insieme a Marcantonio Bragadin e coinvolto nella tragica fine del generale veneziano dopo la conquista di Cipro da parte dei turchi comandati da Lala Mustafà Pascia, che si vendicò con estrema crudeltà della strenua difesa dei cavalieri cristiani. Bragadin, com’è noto fu sottoposto ad atroci torture fino ad essere spellato vivo. Astorre fu decapitato di fronte ai suoi, mentre i turchi trucidavano a migliaia gli ormai inermi combattenti e la popolazione cristiana. Un evento che ebbe un’eco straordinaria e rinsaldò l’alleanza tra gli stati cristiani che mosse alla riscossa nei confronti del mondo ottomano che porterà alla Lega Santa, voluta da Papa Pio V, la cui flotta il 17 ottobre 1571, al comando di don Giovanni d’Austria, avrebbe fermato, con la storica vittoria a Lepanto sulla flotta di Müezzinzãde Alì Pascià, l’espansione turca “salvando di fatti la civiltà cristiana”, come scrive Alessandra Oddi Baglioni.

Ma la figura di Astorre II non colpisce solo per la tragica morte. In precedenza è il generale che conduce alla vittoria i fanti contro i turchi nella piana di Pest, in Ungheria. Astorre è un eroe moderno, che, consapevole dell’ormai inevitabile conclusione della drammatica difesa di Famagosta, scrive alla moglie, Ginevra Salviati, con l’affetto di marito e di padre dandole indicazioni sulla futura educazione del figlio. “Desidero che egli impari il ben vivere – scrive -, e poi lo studio delle buone lettere, che l’uno lo renderà buono, l’altro perfetto. Provvedetelo per questo di buoni maestri, qualche, agendo con benevolenza, si facciano amare anziché temere”.

Il libro è ricco di notizie di grande interesse storico, politico, militare e artistico. Si ricorda anche Raffaello Sanzio ed un quadro per Atalanta Baglioni, oggi nella Galleria Borghese di Roma, nel quale sono raffigurati, accanto a Grifonetto Baglioni altri membri della famiglia.

Pagina dopo pagina incontriamo personaggi dai ruoli più vari, come abbiamo cercato di indicare per offrire l’immagine di “un’antica famiglia egemone – scrive l’Autrice – senz’altro meno famosa delle tante che hanno governato l’Italia, quelle dei Medici, dei Gonzaga, degli Este per citarne alcune, ma non minore di quelle nell’impegno di difendere la propria patria dalle invasioni straniere. Ai Baglioni va dunque il merito di essersi estremamente adoperati, barcamenandosi tra papi e imperatori, nel tentativo di rendere indipendente il proprio territorio, nell’averlo reso teatro di vicende inimitabili e, grazie al coinvolgimento dei maggior artisti dell’epoca, averne fatto anche uno scrigno di opere d’arte uniche, di architetture possenti e, in definitiva, di una memoria storica senza pari”.

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