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“Radici e ali”, un libro per ricordare Luciano Pagliaro, scritto dalla figlia Germana

di Salvatore Sfrecola

Per ricordare Luciano Pagliaro si può dire dei suoi studi, della sua carriera di magistrato, del suo amore per la famiglia e la sua terra. Ma anche di una caratteristica umana che tutti gli hanno riconosciuto, quella “sagace ironia”, come si legge nel risvolto della prima di copertina del libro “Radici e ali, la storia di Luciano Pagliaro raccontata a un bambino”, Andrea il figlio di Germana Pagliaro che ha curato questo libro anche per trasmettere al piccolo “gli affascinanti aneddoti” della vita del nonno Luciano ”e della sua grande famiglia”.

Il libro si apre con una prefazione di Maurizio Graffeo, Presidente aggiunto onorario della Corte di conti, che ricorda di aver conosciuto Luciano Pagliaro il 18 ottobre 1984 quando, appena preso servizio quale referendario, la qualifica iniziale della magistratura contabile, si era presentato nella sede palermitana della Corte dei conti. Lì, tra fascicoli di atti amministrativi e contabilità varie è nato un rapporto di collaborazione professionale divenuto una solida amicizia fondata sulla condivisione di valori. Un’amicizia profonda, sincera, presto estesa alle famiglie, durata tutta la vita.

Graffeo, che lo ha frequentato per oltre trent’anni scrive di Pagliaro quello che io ho sempre pensato di lui, nonostante la mia conoscenza non sia stata sostenuta da una consuetudine di lavoro. Ciò che vuol dire molto del carattere e della personalità di Luciano, capace di farsi conoscere immediatamente come un gentiluomo garbato, sorridente, ironico, scherzoso, dimostrazione di grande umanità che favoriva il rapporto personale. E se diveniva amicizia si doveva stare attenti perché si poteva essere vittima di scherzi, sempre benevoli naturalmente, ma sicuramente originali nei quali Luciano Pagliaro si divertiva moltissimo.

Di grande preparazione giuridica, Luciano Pagliaro aveva a lungo esercitato funzioni di controllo nella sede di Palermo della Corte, fino a divenire Presidente della Sezione giurisdizionale siciliana. Il libro, riccamente illustrato da foto che ripercorrono la vita della Famiglia Pagliaro, reca, quasi in chiusura, immagini della inaugurazione dell’anno giudiziario con il Collegio presieduto da Pagliaro che, pur in atteggiamento istituzionale, non fa mancare un sorriso ad un interlocutore della cerimonia, che coinvolge i suoi occhi, specchio della sua personalità.

Ho immediatamente apprezzato, da nonno, il taglio del libro con il quale Germana, psicologa clinica e psicoterapeuta, “viaggiatrice entusiasta, moglie e mamma ottimista”, come si presenta nel risvolto della copertina, dedica al piccolo Andrea queste pagine per ricordare, attraverso la storia della Famiglia e delle sue radici, il Nonno con la sua personalità di studioso, funzionario prima in Prefettura e poi magistrato ma anche di collezionista di monete, francobolli e cartoline, testimonianza di una mente aperta e curiosa, desiderosa di conoscere e capace di elaborare. E poi le foto dei suoi viaggi. Tutto da trasmettere perché il giovane nipotino tragga da questi esempi di vita personale e professionale per sentirne l’orgoglio dell’appartenenza stimolo per volare alto, le “ali” che arricchiscono il titolo del libro.

Il volume è ricco di episodi, che sarebbe impossibile riassumere, i quali si snodano lungo i decenni a partire dall’800 per riandare ai dati salienti di questa “famiglia siciliana di antiche e nobili origini”, ancora dal risvolto della prima di copertina, che ha illustrato la sua Terra e l’Italia, una Famiglia, quella Pagliaro, arricchitasi nel corso degli anni dell’apporto di altre illustri Famiglie con le quali la sua storia si ricollega attraverso i matrimoni. A partire dal 1800 ed è una storia che si intreccia con quella dei Passarello. È il 29 aprile 1891 quando Vincenzo Pagliaro convola a nozze con Grazia Francesca Passarello. Il libro ricorda il primogenito della coppia, giovane magistrato, destinato ad una brillante carriera. Ma l’orgoglio familiare si riversa anche su un altro Pagliaro, giovane volontario nella Prima guerra mondiale nella quale fu decorato di medaglia d’argento al valore militare, divenuto poi docente di filologia iranica, a trentatré anni titolare della cattedra di Storia comparata delle lingue classiche e neolatine nell’Università di Roma.

Passano gli anni e la Famiglia Pagliaro s’incontra con la Famiglia Giaconia di Migaido, quando Serafina Giaconia andrà sposa a Vincenzo Pagliaro. Sono i genitori di Luciano che nasce all’alba dell’otto gennaio 1939 nella casa di Mistretta a cui la famiglia sarà sempre legatissima. Sottolinea la figlia come già il segno zodiacale “fu spia del temperamento futuro: governato da Saturno, il Capricorno si connota per la saggezza, maturità e forza di volontà invidiabile, per la grande ambizione di arrivare in cima con lealtà e generosità e dalla resilienza, intesa come capacità di affrontare le avversità senza farsi travolgere. Nonostante la sua apparente estroversione, il Capricorno è un segno complesso, che non ama far trasparire all’esterno o condividere i propri sentimenti e pensieri”. È chiaro, caro Andrea. Una bella responsabilità, comunque un esempio di virtù umana e professionale cui ispirarsi. Anche il racconto delle difficoltà naturalmente connesse allo stato di guerra, iniziata quando Luciano aveva solo un anno, sono un esempio perché, pur non avendo sofferto la fame grazie ai prodotti forniti dall’azienda agricola, la Famiglia patì restrizioni nel reperimento di altri beni come le stoffe, le scarpe, il filo per cucire e alcuni alimenti come lo zucchero e il cacao che erano abituali sulla loro tavola. Una condizione che deve essere di insegnamento oggi quando in famiglia si può dire che non manca niente.

Luciano aveva appena sei anni quando cominciò a guardarsi intorno in un momento in cui viva era la polemica politica sul referendum istituzionale e successivamente dopo i fatti di Portella della Ginestra. Le vacanze estive a Mistretta, un luogo che sempre gli sarà caro. Luciano cresce e ne danno conto le foto che accompagnano i suoi anni di studente, grande lettore, come tutti noi, dei libri di Salgari, che ci inchiodavano a imprese eroiche in terre lontane a difesa dell’indipendenza di un popolo antico, colonizzato da una delle massime potenze europee, l’Inghilterra. Lo portavano lontano anche la collezione di cartoline, monete e francobolli. Tifava Palermo, seguiva il Giro d’Italia e la targa Florio.

Da liceale si divertiva a mettere in scena spettacoli teatrali con i compagni con alcuni dei quali fondò e diresse il giornale studentesco “Gioventù”. Amava il ping pong. Aveva un grande amore per il mare, lui nato in montagna e acquistò un gommone verde militare che attraccava al porto di Tusa, col quale si dilettava con la pesca a traino. Nella sua vita di ragazzo c’è anche la Presidenza del gruppo giovanile italiano di azione cattolica.

Amava la musica classica, l’opera in particolare interpretata da Pavarotti e gli assolo di chitarra di “Capriccio arabo”, che negli ultimi anni di vita ascoltava per ore, con gli occhi chiusi, come capita di frequente agli amanti della musica che non ammettono distrazioni durante le esecuzioni. Aveva un grande impianto stereo e centinaia di vinili da 33 e 45 giri. Era interessato al gioco, con poche lire e successivamente con pochi euro; al superenalotto con costanza settimanale. Non vinse mai un granché, ma era una passione, una distrazione. Come il casinò che per lui era come un gioioso parco di divertimenti, tappa obbligata durante i viaggi all’estero.

Raccontare della carriera del nonno non è facile, innanzitutto perché è stato un percorso complesso, variegato, ricco di colpi di scena, ma soprattutto perché lui ne parlava pochissimo a casa. Lavoro e famiglia erano due aree della sua vita che cercava di tenere separate, da persona decisamente riservata.

L’avvio con gli studi di giurisprudenza. Spesso preparava gli esami in campagna per ottenere dall’isolamento la massima concentrazione. I primi concorsi nei quali risultò idoneo, per ispettore della carriera direttiva dell’Ispettorato del lavoro, all’Enpas, poi il concorso a Consigliere di terza classe, all’epoca la qualifica iniziale della carriera direttiva dell’Amministrazione civile dell’Interno. Anche il concorso a consigliere del ruolo dei Servizi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Nel frattempo si era abilitato come procuratore legale. E qui si inserisce un episodio simpaticissimo che dà conto della sua grande umanità. Indeciso se scegliere la nomina al Ministero dell’Interno o alla Presidenza del Consiglio, Luciano si reca all’ufficio postale dove lavorava un suo cugino per chiedergli un consiglio. Si presenta, Pagliaro. E viene interpellato se fosse Luciano Pagliaro. Il suo interlocutore era in graduatoria dopo di lui e, sarebbe entrato se Luciano avesse rinunciato. Una scelta difficile, una notte insonne. Poi la decisione, partenza per la Prefettura di Parma. Così aveva aiutato un perfetto sconosciuto. È uno degli insegnamenti che mamma Germana trasmette al piccolo Andrea. Poi l’incarico all’Enpas, ispettore per verificare che nelle aziende fossero rispettate i requisiti minimi di sicurezza, dove è necessario andare sempre in coppia, per cautelarsi da eventuali ripercussioni e forse anche da pressioni.

Torna consigliere al Ministero dell’Interno e sceglie la Prefettura di Pesaro, perché il clima è mite ed è sul mare. Nel 1971 partecipa al concorso per titoli ed esami più importante della sua vita, 45 posti di referendario della Corte dei conti. Una preparazione impegnativa, una selezione rigida. È settimo. Prende servizio nello storico palazzo di via Notarbartolo a Palermo dove trova un tavolo e un armadio interamente ricoperti di faldoni e cartelline contenente appalti fermi. Non gli piace e da allora il suo impegno sarà perché le pratiche camminassero velocemente. Il libro riporta un “rapporto informativo” lusinghiero: “doti morali: elevatissime; doti intellettuali: eccellenti; cultura generale: vastissima; cultura professionale: vastissima; capacità professionale: grandissima; operosità: moltissima; rendimento: moltissimo; attitudine alle funzioni superiori; spiccatissime”. Poi diventa Direttore dell’ufficio di controllo degli atti degli assessorati ai lavori pubblici, industria, commercio e sviluppo economico della Regione siciliana. Da Consigliere il suo obiettivo è rendere più snella la burocrazia siciliana, evitando inutili lungaggini quando non necessarie. Non solo lavoro d’ufficio alla Corte. La Magistratura contabile lo incarica di funzioni di controllo presso enti regionali e statali. Impegni sempre rilevanti portati a termine con grande professionalità e alto senso dello Stato.

Ricordo di avere interloquito con lui quando era Presidente della Sezione siciliana dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti della quale ero esponente e della quale sarei divenuto Presidente per due mandati. È stato sempre un interlocutore intelligente, propositivo, disponibile a riflettere. Luciano chiude la sua carriera da Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana.

Il libro si chiude con i ricordi dell’ultimo periodo, dopo il pensionamento, quando dedica ancor maggiore attenzione alla famiglia, ai figli, ai nipoti. Comincia ad essere stanco. Quando il suo cuore divenne più debole, fino a fermarsi. “Ne abbiamo dedotto – scrive Germana – che abbia aspettato di dare un ultimo saluto al suo nipotino, prima di scivolare dolcemente in un sonno profondissimo, raggiungendo mia madre in cielo, esattamente un anno e tre mesi dopo”. Le esequie furono toccanti a dimostrazione di quanto affetto e di quanta stima fosse circondato. “Radici e ali”, le prime per ancorarsi alla storia della Famiglia, le seconde per svettare, un messaggio lasciato con grande affetto ad un piccolo erede di una mente intelligente, di un cuore puro, di un grande servitore dello Stato.

Il libro è stato presentato a Palermo il 6 maggio nella sede di Banca Generali, con il concorso dei tanti amici che Luciano Pagliaro ha saputo conquistare con il cuore e con la mente.

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