giovedì, Maggio 2, 2024
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Le vere ragioni dell’attacco alla Corte dei conti

di Salvatore Sfrecola

Mi sono chiesto più volte come mai il Ministro Raffaele Fitto, che ha fama di uomo prudente, abbia sollevato un polverone sul controllo “concomitante” di competenza della Corte dei conti sui progetti finanziati a carico dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), considerato che quella forma di verifica, risolvendosi in osservazioni e sollecitazioni, non può provocare ritardi nella realizzazione dei progetti governativi. I quali, è accertato, sono per ragioni proprie in ritardo. Del resto, non è una novità. Da sempre l’Italia non è in condizione di utilizzare integralmente i fondi europei, non è riuscito lo Stato, non sono riusciti regioni ed enti locali. Basta scorrere la cronaca degli ultimi anni che ha dato costantemente conto di queste difficoltà. E ne sono state spiegate le ragioni. Mancano ovunque tecnici capaci di delineare e progettare iniziative che possano utilizzare le ingenti risorse da sempre assicurate dall’Europa al nostro Paese.

E così, riflettendo su quella che, in una dichiarazione all’ANSA, avevo definito “una tempesta in un bicchier d’acqua”, ho compreso. Il Ministro non è così sprovveduto quando preferisce il controllo “di gestione” della Corte dei conti, ossia un controllo successivo, a cose fatte, che può mettere in risalto inefficienze, sprechi e responsabilità di vario genere, comprese quelle “erariali”. Il piano è evidente. Con il controllo successivo si rinvia di qualche anno la valutazione degli effetti delle iniziative governative, mentre le eventuali responsabilità sono escluse per effetto dello “scudo”, l’impunità garantita a chi, con “colpa grave” avesse determinato pregiudizi di carattere finanziario a carico dei fondi pubblici, compresi quelli di provenienza europea. Le inadempienze sono soggette a giudizi politici, la responsabilità erariale, quella che prevede il risarcimento del danno, è evitata. Siamo tutti contenti, meno i contribuenti italiani.

Con il controllo concomitante che segnala “in corso di esercizio”, come dice la legge Brunetta, ritardi e criticità, consegnati in deliberazioni della Corte dei conti, per loro natura pubbliche, l’opposizione avrebbe in tempo reale conoscenza di situazioni con le quali poter attaccare il Governo. Questo il Ministro Fitto ha voluto evitare, soprattutto alla vigilia delle elezioni europee, in relazione alle quali l’attuazione dei progetti del Pnrr appare argomento pertinente alla campagna elettorale.

Non è sprovveduto, dunque, il Ministro. Ed ha chiamato a raccolta i giuristi di corte, quei professori abituati a godere di consulenze, incarichi e posti nei consigli di amministrazione che assicurano ricche prebende. Il potere si è sempre circondato di consulenti ad usum delphini, spesso in là negli anni, ma autorevoli che spiegano sui giornali e in televisione come il Governo abbia ragione ad evitare il controllo della Corte dei conti nonostante le indicazioni dell’Unione Europea e le leggi che vi hanno dato attuazione, frettolosamente, con frasi ad effetto, senza mai scendere nel dettaglio delle loro tesi, esposte apoditticamente. Hanno sempre fretta, tra un editoriale ed una intervista corrono al ministero per esercitare il loro ruolo di consulenti del principe in commissioni, comitati e gruppi di lavoro.

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