martedì, Ottobre 15, 2024
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La “reggenza”, una funzione spesso dimenticata nelle Pubbliche Amministrazioni

di Salvatore Sfrecola

Le istituzioni e la politica conoscono da sempre l’istituto della “reggenza”, cui si ricorre per evitare vuoti di potere. Negli ordinamenti monarchici è previsto il reggente ove l’erede al trono non sia maggiorenne, nei partiti accade quando il vertice è vacante e si è in attesa di un congresso che nomini il successore. Così si legge in questi giorni che, alla morte di Silvio Berlusconi, Antonio Tajani, Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli esteri e Coordinatore di Forza Italia, è il “reggente”, in attesa del congresso del partito.

Naturalmente anche nel pubblico impiego, che è ordinato per assicurare in ogni caso la continuità nella direzione di un ufficio, è prevista la reggenza in assenza del dirigente titolare, in via straordinaria e temporaneamente, in attesa della destinazione del nuovo dirigente titolare.

È una regola di buona amministrazione. Tuttavia in alcune amministrazioni è del tutto ignorata, come nell’Agenzia delle entrate, dove si è preferito far luogo a nomine fiduciarie ex art. 19, comma 6, del decreto legislativo 165 del 2001, o ricorrere ad onerosi interim che impongono ad un dirigente, titolare di un ufficio, di assumere temporaneamente la direzione di un altro ufficio, in alcuni casi anche di più uffici, con effetti negativi sul buon funzionamento degli stessi. Infatti, il dirigente ad interim, non disponendo della dote soprannaturale della bilocazione e neppure quella della multilocazione, finisce inevitabilmente per delegare molte delle proprie attribuzioni ad un impiegato di fiducia, quasi mai il più anziano che avrebbe dovuto assumente il ruolo di reggente.

Al riguardo, il d.P.R. 8 maggio 1987, n. 266, (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 marzo 1987 concernente il comparto del personale dipendente dai Ministeri) dispone all’art. 20 che il personale appartenente alla “nona qualifica funzionale”, istituita dal D.L. 28 gennaio 1986, n. 9, art. 2, espleta, tra l’altro, le funzioni di sostituto del dirigente in caso di assenza o impedimento, nonché di reggenza dell’ufficio in attesa della destinazione del dirigente titolare. 

In proposito la Corte costituzionale, con la sentenza n. 37 del 2015, ha spiegato come “l’assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario può avvenire solo ricorrendo all’istituto della reggenza” che “serve a colmare vacanze nell’ufficio determinate da cause imprevedibili”. Ed “è possibile farvi ricorso a condizione che sia stato avviato il procedimento per la copertura del posto vacante, e nei limiti di tempo previsti per tale copertura. Straordinarietà e temporaneità sono perciò caratteristiche essenziali dell’istituto – prosegue la Consulta richiamando anche pronunce della Cassazione – criticando “le reiterate proroghe del termine previsto dal regolamento di organizzazione dell’Agenzia delle entrate per l’espletamento del concorso per dirigenti e, conseguentemente, per l’attribuzione di funzioni dirigenziali mediante la stipula di contratti individuali di lavoro a termine con propri funzionari, (che) con l’attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti, hanno indotto la giurisprudenza amministrativa (TAR Lazio, Roma, seconda sezione, sentenze 30 settembre 2011, n. 7636, e 1° agosto 2011, n. 6884) a ritenere carenti, nella fattispecie prevista dall’art. 24 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate, i due presupposti ricordati della straordinarietà e della temporaneità, a non configurarla come un’ipotesi di reggenza e quindi a considerarla in contrasto con la disciplina generale di cui agli artt. 19 e 52 del d.lgs. n. 165 del 2001”. 

È una implicita denuncia dell’uso distorto delle nomine fiduciarie effettuate ai sensi dell’art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che ha consentito alla politica di riempire gli uffici di dirigenti “fidati”, che vuol dire di parte. Ed è singolare che il Governo Meloni abbia deciso di stabilizzare quei dirigenti che, essendo stati nominati dai governi precedenti, sono espressione di una diversa cultura amministrativa che il Ministro Crosetto aveva denunciato manifestando l’intenzione di rimuoverli. Nessuno è stato rimosso, anzi adesso quei dirigenti, sospetti di “remare contro”, vengono consolidati. 

Tornando alla norma sulla reggenza essa è stata ritenuta dalla Corte costituzionale nella sentenza richiamata rispettosa del canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. e dei principi di tutela del lavoro (art. 35 e 36 Cost.), nel senso che l’ipotesi della reggenza costituisce una specificazione dei compiti di sostituzione del titolare assente o impedito, contrassegnata anch’essa dalla straordinarietà e temporaneità, come reso palese dall’espressione “in attesa della destinazione del dirigente titolare”.

La reggenza dell’ufficio consentita, senza dare luogo agli effetti collegati allo svolgimento di mansioni superiori, allorquando sia stato aperto il procedimento di copertura del posto vacante e nei limiti di tempo ordinariamente previsti per tale copertura, oltre ad essere funzionale al buon andamento dell’Ufficio costituisce un doveroso riconoscimento nei confronti del funzionario più elevato in grado il quale, inoltre, fa un’importante esperienza organizzativa che arricchirà il suo bagaglio professionale.

Anche per questo motivo la DIRSTAT, il sindaco della dirigenza statale, insiste da sempre per l’applicazione dell’istituto della reggenza, giusto riconoscimento dell’esperienza maturata all’interno di un ufficio.

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