sabato, Luglio 27, 2024
HomeNEWSJacopo Bartolomei traccia un primo bilancio dell'opera di Arnaldo Forlani, marchigiano e...

Jacopo Bartolomei traccia un primo bilancio dell’opera di Arnaldo Forlani, marchigiano e statista

dell’Avv. Jacopo Severo Bartolomei

Con la scomparsa di Arnaldo Forlani, avvenuta giovedì 6 luglio alla veneranda età di 97 anni (Pesaro 8.12.25- Roma 6.7.2023), si chiude definitivamente un’era soggettiva ed oggettiva. Si cerca di tratteggiare un primo sommario ricordo, dichiaratamente approssimativo ed emotivamente partecipato, per la vicinanza alla Famiglia, ed in modo affatto particolare al Sen. Alessandro Forlani, Figlio primogenito e astretto da risalente assidua frequentazione con la intera Marca Picena (Unione dei territori provinciali di Macerata, Fermo e Ascoli Piceno).

Con la morte di Arnaldo Forlani ha fine non solo una delle più brillanti carriere politiche del dopoguerra, ma anche l’età d’oro della Iª Repubblica (1948-1992), stereotipo invalso più tra i cronisti giudiziari che tra studiosi di storia costituzionale, memori di distinzione storiografia latina pretacitiana tra cronaca minuta e Storia; la Storia si scrive dopo almeno un trentennio e viene perennemente ritrascritta per le future generazioni.

Il secondo semestre del corrente A.D. 2023, oltre alla scomparsa dalla scena politica nazionale, europea e internazionale del grande statista marchigiano, evoca in me il ricordo del trentennale del proditorio arresto di Franco F.co Bartolomei, Direttore di dipartimento interfacoltà diritto pubblico all’Ateneo maceratese, Facoltà di Giurisprudenza, falsamente additato in sede di interrogatorio preliminare “affarista di stampo forlaniano”, stabilmente inserito in suo entourage (sic!).

Arnaldo Forlani, eletto alla Camera per la prima volta nel 1958 e rieletto per otto volte consecutive con ampi margini, aderente al gruppo parlamentare DC, non è stato una meteora né un improvvisato “Enfant prodige”; militante DC a Pesaro sin dalla giovinezza, per due volte Segretario nazionale del Partito di maggioranza relativa (1969-73; 1989-92), ricopre la carica di autorevole Ministro Repubblica prima al dicastero senza portafoglio delle partecipazioni statali, poi alla Difesa (1974-76), infine al Ministero degli Affari esteri dove, circondandosi di un valido staff, accresce il prestigio internazionale del Paese.

Assurge a fama internazionale con la designazione a Presidente Consiglio Ministri (18/10/1980-28/06/1981 – ultimo Premier democristiano, ante il laico repubblicano Giovanni Spadolini, fiorentino, secondo marchigiano dopo Fernando Tambroni (1901-1963) iniziale mentore – data in cui è indotto a lasciare Palazzo Chigi a seguito dello scandalo innescato dal ritrovamento a “Villa Wanda” degli elenchi degli iscritti a Loggia massonica P2 del Maestro Venerabile Licio Gelli, aretino-argentino (Commissione parlamentare d’inchiesta cd. Anselmi e relativa legge di scioglimento dell’Associazione privata non riconosciuta, in base a opinabili indici di segretezza; dissenziente il Prof. Avv. M. S Giannini, già Capo di Gabinetto di Nenni al Ministero per la Costituente nel biennio di snodo 1946-48 e poi Ministro della funzione pubblica a Palazzo Vidoni nel 1978, Premier Francesco Cossiga).

Giannini, acuto giurista, giudica del tutto inadeguato lo strumento normativo, nonché opinabili per estrema vaghezza i presupposti di operatività, facendo constatare ai settori di qualificati operatori diritto che i principali pubblici poteri, Partiti politici e Sindacati nazionali, continuavano a rivestire forma inadeguata rispetto alla funzione effettivamente esercitata, in spregio a dettato costituzionale).

Forlani ha contrassegnato in maniera al contempo improntata alla persuasività del “softpower” e indelebilmente significativa, la centrale stagione politica intercorsa dal 1972 (Patto di San Ginesio (MC), con l’On. Ciriaco De Mita, altro leader emergente “puledro allenato” DC, generazione postdegasperiana e dopo i “cavalli razza”, i professorini Amintore Fanfani (AR) e Aldo Moro (FG-BA) al febbraio 1992 (avvio di “Mani pulite” con l’arresto di Mario Chiesa) Tale Chiesa, Presidente, in quota PSI, della storica IPAB, il meneghino “Pio Albergo Trivulzio” viene arrestato e condotto subito in manette al carcere di San Vittore, su ordine di custodia cautelare chiesto al GIP dalla Procura Repubblica presso il Tribunale di Milano;in base ad accertamenti patrimoniali della GdF condotti in sede di contenzioso coniugale, per iniziativa del P.M Antonio Di Pietro, che sarà poi Ministro dei LLPP e Leader di Movimento particulare – IV (Italia dei Valori).

Nel contesto internazionale, l’Italia (periodo 1973-78 ), ribadita la fedeltà atlantica con vista europea, di matrice degasperiana, nonché il dialogo diplomatico col mondo arabo-fede e i Paesi cd. non allineati (Jugoslavia, India, Albania e, dopo il ’66 anche Cuba e Cina, subisce lo shock petrolifero mondiale con devastanti effetti socio-economici.

Tuttavia la regione di modesta consistenza demografica e ridotta estensione territoriale di provenienza di Arnaldo Forlani – quelle Marche, unica regione al Plurale, con Zona Montefeltrina (PU, da Senigallia a Fossombrone, passando per nevralgica Fano) al Nord, Provincia Dorica da Osimo a Fabriano etc; e Provincia Picena allargata, il Leader nazionale ha inteso offrire sempre una rappresentanza unitaria in Parlamento, inibendo il divampare di arcaiche rivalità territoriali o mai sopiti campanilismi localistici (cfr. disputa Fermo versus Ascoli), assicurando così un peso politico accentuato, in linea col noto brocardo che i “voti si pesano e non si contano” numericamente in via analitica.

In tale iperproblematico contesto le Marche si affermano come regione marginale, ma non periferica, purtuttavia sempre in leggero ritardo con gli appuntamenti della Storia (ex Stato Pontificio, privo in vari capoluoghi di autentici moti risorgimentali e dal secolo XIX dall’indole conformista, propria del ceto impiegatizio; i Maceratesi, marchigiani per antonomasia a Roma, rinomati gabellieri del Pontefice (la stessa famigerata Tangentopoli divampa ad Ancona, nell’agosto 1993, non nel febbraio 92, perdipiù in base a collaborazione delatoria di avvocato faccendiere tal Di Matteo, allora funzionario regionale al Pirellone).

Lucrando i “vantaggi del ritardatario”, le Marche forlaniane vivono, a partire dall’inizio degli anni ’70, un costante inarrestabile processo di sviluppo socio-economico, in controtendenza nazionale ed europea, in quanto in precedenza erano state solo accidentalmente e con disuniformità (cd. macchie leopardo) coinvolte nel “Miracolo economico Nazionale” (1954-1964), incentrato in Triangolo Industriale (TO-MI-GE).

La Regione Marche, senza ingenti sussidi statali (Cassa Mezzogiorno), dà vita all’inedito fenomeno delle PMI, cioè la piccola e media impresa manifatturiera di connotazione prevalentemente artigianale (all’inizio per eludere applicazione statuto lavoratori 1970), per di più a conduzione familiare, che ha una vis espansiva verso nord sino al Veneto intero e al litorale triestino, e verso sud sino in Puglia e alla Basilicata metapontina.

Forlani esce di scena dopo il ben noto interrogatorio – in diretta TV nazionale, in stretto ossequio ai dettami del Circuito mediatico-giudiziario –nel processo al dr. Sergio Cusani, per lo scandalo del finanziamento ENIMONT.

Ebbene chiudo col ricordo personale della prima volta, a inizio giugno 1982, appena maggiorenne, che partecipando da mero spettatore al Congresso nazionale DC, palazzetto sport Roma Eur, ho apprezzato la sottile, pacata oratoria del Nostro Leader marchigiano; Egli intervenendo per illustrare le ragioni di sua ricandidatura a Segreteria Nazionale, a fronte dl coetaneo Ciriaco De Mita, già esponente della Corrente di Base, prima di esser additato quale “filosofo della Magna Grecia” dal Senatore a vita Giovanni Agnelli, debuttando al microfono in ambone centrale, disse: “ Amico, amico Caro Ciriaco, non potrei nutrire altro che sentimento di schietta amicizia…per il mio sfidante..”!

Altri tempi, altri stili, altri temperamenti. Poi dopo Silvio Berlusconi, un altro capostipite della nostra Identità collettiva lascia la scena; speriamo che il suo copione sia riletto spesso nell’immediato prosieguo, giacché l’Italia meloniana e l’Europa di Metzola e Meyer hanno bisogno del “modello Marche”, ma non penso a quello impersonato dal Governatore F. Acquaroli da Potenza Picena, stile veterodemocristiano, come percepita da A. Forlani SIR sr.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Most Popular

Recent Comments

Gianluigi Biagioni Gazzoli on Turiamoci il naso e andiamo a votare
Michele D'Elia on La Domenica del Direttore
Michele D'Elia on Se Calenda ha un piano B