sabato, Luglio 27, 2024
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La scuola, immagine di una società con scarsi valori civili e spirituali, sperimenta la “transizione di genere” con un governo di Centrodestra!

 di Salvatore Sfrecola

Si è discusso a lungo, all’atto della formazione del Governo, intorno al “merito” inserito nella denominazione del Ministero dell’istruzione nell’intento evidente di evocare un impegno dei docenti e degli studenti alla ricerca della migliore qualità della formazione che stimoli i “meritevoli”, appunto. L’Italia si è divisa con il concorso di storici, giuristi e, naturalmente, psicologi ed educatori, richiamando la Costituzione, i suoi valori, le esperienze culturali dei paesi che si ritengono nel settore più progrediti. Sembrava che dovesse scorrere idealmente del sangue tra chi militava nelle diverse barricate. Poi, come sempre accade in questo Paese, non se ne è parlato più.

Ci si è dedicati a temi ritenuti di maggiore attualità, come la provvista di insegnanti in giro per l’Italia e la loro retribuzione nel tentativo di immaginare, ad esempio, soluzioni che consentissero di venire incontro alle esigenze di coloro che sono destinati a prestare servizio in località lontane dalla abituale residenza e dove il costo della vita è più elevato. Molte chiacchiere, come di consueto in questo Paese nel quale è più importante dichiarare e preannunciare piuttosto che fare. Evidentemente contando sull’effetto dell’annuncio, trascurando che, alla lunga, possa essere un boomerang. Perché la gente ricorda.

È un settore chiave quello dell’istruzione. Sembra banale ricordare che è nelle scuole che si formano i futuri cittadini ed i lavoratori ai vari livelli di impegno professionale. E, dunque, la scuola dovrebbe essere la prima preoccupazione di una società, e pertanto della politica. Che, invece, da sempre se ne occupa soprattutto per l’enorme bacino di voti rappresentato da un corpo docente nel quale molto hanno pescato le sinistre in ragione di una diffusa frustrazione che accompagna chi ha un ruolo fondamentale nella società, eppure è retribuito in misura assolutamente inadeguata. E siccome oggi le attività professionali vengono apprezzate per quanto rendono è evidente che agli occhi di molti italiani i docenti valgono poco. Pertanto, possono essere svillaneggiati da genitori e studenti come mai era avvenuto prima. E c’è chi se ne stupisce.

La perdita dell’autorevolezza del corpo docente è un riflesso della perdita di prestigio del ruolo dello Stato, inviso ai più per la sua burocrazia, peggiore agli occhi del cittadino di quanto effettivamente sia, per l’esosità del sistema tributario che per taluni giustifica gli evasori fiscali i quali, d’altra parte, hanno i loro difensori, perché ogni partito tutela una fetta degli evasori, chi i furbetti dello scontrino, chi gli elusori dell’obbligo di rilasciare ricevuta.

Mi ero illuso, ad esempio, che con un Governo di Centrodestra nel quale, almeno in alcuni, è forte lo spirito identitario finisse lo scempio delle bandiere sporche e sdrucite fuori delle scuole, tra l’altro in aperta violazione delle regole che stabiliscono quando le bandiere devono essere esposte e quando ammainate. Ad esempio, quando non ci sono lezioni ed esami. Pertanto, in questi giorni le bandiere, o quel che ne resta, dovrebbero essere ammainate.

Ne ho scritto più volte negli anni ricevendo generale consenso al richiamo alla dignità della scuola, peraltro già perduta con mura e portoni imbrattati nell’assoluto silenzio dei direttori scolastici. Mi attendevo che qualcuno richiamasse tutti al rispetto delle regole. Gli studenti vedendo un tricolore nazionale lindo e pinto, come si dice, forse avrebbero sentito che lo Stato c’è. Perché, mi chiedo, che idea può avere della scuola un giovane che, già all’ingresso del suo istituto, constata il degrado delle mura imbrattate e quella bandiera irriconoscibile? E pertanto è indotto a contestare l’istituzione e le persone che la rappresentano. Anche per programmi dei quali arduo è apprezzare l’utilità. I miei sono stati studi classici. Sono andato a verificare come siano organizzati in alcuni paesi. Ci vuole inguaribile ottimismo per non deprimersi.

Non si intravede la luce, al di là del piccolo cabotaggio delle mancette dall’inevitabile sapore elettorale. Restituire prestigio all’insegnamento e magari favorire un piano straordinario di alloggi da assegnare ai docenti inviati in servizio lontano da casa, come, del resto, fanno da sempre i militari, darebbe vantaggi superiori alle poche decine di euro che non cambiano la vita di chi le riceve.

E così veniamo a sapere dai giornali dell’“’ipotesi di accordo”, predisposta all’oscuro del Ministero, che diventerà definitivo al termine dei controlli del Mef e della Funzione pubblica sulla parte economica, che evidentemente ritiene prioritario portare nella scuola l’“ideologia gender” quella ferocemente contrastata dalla Lega e che, in un’intervista al settimanale Grazia, lo scorso mese di marzo, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, la Presidente del Consiglio aveva palesemente dimostrato di non condividere. Aveva, infatti, spiegato che “Maschile e femminile sono radicati nei corpi ed è un dato incontrovertibile. Tutto questo andrà a discapito delle donne? Credo proprio di sì: oggi per essere donna, si pretende che basti proclamarsi tale, nel frattempo si lavora a cancellarne il corpo, l’essenza, la differenza. Le donne sono le prime vittime dell’ideologia gender. La pensano così anche molte femministe”.

Sono certo che Giorgia Meloni non ha cambiato opinione. Come si pone, dunque, la premier di fronte alla “transizione di genere” disciplinata dal primo contratto nazionale, sottoscritto da questo governo, composto da partiti che hanno sempre considerato la scuola un settore da presidiare nel rispetto dei giovani, i quali non hanno certamente bisogno che gli adulti, i loro insegnanti, confondano loro le idee sulle identità personali.

Infatti, l’art. 21 (“Transizione di genere”, appunto) prevede che “Al fine di tutelare il benessere psicofisico di lavoratori transgender, di creare un ambiente di lavoro inclusivo, ispirato al valore fondante della pari dignità umana delle persone, eliminando situazioni di disagio per coloro che intendono modificare nome e identità nell’espressione della propria autodeterminazione di genere, le amministrazioni riconoscono un’identità alias al dipendente che ha intrapreso il percorso di transizione di genere di cui alla Legge 164/1982 e ne faccia richiesta tramite la sottoscrizione di un accordo di riservatezza confidenziale. Modalità di accesso e tempi di richiesta e attivazione dell’alias saranno specificate in apposita regolamentazione interna, la carriera alias resterà inscindibilmente associata e gestita in contemporanea alla carriera reale”.

Naturalmente in applicazione della nuova normativa contrattuale saranno rivisti i servizi igienici, gli spogliatoi etc: “Divise di lavoro corrispondenti al genere di elezione della persona e la possibilità di utilizzare spogliatoio e servizi igienici neutri rispetto al genere, se presenti, o corrispondenti all’identità di genere del lavoratore”. Gli unici documenti che “non si conformeranno all’identità alias” sono quelli a “rilevanza strettamente personale” e non pubblici ovvero la busta paga, la matricola, i provvedimenti disciplinari o la sottoscrizione di atti e provvedimenti da parte del lavoratore interessato.

Se ne parlerà certamente ancora a lungo. È una trappola che i sindacati, prevalentemente di sinistra, hanno preparato al governo il quale dovrà prendere posizione. Ed è una lesione del diritto di libertà degli studenti e delle loro famiglie ai quali i docenti dovrebbero presentarsi senza palesare le loro idee politiche e, ovviamente, anche le loro tendenze sentimentali o sessuali che rimangono un fatto privato. Rispettabile ma privato. Che, invece, viene ostentato.

Altro che Dio, Patria e Famiglia! I valori spirituali e civili sono del tutto trascurati da chi dovrebbe darsene carico, la Chiesa, lo Stato, la Famiglia. Poi non ci possiamo stupire di quel che leggiamo sui giornali a proposito di violenze e droghe.

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