sabato, Luglio 27, 2024
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Valditara: io, il Ministero e l’ARAN

di Salvatore Sfrecola

Il Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, al quale ho riservato in passato plurimi riconoscimenti per la sua attività di parlamentare e di studioso di diritto romano, ha ritenuto di dover manifestare un deciso disappunto in relazione al mio articolo “La scuola, immagine di una società con scarsi valori civili e spirituali, sperimenta la “transizione di genere” con un governo di Centrodestra!” Ritiene che io abbia sottovalutato il suo impegno negli otto mesi di gestione del Ministero di Viale Trastevere e precisa che l’ipotesi di contratto del personale della scuola, in particolare l’art. 21, che si occupa del “benessere psicofisico di lavoratori transgender” è stato scritto dai sindacati e dall’ARAN senza che il Ministero sia stato coinvolto.

Andiamo per gradi.

Sono stato indotto a scrivere proprio dalla disciplina dei lavoratori “transgender” che ha destato in me alcune perplessità. Ed ho premesso alcune considerazioni, peraltro brevi e generiche, sull’istruzione. Sembra banale, ma è vero, “ricordare che è nelle scuole che si formano i futuri cittadini ed i lavoratori ai vari livelli di impegno professionale”. Ed ho aggiunto che “la scuola dovrebbe essere la prima preoccupazione di una società, e pertanto della politica”.

È un tema ricorrente nelle mie riflessioni, anche con rinvio ad un lavoro che ritengo di condividere (Paola Mastrocola – Luca Ricolfi, “Il danno scolastico, la scuola progressista come macchina della disuguaglianza”). Ed ho scritto più volte, richiamando i ricordi di mio padre e la mia esperienza di studente, di padre e di nonno per sottolineare il costante degrado degli studi. Accertato anche in sede professionale, quando ho potuto constatare il modesto livello di conoscenza della lingua italiana, parlata e scritta, dai discorsi dei politici, dai testi delle leggi e delle sentenze, dagli articoli di giornale. Per non dire della crescente ignoranza della storia, una disciplina cardine della conoscenza che in ogni settore, ci fa comprendere da dove veniamo, nella politica, nell’economia ma anche nelle scienze, nella medicina, nell’ingegneria ecc.. Fa inorridire, come di recente è accaduto, sentire da giovani intervistati da televisioni che l’America è stata scoperta nel ‘900, che lo Stato italiano è nato nel 1890, che la Grande Guerra è dell’inizio del secolo scorso. 

In un recente articolo ho richiamato il programma degli studi dell’Eton College, una scuola superiore fondata da Enrico VI nel 1440, nella quale si formano amministratori pubblici, professionisti e politici di rango del Regno Unito. Lì studiano latino, greco, storia, geografia, storia dell’arte, economia lingue straniere moderne, matematica, biologia, chimica, fisica, informatica. Ampio risalto viene dato anche alle attività extra curriculari, come teatro, musica e sport. Il rapporto fra allievi e insegnanti è di otto ad uno, più basso rispetto alla media delle scuole inglesi. Ogni commento e assolutamente inutile.

Fatta questa premessa, devo dire che non mi è parso di aver trascurato l’impegno del Ministro Valditara che ha assunto il difficile compito di gestire un settore, quello dell’istruzione, al quale il Governo di Giorgia Meloni, dopo decenni di trascuratezza, ha evidentemente riservato una particolare attenzione facendo riferimento al “merito”, “inserito nella denominazione del Ministero dell’istruzione nell’intento evidente di evocare un impegno dei docenti e degli studenti alla ricerca della migliore qualità della formazione che stimoli i “meritevoli”, coloro che s’impegnano nell’apprendimento, come, del resto, sta scritto il Costituzione.

Venendo, poi, “a temi ritenuti di maggiore attualità” ho svolto alcune riflessioni sulla provvista di insegnanti in giro per l’Italia e sulla loro retribuzione nel tentativo di immaginare, ad esempio, soluzioni che consentissero di venire incontro alle esigenze di coloro che sono destinati a prestare servizio in località lontane dalla abituale residenza e dove il costo della vita è più elevato. Di qui la sottolineatura della necessità di “favorire un piano straordinario di alloggi da assegnare ai docenti inviati in servizio lontano da casa, come, del resto, fanno da sempre i militari”, che “darebbe vantaggi superiori alle poche decine di euro che non cambiano la vita di chi le riceve”. 

È stato un tema affrontato dal Ministro Valditara, già all’indomani dell’insediamento nel Palazzo di Viale Trastevere, che ha immaginato risorse aggiuntive per far fronte ad un’esigenza obiettiva. Ho letto delle critiche dei sindacati che hanno accusato il Ministro di voler ripristinare le “gabbie salariali”, una immane sciocchezza a fronte di un problema che andrebbe risolto rapidamente. Ho scritto che sono state fatte “molte chiacchiere, come di consueto in questo Paese nel quale è più importante dichiarare e preannunciare piuttosto che fare”. E Valditara si è risentito. Mi dice che ci sono stati progressi, un accordo, mi sembra di aver capito, in Lombardia. Non ne avevo notizia.

E veniamo all’ipotesi di contratto per la quale la stessa Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ringraziato il Ministro Valditara ed il collega della funzione pubblica, Paolo Zangrillo, “per il grande impegno profuso per raggiungere l’intesa con i sindacati sul rinnovo del contratto del personale della scuola”. “Un risultato – ha aggiunto l’on. Meloni – che conferma l’attenzione del governo e rappresenta un passo in avanti significativo per restituire autorevolezza e dignità a chi è al servizio di un settore cruciale per il presente e il futuro della Nazione”. Sottolineando come l’accordo, che riguarda 1.232.248 dipendenti, riferito al triennio 2019-2021, prevede aumenti mensili di 124 euro per i docenti e di 190 euro per i direttori dei servizi generali e amministrativi. 

Comprendo l’importanza dell’accordo che integra retribuzioni assolutamente inadeguate, direi scandalose, per il ruolo proprio degli insegnanti ai quali con quegli stipendi è impedito di sostenere una famiglia o di aggiornarsi con l’acquisto di libri e riviste, e, pertanto, quelli che possono arrotondano con lezioni private, ma continuo ad essere del parere che, spesso, una categoria, più che un po’ di euro in busta paga, potrebbe gradire servizi che alleggeriscano gli oneri generali della loro vita professionale.

Ma è una mia opinione, immagino poco condivisa.

L’“‘ipotesi di accordo”, predisposta dall’ARAN (l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) d’intesa con le organizzazioni sindacali (unica dissenziente la UIL) è stata da me evocata esclusivamente con riferimento all’art. 21 (“Transizione di genere”) il quale prevede che “Al fine di tutelare il benessere psicofisico di lavoratori transgender, di creare un ambiente di lavoro inclusivo, ispirato al valore fondante della pari dignità umana delle persone, eliminando situazioni di disagio per coloro che intendono modificare nome e identità nell’espressione della propria autodeterminazione di genere, le amministrazioni riconoscono un’identità alias al dipendente che ha intrapreso il percorso di transizione di genere di cui alla Legge 164/1982 e ne faccia richiesta tramite la sottoscrizione di un accordo di riservatezza confidenziale. Modalità di accesso e tempi di richiesta e attivazione dell’alias saranno specificate in apposita regolamentazione interna, la carriera alias resterà inscindibilmente associata e gestita in contemporanea alla carriera reale”.

Il Ministro ha fatto sapere di non avere responsabilità circa l’inserimento di questa clausola. Si tratta infatti di una clausola standard inserita dall’Aran nella parte generale di tutti i contratti della PA sottoscritti nel 2022 e nel 2023, e come tale non discussa con il singolo Ministero. Inoltre il Ministero non partecipa direttamente al tavolo Aran-sindacati.

La norma costituisce certamente un problema. Non per il cambio di identità, previsto dalla legge ma perché, in applicazione della nuova normativa contrattuale, saranno rivisti i servizi igienici, gli spogliatoi etc: “Divise di lavoro corrispondenti al genere di elezione della persona e la possibilità di utilizzare spogliatoio e servizi igienici neutri rispetto al genere, se presenti, o corrispondenti all’identità di genere del lavoratore”. 

Si tratta di persone che, come si esprime la norma contrattuale, hanno “intrapreso il percorso di transizione di genere” e che, pertanto, non si presentano nella nuova identità, tanto è vero che è prevista “la possibilità di utilizzare spogliatoio e servizi igienici neutri rispetto al genere” mentre nessun problema si avrebbe, a transizione avvenuta, per servizi “corrispondenti all’identità di genere del lavoratore”. Insomma, se un uomo è divenuto donna va nei bagni delle donne, non ha bisogno di un servizio igienico “neutro”. Un tertium genus che dimostrerebbe che la transizione non è ancora avvenuta.

La fase delicata della transizione ha, indubbiamente, rilievo nell’ambiente scolastico dove queste persone, in relazione all’autorevolezza del ruolo docente, possono creare sconcerto nei giovani. La norma, dunque, va cambiata escludendo, nella fase del “percorso”, il rapporto con gli studenti. Come queste persone vanno rispettate in funzione del desiderio di cambiare identità ugualmente vanno rispettati gli studenti.

A questo proposito va considerato l’assetto normativo della materia sul quale si è pronunciata la Corte costituzionale con la sentenza n. 269 del 27 dicembre 2022 la quale ha affermato in tema di rettificazione di attribuzione di sesso, l’interpretazione costituzionalmente adeguata della legge n. 164 del 1982 la quale si limita a riconoscere il diritto al cambio di sesso del cittadino che rimane solo ed unicamente un diritto individuale. Ne consegue, a mio giudizio, che non possano essere estesi altri diritti mutuandoli arbitrariamente dalla disciplina dei disabili (la legge 104 del ’92) che prevede tutta una serie di obblighi per le pubbliche amministrazioni, correlati alla situazione di disabilità tra cui i bagni. Pertanto, inserire nel contratto collettivo nazionale di lavoro bagni per i transgender è una pura e semplice operazione ideologica.

Se ne parlerà certamente ancora a lungo. È una trappola che i sindacati, prevalentemente di sinistra, hanno preparato al governo il quale dovrà prendere posizione. Ed è una lesione del diritto di libertà degli studenti e delle loro famiglie ai quali i docenti dovrebbero presentarsi senza palesare le loro idee politiche e, ovviamente, anche le loro tendenze sentimentali o sessuali che rimangono un fatto privato. Rispettabile ma privato. Che, invece, viene ostentato.

Infine, mi sembra che il Ministro Valditara non abbia manifestato dissenso rispetto alla mia osservazione che “la perdita dell’autorevolezza del corpo docente è un riflesso della perdita di prestigio del ruolo dello Stato” e che, in proposito, condivida – anzi mi ha detto che interverrà adeguatamente – sul tema dello “scempio delle bandiere sporche e sdrucite fuori delle scuole, tra l’altro in aperta violazione delle regole che stabiliscono quando le bandiere devono essere esposte e quando ammainate”.

È una mia vecchia battaglia, combattuta in solitario, convinto che “gli studenti vedendo un tricolore nazionale lindo e pinto, come si dice, forse sentirebbero che lo Stato c’è”. E mi chiedevo “che idea può avere della scuola un giovane che, già all’ingresso del suo istituto, constata il degrado delle mura imbrattate e quella bandiera irriconoscibile? E pertanto è indotto a contestare l’istituzione e le persone che la rappresentano”.

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