sabato, Luglio 27, 2024
HomeNEWSUn passetto avanti contro l'evasione fiscale e contributiva di colf e badanti

Un passetto avanti contro l’evasione fiscale e contributiva di colf e badanti

di Salvatore Sfrecola

Nel contrasto all’evasione fiscale (e a quella contributiva) il Ministero dell’economia si ricorda di colf e badanti, settore delicato nel quale è opinione consolidata che il lavoro “nero” abbondi. A volte solo parziale, nel senso che colf o badanti in regola con un datore di lavoro, che assicura loro versamenti contributivi, spesso fanno altri lavoretti “in nero”.

È una iniziativa giusta, anche se tardiva quella del Fisco che, ricorrendo alle banche dati dell’Inps, può facilmente individuare i rapporti in regola e chiedere conto ai percettori dei redditi dell’eventuale mancato pagamento delle imposte. Con una controindicazione facilmente intuibile. È probabile, infatti, che aumenti il lavoro “nero”.

Eppure sarebbe stato semplice disciplinare la materia evitando il nero. Consentire ai datori di lavoro di dedurre dal reddito imponibile una somma pari alla paga ed ai contributi corrisposti al badante. Sarebbe, in primo luogo, un atto di giustizia, perché quella spesa è conseguenza di un’esigenza fondamentale, necessaria ad assicurare a persone che hanno bisogno di assistenza una buona condizione di vita. Per cui viene tassata una somma che loro, in realtà, trasferiscono ad altri che, d’ora in poi, sarà nuovamente tassata.

Il Fisco, infatti, non comprende che è necessario un complessivo riordinamento della disciplina. Nel senso che coloro che si avvalgono della collaborazione di babysitter, colf e badanti sono, a tutti gli effetti, datori di lavoro i quali sostengono, per esigenze personali gravi, spese che incidono pesantemente sulla loro condizione economica, che spesso richiede il concorso di altre persone di famiglia. E come un imprenditore dovrebbero avere la possibilità di dedurre, in sede di dichiarazione dei redditi, le paghe dei loro collaboratori. Così che nessuno avrebbe interesse a mantenere un lavoratore in nero.

Abbiamo trattato più volte questo argomento trascurato dai governi e dal Parlamento nonostante le ripetute affermazioni di attenzione ai problemi delle famiglie. Perché in una società nella quale la maggior parte delle donne lavora, essenziale è l’assistenza ai figli minori e la collaborazione nei lavori domestici, mentre una popolazione che invecchia richiede badanti. Sono centinaia di migliaia, prevalentemente donne dell’Est Europa extra Ue, dell’Asia o dell’America Latina, dedicate ai servizi alla persona o alla famiglia.

Di badanti, in particolare, si è letto più volte a seguito della denuncia di molte famiglie che rivelano di non potersi avvalere della loro collaborazione perché troppo costosa. E se, tra coloro che se ne servono, 800.000 sono regolari, la stima di quanti lavorano in nero è di 910.000 unità. Con conseguente, rilevante evasione fiscale e contributiva.

Basta fare due conti per rendersi conto che, anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una disciplina fiscale inadeguata. Il costo di un badante a tempo pieno, con vitto e alloggio, dopo alcuni anni di lavoro sfiora i duemila euro al mese ai quali vanno aggiunti i contributi, intorno a 800 euro ogni quadrimestre. Un impegno che molti, come si diceva, non si possono permettere e, tra chi può, viene naturale non regolarizzare il badante che, il più delle volte, tra l’altro, non lo desidera affatto, come si è già detto, se ha altri impegni. Quindi per lo Stato oltre al danno, costituito dalle mancate entrate tributarie e contributive, c’è anche la beffa.

C’è, poi, un aspetto importante, quello della qualificazione professionale dei badanti per i quali, a garanzia “dei nostri vecchi”, è necessaria una competenza minima richiesta dagli oneri di assistenza: misurare la pressione arteriosa, fare un’iniezione, rilevare il livello di glicemia, conoscere i medicinali da somministrare, dialogando eventualmente con il medico sui loro effetti. Oggi molti badanti sono privi di qualunque conoscenza in proposito, hanno difficoltà con l’italiano e, pertanto, a leggere e ad interpretare una prescrizione medica. Un problema che sarebbe facile risolvere affidando ad una autorità pubblica, la ASL o la Croce Rossa, il rilascio, al termine di un corso di qualche giorno, di un patentino che attesti queste conoscenze, così dando certezze ai “badati” ed ai loro familiari.

Difficile? Macché! Ma un Fisco ottuso e famelico ha fin qui preteso di riscuotere imposte da badati e badanti e, intanto, favorisce il nero, i soliti furbetti, con effetti negativi sul gettito tributario e contributivo e, soprattutto, diseducativi, quando l’illegalità è favorita dalla stupidità di Stato.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Most Popular

Recent Comments

Gianluigi Biagioni Gazzoli on Turiamoci il naso e andiamo a votare
Michele D'Elia on La Domenica del Direttore
Michele D'Elia on Se Calenda ha un piano B