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La “storia infinita” di un concorso all’Agenzia delle entrate bandito nel 2010 che provoca ancora contenzioso amministrativo

di Salvatore Sfrecola

Immagino che, prima o poi, la Corte dei conti dovrà occuparsi della gestione del concorso a 175 posti di dirigente di seconda fascia a tempo indeterminato, bandito nel 2010 ed ancora oggetto di contenzioso dinanzi al Giudice Amministrativo. Una storia infinita, un unicum nella Pubblica Amministrazione. Era il 2015 quando il Consiglio di Stato annulla il bando nella parte in cui attribuiva rilevanza, in sede di valutazione dei titoli e di colloquio orale, anche agli incarichi dirigenziali conferiti illegittimamente al personale dell’Agenzia sprovvisto della qualifica dirigenziale. Ripreso il concorso a gennaio 2019, le prove orali si sono protratte fino al 30 giugno 2021, con l’approvazione della graduatoria di merito, con 175 vincitori e 120 idonei.

Finalmente, speravano i candidati. Macché. Nel frattempo, l’Agenzia aveva bandito (gennaio 2019), un’altra procedura concorsuale per il reclutamento di 150 dirigenti di seconda fascia che, all’esito delle prove scritte, presenta appena 46 candidati ammessi agli orali. Nella migliore delle ipotesi, dunque, se i 46 saranno promossi, rimarranno almeno 104 posizioni dirigenziali scoperte. 

E qui cominciano le contestazioni in base al principio giurisprudenziale secondo il quale nel caso di necessità di personale, in presenza di posti disponibili, le pubbliche amministrazioni devono prioritariamente procedere allo scorrimento di graduatorie ancora valide. È una regola di buon senso che consente immediate assunzioni con risparmio di tempo e denaro, il costo di un nuovo concorso. È una regola riaffermata dal Consiglio di Stato nell’adunanza plenaria n. 14 del 28 luglio 2011. Del resto sta scritto anche nell’art. 36, comma 1, del d.Lgs. n. 165/2001. 

L’Agenzia, tuttavia, non procede all’assunzione degli idonei. E fioccano i ricorsi. Tra l’altro l’Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in difesa dell’Agenzia nel precedente contenzioso, aveva affermato che, qualora a seguito dell’espletamento del concorso per 150 dirigenti fossero rimasti posti disponibili, l’Agenzia non avrebbe esitato a coprirli attingendo dalla graduatoria relativa al concorso per 175 dirigenti. 

Parole al vento. Lo scorrimento, non c’è stato.

Naturalmente la DIRSTAT, il sindacato dei dirigenti, non è rimasta in silenzio ma si è sentita rispondere che dei posti che residuano (almeno 104), come abbiamo visto, solo alcuni sarebbero disponibili, quelli non vincolati per futuri concorsi da assegnare mediante procedure affidate alla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (S.N.A.). Facile far notare che la previsione dell’intervento della S.N.A. è contenuta in una norma del 2021, che pertanto non si applica ad un concorso bandito a gennaio del 2019. Come ha spiegato anche il TAR del Lazio con la sentenza n. 6362/2024 che, sulla base delle regole che stabiliscono la successione delle norme nel tempo, ha confermato che la nuova disciplina non si applica ai concorsi banditi prima del 17 agosto 2023. Così smentendo anche il parere reso dalla Funzione pubblica, che, per le vie brevi, aveva invitato l’Agenzia ad uniformarsi alla norma della legge come pubblicata in Gazzetta Ufficiale, anche se successiva al bando del concorso. 

In conclusione, se ai 104 posti che residuano dal concorso a 150 posti di dirigente si sommano i posti resi disponibili a seguito dei pensionamenti degli ultimi 2 anni, è possibile assorbire tutti gli idonei della graduatoria del concorso per 175 dirigenti. Con un evidente effetto positivo, sarebbero messi in campo funzionari che hanno superato una selezione su materie di interesse per la funzione che andranno a svolgere. Insomma, sarebbero immediatamente operativi.

Ma l’Agenzia nicchia e gli interessati si sono nuovamente rivolti al TAR del Lazio. Un nuovo giro, nuovi prevedibili accoglimenti, nel filone dei precedenti, e nuove condanne alle spese. Ecco perché ho evocato la Corte dei conti.

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