di Salvatore Sfrecola
Credeva fermamente nelle istituzioni e nel ruolo della Corte dei conti Maurizio Meloni che ieri improvvisamente ci ha lasciato. Presidente onorario della Magistratura contabile aveva svolto all’interno dell’Istituto, nel quale era entrato giovanissimo a seguito di pubblico concorso, già funzionario della Presidenza del Consiglio dei ministri, molteplici funzioni di controllo. Lo ricordo Direttore dell’Ufficio di controllo sugli atti e le contabilità del Ministero del bilancio e per la lunga sua attività svolta quale Consigliere delegato al controllo degli “atti di governo”, una funzione fondamentale per la Corte dei conti che, all’epoca era accentrata in un unico ufficio che aveva così la possibilità di esaminare, con il concorso degli uffici competenti per materia, i provvedimenti governativi di attuazione di leggi di delegazione ed i regolamenti adottati ai sensi della legge n. 400 del 1988.
Maurizio Meloni era legatissimo a questa funzione, fondamentale per il buon governo dell’amministrazione e della finanza, com’è nel ricordo di Giovanni Giolitti, Presidente del Consiglio dei ministri, che per dieci anni era stato Segretario generale della Corte dei conti, che all’epoca svolgeva proprio queste funzioni di controllo sugli atti del governo, i decreti reali. Scrive Giolitti nelle sue memorie che quella sua esperienza gli era stata utilissima quando, successivamente, aveva assunto funzioni di governo, quale Ministro del Tesoro e dell’Interno e poi Presidente del Consiglio.
Meloni sottolineava come il controllo preventivo della Corte dei conti non attestava solamente un fatto meramente formale, la legittimità dell’atto, ma per l’autorevolezza della pronuncia avrebbe evitato possibili contenziosi, sia ad iniziativa di privati che di altre istituzioni in qualche modo coinvolte nei provvedimenti. Ed aveva difeso sempre questo ruolo, anche in tempi recenti, in occasione del dibattito che in sede politica e giornalistica ha accompagnato il discusso disegno di legge Foti, all’esame del Senato e già approvato dalla Camera, che interviene sulle funzioni di controllo della Corte dei conti in modo che lui riteneva avrebbe diminuito le garanzie che, ai sensi della Costituzione, devono essere prestate al governo e all’ordinamento.
Era uno studioso di diritto contabile pubblico Maurizio Meloni, attento alle novità normative e giurisprudenziali, pronto a confrontarsi anche in sede scientifica ribattendo a quanti ritengono che il controllo preventivo abbia un effetto di deresponsabilizzazione dei funzionari dei vari ministeri che, invece, sosteneva dialogavano proficuamente con i magistrati della Corte sia per singoli provvedimenti sia per delineare possibili riforme.
E sull’importanza del controllo richiamava spesso le parole, sempre attuali, del Ministro delle finanze Quintino Sella che, nell’inaugurare la Corte dei conti del Regno d’Italia, il primo giudice civile che estendeva la sua giurisdizione sull’intero Regno, il 1° ottobre 1862, sollecitava i magistrati a “vegliare a che il Potere esecutivo non mai violi la legge; e dove un fatto avvenga il quale al vostro alto discernimento paia ad essa contrario, è vostro debito il darne contezza al Parlamento”.
Vorremmo sentirle ancora di quelle parole, a riprova del senso dello Stato che si richiede a chi temporaneamente riveste pubbliche funzioni.
Non era solo un magistrato professionalmente preparato, capace nella direzione di uffici e nella presidenza della Sezione di controllo a Palermo. Era un collega con il quale si poteva discutere di tutto nella certezza di ricevere buoni consigli e adeguati insegnamenti. Maurizio Meloni è stato anche un importante promotore culturale all’interno della Corte dei conti come responsabile del “Gruppo di presenza cattolica” che ne ha ricordato “la figura di altissimo profilo umano e professionale, (che) ha dedicato con generosità la propria vita al servizio delle istituzioni, promuovendo con coerenza e passione i valori cristiani e la dignità della persona in ogni ambito del suo operato.
La sua instancabile attività di magistrato, la sua fede profonda e il suo entusiasmo contagioso hanno rappresentato un punto di riferimento per la nostra comunità di lavoro, lasciando un’impronta indelebile nel cuore di chi ha avuto il privilegio di collaborare con lui.
Coniugando rigore professionale e testimonianza cristiana, ha incarnato un modello di servizio orientato al bene comune, che continuerà a ispirare il cammino del nostro Gruppo.
La sua eredità continuerà a vivere nel cuore di tutti coloro che lo hanno conosciuto e nelle attività del Gruppo, che proseguiranno nel solco da lui tracciato.
Ci uniamo nella preghiera alla sua famiglia, ai suoi cari e a quanti lo hanno stimato, nella certezza che il Signore lo accoglierà nella luce della Sua misericordia”.
A lui si deve l’organizzazione di incontri di studio su temi di interesse generale, con il concorso di importanti personalità delle istituzioni. Ricordo quelli di Monsignor Cesare Nosiglia, poi arcivescovo di Torino, sulla Giustizia, del Cardinale di Genova, Angelo Bagnasco, e da ultimo un convegno di qualche mese fa con l’intervento del Cardinale Matteo Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e del Presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano, attività seguitissime all’interno dell’Istituto.
I lettori di Un Sogno Italiano, che Maurizio seguiva costantemente, sono accanto alla moglie Anna Maria e alla figlia Alessia con l’affetto dell’antica amicizia.