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Il Parlamento, la Corte costituzionale e l’interpretazione della legge (a proposito di un giudizio sulle nomine dei funzionari delle agenzie fiscali)

Il Parlamento, la Corte costituzionale e l’interpretazione della legge (a proposito di un giudizio sulle nomine dei funzionari delle agenzie fiscali)

di Salvatore Sfrecola

Il tema dell’interpretazione delle leggi, ai fini della verifica della loro “legittimità costituzionale”, è da tempo oggetto di approfondimenti in dottrina in quanto sembra a taluno che la Consulta talora ricerchi il parametro di costituzionalità di una legge al di fuori della stessa Costituzione, al punto da sfiorare il merito, cioè la scelta che è esercizio della discrezionalità politica del legislatore che ha un solo limite, il rispetto dei principi scritti in Costituzione. Ad ingenerare il dubbio che la Corte tenda non di rado ad estendere il suo sindacato sull’uso del potere discrezionale delle Camere è una recente ordinanza della Consulta, adottata nell’udienza del 25 febbraio 2020 (Pres. Cartabia, Rel. Zanon) nel corso della quale è stato preso in esame un giudizio promosso dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione seconda ter (ordinanza n. 167 del 3 giugno 2019, pubblicata sulla G.U del 16 ottobre 2020) che, richiamando anche precedenti pronunce della stessa Consulta, dubita della costituzionalità dell’art. 1, comma 93, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018) il quale prevede, per le agenzie fiscali, l’istituzione di posizioni organizzative “per lo svolgimento di incarichi di elevata responsabilità, alta professionalità o particolare specializzazione, ivi compresa la responsabilità di uffici operativi di livello non dirigenziale” e le modalità del loro conferimento.

L’ordinanza cui si è fatto cenno provvede alla nomina di esperti, facoltà introdotta solamente l’8 gennaio 2020 tra le “Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale” con delibera del Presidente della Corte, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 22 gennaio. Deliberata e subito applicata. La Corte ha nominato due periti, il professor Elio Borgonovi e il dottor Vieri Ceriani, che ascolterà in Camera di Consiglio il prossimo 27 maggio, ai quali chiede “ulteriori e specifiche informazioni in relazione alle esigenze organizzative delle agenzie fiscali, alle mansioni assegnate al personale e alle modalità di selezione dello stesso, con particolare riferimento a presupposti e ricadute della introduzione delle cosiddette posizioni organizzative di elevata responsabilità” (POER).

“Modalità di selezione”, e questo è certamente diritto, oggetto appunto del giudizio di costituzionalità promosso dal TAR, tra l’altro con rinvio a precedente giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza n. 37 del 2015 che già aveva censurato analoghe modalità di reclutamento. Il giudizio di costituzionalità, infatti, è di stretta legittimità, come si legge nell’art. 134 Cost. e nell’art. 28 della legge n. 87/1953, sui giudizi di costituzionalità, secondo il quale “il controllo di legittimità della Corte costituzionale su una legge o un atto avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento”. Un limite che va stretto ai seguaci della “giurisprudenza creativa” per i quali i parametri di legittimità sono molto labili, vanno al di là della stessa Carta fondamentale, in quanto oggi – ha scritto l’ex Presidente della Corte Paolo Grossi “abbiamo il dovere di dubitare, fondatissimamente, di quel principio di gerarchia delle fonti che, ai tempi in cui ero studente di Giurisprudenza, ci veniva insegnato come un dogma”. È l’orientamento interpretativo che ha dato luogo a quella che è stata definita “giurisprudenza creativa” che fa dubitare di un principio, al quale i cittadini guardano con fiducia, della certezza del diritto.

Deborderebbe, dunque, la Corte se valutasse le “esigenze organizzative” delle agenzie fiscali, le quali identificano una questione di merito, di natura squisitamente politica, che non compete alla Corte per l’ovvia considerazione che ogni esigenza organizzativa di una struttura amministrativa può essere soddisfatta in vari modi, legittimi o meno. E comunque non si potrebbe pervenire alla conclusione che sia costituzionalmente legittimo il reclutamento di personale, comunque previsto e realizzato, anche se in astratto idoneo a soddisfare “esigenze organizzative”, quando le modalità della selezione contrastassero, come sospetta il TAR, con i principi costituzionali racchiusi negli artt. 3 e 97, ultimo comma, della Costituzione, i quali prescrivono la regola del concorso, pubblico ed aperto, per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (TAR Lazio n. 2080/16 che richiama Corte costituzionale sentenze n. 99 del 2012 e n. 293 del 2009). La disposizione censurata, infatti, aggira tale regola consentendo l’accesso ad un ruolo e, comunque, ad un inquadramento giuridico diverso da quello rivestito senza pubblico concorso realizzando una vera e propria progressione di carriera verticale per i dipendenti appartenenti alla terza area (ammessi alla selezione) proprio perché la nuova funzione è caratterizzata dall’esercizio di poteri non riconducibili all’area in esame. Un sistema che previlegia gli interni a danno della più ampia selezione, come nell’interesse della P.A..

Ricorda il TAR che, con la sentenza n. 37/2015, la Corte costituzionale ha precisato che non solo il conferimento di incarichi dirigenziali ma “anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta “l’accesso ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni più elevate ed è soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola del pubblico concorso (sentenza n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009)”.
Quella all’esame della Consulta, caratteristica di un modo politico di gestire le promozioni, è, dunque, una questione di diritto sulla quale i 15 giuristi che compongono il Collegio giudicante, provenienti dalle magistrature superiori, dalle università, dall’avvocatura, possono sicuramente pronunciarsi alla luce della Costituzione, senza l’ausilio di esperti. A tacere della inopportunità della scelta del dottor Vieri Ceriani, già Capo del servizio rapporti fiscali della Banca d’Italia, che sicuhanno ramente è un esperto, ma è stato sottosegretario del governo Monti e Consigliere per le politiche fiscali del ministro Padoan, il Ministro che più volte è stato accusato di non aver vigilato sulle agenzie fiscali proprio in materia di procedure di assegnazione delle precedenti posizioni organizzative nate dalla fervida fantasia di ambienti politici che da tempo condizionano l’attività delle agenzie fiscali.

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