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S’ode a destra uno squillo di tromba. Da “Il Borghese” un richiamo ai valori del pensiero conservatore europeo

di Salvatore Sfrecola

È stato il grande giornale della destra anticonformista, il settimanale di Leo Longanesi, che lo creò nel 1947, poi diretto da Mario Tedeschi, con Gianna Preda redattore capo e vice direttore, che nel tempo si è avvalso delle firme più prestigiose di un vasto comparto intellettuale, da Indro Montanelli a Giuseppe Prezzolini. Per anni ha alimentato la polemica politica, con inchieste giornalistiche e commenti sugli avvenimenti dei partiti e dell’economia. Riprese le pubblicazioni grazie all’iniziativa di Luciano Lucarini, l’editore di Pagine, con la direzione di Claudio Tedeschi, figlio di Mario, dal fascicolo di marzo Il Borghese è firmato da Giuseppe Sanzotta, un giornalista di vasta esperienza, Direttore de Il Tempo, ed oggi anche del quotidiano on-line Gli Italiani (www.italianioggi.it), il quale si propone di rinnovare nella tradizione quella che definisce una “affascinante avventura”. Affiancato da un Comitato editoriale composto da intellettuali come Massimo Magliaro, Adriana Poli Bortone, Mario Bernardi Guardi, Mario Bozzi Sentieri, Michele Rallo, Nazzareno Mollicone, con i collaboratori di sempre e nuove firme, “nel tentativo di fare di questa rivista uno strumento di analisi, di riflessione e di notizie capaci di apportare idee e proposte a una Destra matura per la guida del Paese”. Perché, aggiunge Sanzotta, “la vita politica ha bisogno di idee forti, di un’idea di Paese, ha bisogno di prospettive, perfino di un sogno”. E noi che abbiamo intitolato questo giornale “Un sogno italiano” siamo, per definizione, pronti a riflettere, convinti da sempre che le forze politiche italiane debbano ritrovare la loro anima, quei riferimenti alla filosofia politica, alle idee alle quali per anni si erano ispirate e senza le quali la vita dei partiti diventa una aspettativa di poltrone.

Le dimissioni recenti di Nicola Zingaretti da Segretario del Partito Democratico ne sono la prova più evidente perché quella decisione il Presidente della Regione Lazio l’ha motivata proprio per aver constatato che a momento della formazione del Governo di Mario Draghi la polemica interna a Largo del Nazzareno aveva percorso soprattutto la strada delle poltrone ministeriali da spartire tra le vare correnti. Perché quel partito, dal quale noi siamo lontani mille miglia, ma che aveva una tradizione e si ispirava al pensiero del socialismo italiano ed europeo ha perduto ogni riferimento ideale, quello che coltivava nella società anche attraverso la partecipazione alla vita culturale del Paese e delle varie componenti professionali e territoriali, le varie associazioni, sempre definite “democratiche”, aggettivo che nascondeva le iniziative guidate da via delle Botteghe Oscure, antica sede del Partito Comunista Italiano, in materie di giustizia, informazione, scuola e via discorrendo.

Zingaretti ha voluto denunciare la rissa sull’assegnazione delle poltrone di ministro e sottosegretario che evidentemente sentiva avrebbe contribuito a quel trend negativo che accompagna il PD dal 2008, aggravato durante l’esperienza del Governo Conte 2 sorretto insieme al Movimento 5 Stelle dal quale aveva detto, alla vigilia delle elezioni del 2018, che sarebbe stato lontano. Come dall’ipotesi Draghi, respinta fino alla vigilia, per essere poi accolta a braccia aperte, evidentemente nella convinzione che è meglio qualche posto di governo in meno, a causa dell’intervento della Lega, che rischiare il confronto elettorale con buone probabilità di perdere ancora consensi, probabilmente in favore del partito di Beppe Grillo.

Tuttavia, lo squallore ideologico che è il male oscuro della politica italiana, non è solamente della sinistra ex comunista. Sanzotta ricorda che un tempo “c’erano valori e tradizioni che davano anima a ogni forza, allora si chiamavano ideologie. Ora potremmo chiamarli valori, ma erano le ragioni profonde che animavano il personale politico, che si sentiva rappresentante di quel mondo”. E di fronte allo scandalo dei voltagabbana, un fenomeno che ha coinvolto decine di parlamentari nelle ultime legislature, sintomo di grave crisi di idee e di ideali che Il Borghese ha “la presuntuosa ambizione di combattere”. A fianco delle forze che a destra “fanno dei principii, la forza trainante e lo strumento per selezionare la classe politica”. E fa l’esempio di Fratelli d’Italia, partito che certamente ha dimostrato coerenza e, anche per questo, è stato premiato. C’è, poi, la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi e Antonio Tajani, l’una che continua ad essere ispirata ad un concetto di autonomia territoriale, espressione edulcorata di un federalismo antistorico, che ignora i valori dell’unità nazionale, non solamente come riferimento ideale ma come spinta allo sviluppo economico del Paese. L’altro Forza Italia troppo ancorato al carisma del leader del quale è evidente la consunzione in ragione dell’incedere degli anni.

Ci sono, poi la Destra Liberale di Giuseppe Basini e Anna Cinzia Bonfrisco, che si è ritagliata uno spazio nella Lega e guarda a Matteo Salvini ma anche a Gianfranco Giorgetti e a Riccardo Molinari. Vorrebbe far valere la storia del liberalismo italiano, di Gobetti, di Croce, di Einaudi.

C’è, poi, la vivace iniziativa di Giuseppe Valditara, già senatore di Alleanza Nazionale, che anima “Lettera 150”, un movimento, adesso anche una rivista on-line (www.lettera150.it) che, nata nell’ambito di ambienti universitari e professionali, dell’avvocatura e delle magistrature, porta avanti un discorso autenticamente liberale, riformatore sfornando a getto continuo documenti con proposte che trovano ospitalità sui giornali, da Il sole-24 Ore al Corriere della Sera a Libero a Il Giornale.

Si potrebbe dire, ricordando una celebre strofa del coro di Alessandro Manzoni ne Il Conte di Carmagnola “s’ode a destra uno squillo di tromba”. Che sia capace di rianimare il dibattito politico che, ricordo sempre, deve puntare ad affermare una presenza effettiva e concreta nella società perché vincere le elezioni è relativamente facile, governare è sempre difficile. Perché non sia ancora “Un’occasione mancata”. Come quando il Centro destra di Berlusconi e Fini, avendo governato con amplissima maggioranza dal 2001 al 2006, perse le elezioni per poco più di 20 mila voti!

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