martedì, Ottobre 15, 2024
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Il Governo vorrebbe prorogare al 2026 l’irresponsabilità in caso di danno erariale

di Salvatore Sfrecola

Ha certamente ragione Fernanda Fraioli, magistrato della Corte dei conti, in sede di appello, una lunga esperienza nelle funzioni requirenti, docente in scuole di formazione amministrativa, nel rilevare che “Prorogare le norme sul danno erariale allenta la vigilanza sugli sprechi”, come titola il suo articolo per Il Tempo di oggi.

Infatti, dal documento con il quale sono state anticipate le misure che si intendono adottare per rendere la Pubblica Amministrazione maggiormente efficiente si legge di “norme soft su abuso d’ufficio e danno erariale fino al 2026”. In sostanza con mantenimento della norma che esclude la responsabilità per “colpa grave” in caso di danno erariale, contenuta nell’art. 21 del decreto legge Conte del 16 luglio 2020, n. 76, che prevede la disciplina derogatoria fino al 31 dicembre 2021. Portandola al 2026 si coprirebbe l’intero periodo del recovery plan. Osserva la dottoressa Fraioli che “fin qui sembrerebbero innovazioni accomunate tutte dall’efficientamento della macchina pubblica… Sennonché, quella che viene definita “la liberazione dei dirigenti dalla paura della firma” a costoro promessa, ha tutt’altra natura ed incidenza sull’efficientamento della macchina pubblica. E, forse sarebbe opportuno che la collettività in nome della quale la P.A. agisce, fosse resa edotta in merito. Perché se la contrazione dei termini per l’ingresso di nuove leve o la dimestichezza con le tecnologie informatiche non presentano che risvolti positivi per gestori e destinatari di servizi, non altrettanto è a dirsi per l’inserimento di norme soft e in materia di danno erariale. Come ogni medaglia anche questa “paura” ha il suo rovescio che è facile che non si percepisca, se non viene fatta adeguata luce in merito. Ai più acculturati, non necessariamente addetti ai lavori, non sfuggirà. Ma la collettività è composta dai più svariati soggetti che, per il solo fatto di appartenervi come cittadini, hanno, quantomeno il diritto di comprenderne il significato. Questo rovescio, molto banalmente, è l’impossibilità o l’elevatissima difficoltà di perseguire l’eventuale sperpero del consistente ammontare di risorse pubbliche messo a disposizione proprio per affrontare le necessità del momento pandemico. Se da un lato, quindi, si ritiene opportuno alleggerire emotivamente gli operatori pubblici, dall’altro si corre il rischio di lasciare sguarnita di tutela tutta la pletora di cittadini che non amministrano, ma sono i naturali destinatari dell’ operato dei gestori. Sono gli stessi che, in questi giorni, si stanno banalmente chiedendo, non soltanto perché i banchi a rotelle sono finiti, inutilizzati, nei sottoscala delle scuole; di cosa ne sarà delle mascherine non a norma o di qualche furbetto del vaccino di troppo, ma anche chi ne risponderà, ben sapendo che la richiesta di giustizia è un sacrosanto diritto perché è in loro nome che viene amministrata”.

Lunga ma esauriente la citazione. Chi pagherà per gli sprechi di denaro pubblico conseguenti all’acquisto di banchi rimasti inutilizzati o di mascherine non a norma? La risposta è nessuno, assolutamente nessuno, a meno che non emergano fatti di corruzione tali da muovere l’azione delle Procure penali. Ma, in ogni caso, nessun risarcimento del danno allo Stato, che è un danno subito dai cittadini i quali avendo pagato le imposte, e pertanto alimentato il bilancio dello Stato, vorrebbero vedere puniti i responsabili degli sprechi e risarcito il danno.

La dottoressa Fraioli non lo dice, ma in realtà come abbiamo scritto più volte, anche sulla base dell’esperienza personale fatta in responsabilità di collaborazione ministeriale, la “paura della firma” è soprattutto frutto dell’incompetenza di alcuni soggetti che operano nell’ambito della Pubblica Amministrazione. E questo è conseguenza di una serie di promozioni facili, di nomine fiduciarie, del riconoscimento di mansioni che effettivamente nessuno aveva svolto, dei passaggi di qualifica che nel corso del tempo hanno portato nelle aree decisionali della Pubblica Amministrazione soggetti privi della necessaria professionalità ed esperienza.

La paura della firma non è dovuta all’aggressività delle Procure regionali della Corte dei conti, gli uffici giudiziari competenti a chiamare in giudizio i sospetti di danno erariale, ma all’inadeguatezza di molti funzionari della Pubblica Amministrazione, come dimostra la estrema lentezza degli adempimenti richiesti e l’incapacità, frequentemente rilevata, di dar corso a progetti europei.

Per essere onesti fino in fondo non possiamo trascurare che qualche azione dissennata ad iniziativa di alcune Procure contabili possa essere stata strumentalizzata per richiedere al decisore politico le norme che sostanzialmente determinano una vasta area di impunità. Traspare anche dalle parole del Presidente del consiglio, Mario Draghi, nell’indirizzo di saluto in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte dei conti e dell’insediamento del suo nuovo Presidente, Guido Carlino, che questo tema sarebbe stato trattato con una maggiore ponderazione. Nell’occasione, con molta chiarezza il Presidente del Consiglio, che ho scritto sembrava Cavour, nel richiamare l’importanza degli investimenti consentiti dai finanziamenti europei ha sottolineato come essi debbano essere “ben scelti e ben eseguiti” in ragione della “straordinaria prova di fiducia” dell’U.E. in una relazione che individua due parole chiave “fiducia e responsabilità. Fiducia tra istituzioni e persone che le compongono, responsabilità nei confronti dei cittadini”. E occorre evitare, aveva aggiunto, “gli effetti paralizzanti di quella che viene chiamata la “fuga dalla firma”, ma anche regimi di irresponsabilità a fronte degli illeciti più gravi per l’erario”. Infine, richiamando “alcuni interventi normativi adottati la scorsa estate (che) hanno affrontato, in maniera però temporanea, queste criticità” ha concluso affermando che “ora bisogna andare oltre le schermaglie normative, verificando gli effetti delle nuove disposizioni, ma soprattutto lavorando per costruire un solido rapporto di collaborazione tra pubblici funzionari e Corte dei Conti”.

Perché allora prorogare l’irresponsabilità al 2026? Draghi si è dimenticato di Cavour? O è Brunetta che forse non lo ha letto.

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