venerdì, Aprile 19, 2024
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Riformare l’azione disciplinare per garantire l’indipendenza dei magistrati

di Salvatore Sfrecola

Alla vigilia della Camera di consiglio che dovrà decidere sulla richiesta di trasferimento d’ufficio e di funzioni del Pubblico Ministero di Milano Paolo Storari, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (C.S.M.) è stata terremotata dalla astensione di ben 5 componenti che, in qualche modo, erano stati informati in anteprima del contenuto dei verbali dell’avvocato Pietro Amara nei quali veniva svelata l’esistenza della presunta loggia segreta Ungheria. Quando Piercamillo Davigo, che aveva ricevuto i verbali da Storari, li consegnò ad alcuni componenti del Consiglio Superiore, a cominciare dal Vicepresidente David Ermini, questi ne hanno ovviamente discusso tra loro facendosi un’idea della legittimità della scelta fatta dal Pubblico Ministero milanese, sì che obiettivamente si sarebbero trovati in una condizione quantomeno imbarazzante all’atto della decisione che la Sezione disciplinare è chiamata ad assumere.

La vicenda, anche se l’istituto dell’astensione è espressione ordinaria della condizione dei soggetti chiamati a giudicare, pone un problema più ampio, quello del ruolo del C.S.M. nell’esercizio dell’azione disciplinare. La polemica antica mette in risalto come, trattandosi di un organo di natura lato sensu politica, in quanto composto da soggetti eletti, dal corpo dei magistrati per l’intermediazione delle correnti organizzate, e dai partiti, attraverso il voto del Parlamento, per quanto riguarda i membri laici, fa emergere il tema della neutralità dell’organo e, conseguentemente, della immagine pubblica dell’esercizio di questa attività estremamente importante. Per cui tornano all’attenzione proposte di una nuova disciplina dell’esercizio dell’azione disciplinare, con affidamento di questo delicatissimo ruolo ad un collegio effettivamente terzo. Da ultimo se ne è fatto portavoce il Professore Sabino Cassese il quale, in un’intervista a Il Giornale ha affermato che “il modo migliore per assicurare indipendenza e imparzialità non solo rispetto al potere esecutivo, ma anche nei confronti del corpo della magistratura” sarebbe quello di togliere la funzione disciplinare dei magistrati al C.S.M. per attribuirla “ad un organismo terzo”. Perché, come già accennato, l’immagine di giudici “che giudicano sé stessi” è certamente negativa agli occhi dell’opinione pubblica, anche perché in quella sede spesso è parso che contassero più le appartenenze alle correnti che i torti e le ragioni. L’esercizio della funzione disciplinare rimessa ad un organismo dotato di evidente terzietà, in particolare, assicurerebbe una immagine di “indipendenza e imparzialità non solo rispetto al poter esecutivo, ma anche nei confronti del corpo della magistratura”.

È una tesi assolutamente condivisibile che dovrebbe essere oggetto di una immediata riforma legislativa in questo momento difficile per i rapporti fra magistratura e opinione pubblica, in modo da restituire alla giustizia e ai giudici quell’immagine di indipendenza e neutralità che i cittadini desiderano per la Magistratura. Le ipotesi di riforma sono varie, ma poiché il tema riguarda non soltanto la magistratura ordinaria ma, sia pure in misura ridotta in relazione alla diversa consistenza numerica, anche la magistratura amministrativa e quella contabile, sarebbe opportuno prevedere per legge l’istituzione di un organismo ad hoc, formato di soggetti provenienti da tutte le magistrature, non eletti ma sorteggiati sulla base di criteri che consentano la presenza di tutte le anzianità e le funzioni, per dare alla funzione disciplinare, che incide sulle carriere e sull’immagine del singolo magistrato, una connotazione che sia effettivamente improntata alla massima indipendenza. Il Collegio potrebbe essere integrato, altresì, da docenti universitari di diritto sorteggiati tra tutti i titolari di cattedra negli atenei italiani.

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