martedì, Ottobre 15, 2024
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“Fratelli d’Italia” ripercorre l’esperienza finiana di apertura al mondo liberale e cattolico?

di Salvatore Sfrecola

Impegnati a descrivere ed a commentare i tragici eventi di Kabul e il quotidiano bollettino del Covid-19, i giornali non hanno trovato il tempo di soffermarsi sul passaggio da Forza Italia a Fratelli d’Italia di due personaggi, molto diversi tra loro ma rappresentativi di realtà culturali che arricchiscono il partito di Giorgia Meloni al quale sembra giovare sempre più il ruolo di unica opposizione al Governo Draghi e, pertanto, premiato dai sondaggi.

Nei giorni scorsi ha lasciato il partito di Silvio Berlusconi il senatore Lucio Malan, esponente di spicco di Forza Italia fin dalla costituzione del partito, già Vicepresidente vicario del gruppo al Senato, componente della Commissione affari costituzionali. Classe 1960, piemontese di Luserna San Giovanni, in Parlamento dalla XII legislatura, Malan è una personalità di rilevante spessore. Valdese, docente di lettere, una rilevante presenza nel mondo dello sport, molto attento alle tematiche legalitarie istituzionali ed a quelle familiari e dell’infanzia, oppositore fermo del ddl Zan, Malan è anche Presidente dell’Associazione Italia-Taiwan. È spesso chiamato ad intervenire nelle trasmissioni televisive di approfondimento in ragione della sua capacità di sintesi e della determinazione con la quale manifesta le sue idee.

Di seguito, giusto due giorni fa si è saputo dell’adesione a Fratelli d’Italia dell’avvocato palermitano Michele Pivetti Gagliardi, brillante penalista, docente universitario e alto dirigente dell’Unione Monarchica Italiana, vicino al Presidente, l’Avvocato Alessandro Sacchi, storico esponente dell’ala aostana dei monarchici italiani.

L’adesione a FdI di due personalità molto diverse riporta alla mente un indirizzo assunto in anni lontani dal Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante e poco più di 20 anni fa da Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, quello di aprire le porte della cittadella della destra “dura e pura”, troppo spesso accusata di raccogliere prevalentemente “nostalgici” del regime fascista, ad espressioni politiche del mondo liberale e cattolico, comprese quelle che coltivano un riferimento istituzionale alla eredità politica e culturale del Regno d’Italia, con forte impronta unitaria. Fu, infatti,Gianfranco Fini a dare grande rilievo, nella neonata Alleanza Nazionale, ad una personalità della cultura liberale come Domenico Fisichella, espressione tra le più significative del pensiero conservatore, docente universitario di fama internazionale, titolare della cattedra di Scienza della politica a “La Sapienza” di Roma, che sarà a lungo Vicepresidente del Senato. Di Fisichella si ricorda la battaglia parlamentare contro le ipotesi federaliste di matrice leghista ed oggi un vivace impegno culturale nell’evocare, in una collana di scritti che cura per l’editore romano Pagine, il pensiero e l’opera dei “costruttori” dello Stato e dei filosofi conservatori, come Joseph De Maistre.

Nello stesso periodo Fini chiamava accanto a sé il senatore democristiano Learco Saporito, campano, docente universitario di Diritto degli enti locali a Teramo, noto per la grande capacità di conciliare iniziative parlamentari dei diversi partiti nel settore del pubblico impiego e delle magistrature amministrative. A Saporito, che sarà Sottosegretario alla funzione pubblica, Fini aveva anche affidato il delicato compito di predisporre lo staff che lo avrebbe assistito nell’esperienza di Vicepresidente del Consiglio a Palazzo Chigi.

Prendeva, dunque, corpo, all’inizio degli anni 2000, quell’apertura ad elementi della destra politica e culturale, provenienti dal mondo cattolico e liberale, che hanno “sdoganato”, come è stato detto, Alleanza Nazionale ed assicurato successo al partito che, con la svolta di Fiuggi, aveva fatto un passo avanti oltre l’esperienza del M.S.I. per presentarsi come espressione di una destra moderna, conservatrice, democratica alla stregua degli analoghi partiti europei. Poi il contrasto con Berlusconi, esploso dopo la deludente esperienza del governo del 2001-2006 (“Un’occasione mancata”, secondo il titolo di un fortunato libro che quell’esperienza ha approfondito), ha azzoppato l’esperienza finiana in termini sui quali ancora si discute.

Che Giorgia Melonimiri ad aprire le braccia ad ambienti che nella destra hanno maturato esperienze variegate nel mondo liberale e cattolico, di matrice conservatrice, un filone culturale e politico nel quale la leader di Fratelli d’Italia si muove con disinvoltura, anche quale Presidente del Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei?

Forse è presto per dirlo. Perché se una rondine non fa Primavera, forse due, il piemontese Malan ed il siciliano Pivetti Gagliardi, provenienti da due aree culturali diverse, pur maturate entrambe in Forza Italia, costituiscono un segnale significativo che può dare solidità alle ambizioni dell’on. Meloni a capo di un partito che indubbiamente nel Centrodestra ha il vantaggio di fruire di un radicamento nazionale e di non avere nelle ali il piombo della pregressa stagione dell’“indipendenza della Padania”, che pesa molto nel partito di Matteo Salvini quando si affaccia a Sud di Roma.

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