domenica, Novembre 3, 2024
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Verso una destra dei doveri

di Salvatore Sfrecola

È in corso da tempo una riflessione a destra sul senso da dare a questa espressione politica, ai valori ai quali storicamente si ricollega, la libertà innanzitutto, accompagnata da responsabilità e dunque dal senso del dovere, dal senso dello Stato, all’ordine, al riconoscimento del merito. Perché non basta dirsi di destra per incarnare i valori che tradizionalmente appartengono a questa visione della società e della storia.

Vi fa espresso riferimento, in un articolo di questa mattina, pubblicato da Libero, Giuseppe Valditara, professore di Istituzioni di diritto romano a Torino, già parlamentare, una vasta cultura storica, politica e istituzionale, che ne fanno da tempo un riferimento, tra i più autorevoli, della destra italiana. Polemista arguto, oratore forbito, Valditara è il promotore di “Lettera 150”, il Think Tank che vede impegna docenti universitari delle più diverse discipline e liberi professionisti, nell’approfondimento delle tematiche di più immediata attualità con riguardo ai diritti ed ai doveri che accompagnano questo particolare momento storico nel quale l’epidemia da Covid ha fiaccato l’economia e limitato le libertà personali e collettive in ragione di esigenze di carattere sanitario generalmente condivise. Una condizione dalla quale l’Italia si va gradualmente emancipando, non senza tentennamenti dovuti all’evoluzione dei numeri che marcano l’andamento dell’epidemia, non sempre rassicuranti, mentre il Governo mette in campo misure dirette alla ripresa delle produzioni e dei commerci e alla normalizzazione delle condizioni di vita, in un contesto territoriale ed ambientale che quasi ovunque facilita l’aggregazione per le più diverse ragioni, sportive, di studio, turistiche.

In questo contesto si sviluppa un confronto politico serrato tra i partiti nell’imminenza di importanti scadenze elettorali amministrative, nella Capitale e in importanti città, da Torino a Milano a Napoli, ed in vista dell’elezione del Capo dello Stato, all’inizio del 2022, guardando comunque al rinnovo delle assemblee legislative della primavera del 2023. Ognuno con il proprio armamentario ideologico e programmatico, con richiamo ai valori ai quali le forze politiche si ispirano o dicono di ispirarsi. Infatti, se la campagna elettorale per il rinnovo dei sindaci e dei consigli comunali ha ad oggetto problemi specifici delle comunità, la raccolta dei rifiuti urbani, il traffico, l’arredo urbano, tutte queste scelte passano inevitabilmente sotto la lente d’ingrandimento delle “ideologie”.

Ritornano, pertanto, prepotentemente i riferimenti ideali, o ideologici, alla base dei programmi di partito, evidenti nei dibattiti di questi giorni, anche quando si parla degli specifici problemi delle città. Perché di accoglienza e diritti, variamente declinati, sono ricchi i confronti televisivi e le riunioni di partito aperte all’attenzione della stampa. Si parli della vicenda dell’Afghanistan, della confusa e poco dignitosa ritirata dell’esercito U.S.A., dell’abbandono di quanti si erano esposti a fianco delle strutture militari e di assistenza civile posti in essere dalle truppe N.A.T.O. i partiti cercano comunque di marcare le distinzioni.

Sul piatto anche il contesto che emerge dal confronto tra Occidente libero e Califfato islamico, con sulla ribalta attori che appaiono lontani dalle tradizioni liberali delle quali i paesi dell’Europa e gli Stati Uniti si sentono difensori. La Cina, la Turchia e la Russia, che sia affacciano sullo scenario medio orientale per condizionare il futuro di quelle regioni hanno una ben diversa concezione dei diritti, non solo di quelli pubblici, ai quali le democrazie liberali massimamente tengono, ma anche di quelli privati, familiari, come abbiamo visto anche in Italia quando una giovane musulmana ha provato ad esercitare un diritto elementare, che per le nostre ragazze non è in discussione, quello di formare una famiglia con l’uomo che amano, non con quello imposto dai genitori. Un mondo lontano mille miglia dal nostro, se si considera che la “disobbedienza” è addirittura punita con la morte.

Valditara ripercorre alcuni aspetti delle tradizioni politiche del secolo scorso fino a quelle più vicine, senza trascurare quella che definisce “iperfetazione dei diritti umani”, effetto di “una visione narcisista e individualista delle libertà” della quale è un esempio la rivendicazione del diritto a non vaccinarsi, così mettendo in forse non solo la propria ma anche l’altrui sicurezza. In una forma di ribellismo organizzato, anarcoide certamente conseguenza della perdita di autorevolezza del potere pubblico. E passa a richiamare i doveri, verso lo stato, verso la comunità. Sembra di sentire Mazzini che rivolgendosi “agli operai italiani” inizia dicendo loro di voler parlare loro “dei vostri doveri prima di parlarvi dei vostri diritti” in un contesto temporale, quello nascente della Rivoluzione Francese, nel quale è l’esaltazione dei diritti. E richiama i doveri verso l’umanità, verso la patria verso sé stessi per poter esprimere la libertà, l’educazione.

E sembra anche di sentire Cavour, la guida della destra liberale nell’ardore del Risorgimento, quando, richiamando i principi informatori dello Statuto Albertino, scrive del Piemonte “che si trova a formare l’avanguardia dell’Italia al cospetto dello straniero” e, pertanto, con la carta costituzionale “l’indipendenza del potere giudiziario è assicurata; la libertà di stampa, la libertà individuale sono solennemente guarentite. II sacrosanto principio dell’eguaglianza civile è altamente consacrato. Ogni privilegio di casta, di ceto è abolito. Tutti i gran principii in una parola proclamati dalla nazione francese nel 1789, e che costituiscono le vere basi del vivere libero, sono francamente, risolutamente proclamati”.

Sono i valori eterni delle democrazie liberali. Valori che sembrano ignorare quanti protestano contro le regole imposte per combattere l’epidemia, soprattutto il green pass, in forme che assumono sempre tutto più toni eversivi. Una situazione che richiede, secondo Valditara, una risposta “di destra”, “che sappia coniugare difesa delle libertà individuali, responsabilità verso la collettività, che discende solo dalla capacità di interiorizzare doveri come controparte di diritti. E soprattutto umile rispetto della competenza”.

“In tutta questa vicenda è indubbiamente spesso mancato lo Stato, uno Stato “amico”, che prima di imporre obblighi si assumesse l’onere di spiegare, di chiarire, facesse cioè della trasparenza il leitmotiv di tutta la politica di contrasto alla pandemia”. Ed aggiunge che “chi ha il senso dello Stato, della priorità dei doveri verso una comunità organizzata, chi ama la libertà purché sia accompagnata alla responsabilità ha ora il dovere di agire: paradossalmente, ma non troppo, è arrivato il momento della ‘destra’”.

E qui torniamo alla domanda iniziale. Cosa s’intende per “destra”, per ideologia “di destra”? Ne abbiamo già detto con riferimento ai valori ed ai diritti di libertà, quelli evocati da Friedrich von Hayek quando rivendica il valore dell’individuo, libero e consapevole, contro lo Stato onnivoro, nella prospettiva di un potere pubblico misurato, che interviene laddove appare necessario per rendere effettiva la libertà del cittadino. Sicché appare rivoluzionario il conservatorismo con la sua fiducia nell’individuo e nella libera impresa. Lo ricorda Gennaro Sangiuliano nella sua biografia di Ronald Reagan laddove richiama la “Old Right”, la Vecchia Destra, e gli studiosi che partono da un marcato richiamo ai principi della Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (“tutti gli uomini sono creati uguali, sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, tra questi la Vita, la Libertà e la ricerca della Felicità”). È in questo contesto che assumono significato l’identità di un popolo, le radici di una Nazione nella sua evoluzione storica nella quale emergono il contributo che i singoli individui apportano allo sviluppo della società, direttamente o per il tramite dei corpi intermedi, come ha spiegato Russel Kirk sulla scia di Edmund Burke.

In fin dei conti il modello conservatore e riformista, al quale tende ad ispirarsi la destra moderna, è un cantiere aperto che si basa su un “ordine morale duraturo” perché esiste un ordine naturale delle cose che può essere modernizzato ma non sovvertito.

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