lunedì, Aprile 29, 2024
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Quirinale: il silenzio operoso dei partiti alla ricerca del candidato

di Salvatore Sfrecola

Non me la sento di dare ragione ad Ernesto Galli della Loggia che, in un articolo del 21 gennaio sul Corriere della Sera (“Le lotte accese dentro i partiti), critica il fatto che, in vista delle elezioni del Capo dello Stato, “di un nome e cognome, di candidature vere, esplicite, neppure una”. E ritiene che vada “in scena sotto gli occhi dell’opinione pubblica un grandioso paradosso. Il fatto che tutti abbiano paura di perdere è la dimostrazione dell’importanza cruciale della decisione da prendere: ma proprio perché la decisione è così importante tutto deve svolgersi dietro le quinte, nulla di ciò che conta deve trapelare all’esterno. Quasi che anche agli occhi del futuro potente inquilino del Quirinale fosse dimostrazione di saggezza fare il possibile per non apparire tra i suoi mancati elettori. In un’atmosfera, insomma, che somiglia assai più a quella di un’oligarchia dove si ha paura delle vendette che è quella del regime costituzionale che per fortuna ci governa”.

In realtà di una scelta così delicata e difficile, destinata probabilmente a ricevere voti, almeno nelle prime tre votazioni, da una maggioranza allargata, pare logico che non si possa discutere pubblicamente presentando questo o quel candidato al commento non tanto dei grandi elettori quanto della stampa e dell’opinione pubblica, in forma che distorcerebbe senza dubbio la riflessione che i responsabili dei partiti debbono fare sul nominativo adatto a rivestire la carica di Presidente della Repubblica. Anche perché, come ci insegna l’esperienza, alcune anticipazioni di candidature vere o presunte sono spesso servite per bruciarle dando tempo ai nemici o agli avversari per manifestare dissenso, criticare, rivelare fatti capaci di ledere l’immagine del presunto candidato. Nulla di anomalo, dunque, nulla che debba far pensare ad una sorta di “gabinetto segreto dello zar” perché è logico che i responsabili dei partiti discutano tra loro delle possibili candidature che sono destinate anche ad avere conseguenze sull’assetto del governo. Non è vero, come ritiene Galli della Loggia, che questa riservatezza nelle riflessioni che si vanno facendo fra i partiti sia destinata ad evitare che appaia chi è contrario all’elezione di colui che poi salirà al Quirinale perché inevitabilmente si saprà chi non lo ha votato. Forse non di tutti gli elettori ma certamente dei partiti o di parti dei partiti che non l’avranno voluto.

Sarebbe stato invece importante che Galli della Loggia avesse sottolineato un’altra anomalia, quella che i partiti giungono alla riflessione sul Capo dello Stato, a poche ore dalla prima votazione senza avere nessuna candidatura esplicita da presentare agli altri partiti e ai grandi elettori. Ma anche questo trova la sua giustificazione nel fatto che la maggioranza di governo, che è interessata direttamente alla elezione del Capo dello Stato, sia che al Quirinale vada il Presidente del consiglio Mario Draghi, sia che ci vada un’altra personalità, è una maggioranza molto variegata che ha difficoltà certamente a riconoscersi in una personalità che soddisfi tutti. Ricordiamo che questa è una maggioranza da governo di salute pubblica, per motivi di salute, che quindi ha difficoltà ad individuare un candidato che possa apparire troppo “vicino” ad uno dei partiti della coalizione in vista di una imminente scadenza elettorale, quella del 2023, che per alcuni partiti potrà essere cruciale, come per il Movimento 5 Stelle che ha perduto consensi, i cui candidati, inoltre, si troveranno a concorrere per un numero di seggi ridotto rispetto al 2018. In questo contesto il timore dei partiti è che la scelta del Capo dello Stato possa svolgere un ruolo di amalgama di alcune forze politiche.

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