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“Presidenti d’Italia”: la carica dei 70.000, anzi dei 70.174! Parola di Michele Ainis

di Salvatore Sfrecola

Si legge con grande piacere, come sempre deve dirsi degli scritti di Michele Ainis, costituzionalista insigne, questo volume appena giunto in libreria, un importante contributo alla conoscenza di uno dei misteri d’Italia, che poi tanto mistero non è se decine di migliaia sono coloro i quali rivestono a vario titolo la qualifica di “presidente” (Presidenti d’Italia, Atlante di un vizio nazionale, La Nave di Teseo, Milano, 2022, pp 211, € 19.00). L’introduzione si apre con una osservazione ironica di straordinaria efficacia che non può non essere condivisa. “Se a via del Corso, nel centro del centro di Roma, chiami “Presidente!” si gireranno in quindici”. Penso sia un’ottimista il nostro Professore, perché sono certo che sarebbero ben più di quindici a girarsi. Tutti presidenti!

Si parla naturalmente di quelli che hanno un compito istituzionale all’interno di Tribunali e Corti, enti pubblici e locali, agenzie e società pubbliche. 70.174 presidenti, dal costo di oltre 390 milioni di euro, che ci consegnano una realtà comunque riduttiva del fenomeno. Chi, infatti, in Italia non è presidente di qualche organismo, se non di diritto pubblico, di una bocciofila, di un circolo culturale o sportivo, di una associazione benefica, o di ex alunni di questo o di quell’istituto di istruzione?

Ainis, che da costituzionalista è abituato a navigare tra le istituzioni della Repubblica, inizia la sua carrellata dall’avventura del presidenzialismo, ricorrente anche nel recente dibattito alla vigilia della elezione del successore di Sergio Mattarella Capo dello Stato, Presidente, appunto, quando qualcuno, pensando che Mario Draghi possa trasferirsi da Palazzo Chigi al Quirinale ha immaginato che potesse dar vita ad una forma di semi presidenzialismo di fatto, nel senso che dal Colle più alto sarebbe stato sicuramente capace di influenzare le decisioni del governo e dei ministri. Ricorda Ainis le principali indicazioni politiche sul presidenzialismo e le sue numerosissime varianti, ora enfatizzate ora demonizzate. E rivela una curiosità ignota a molti, che i primi a proporre l’elezione diretta del Capo dello Stato furono i monarchici, ma non dice se di cultura sabauda o borbonica. Poi una rapida carrellata sulle varie “bicamerali” incaricate di riformare la Costituzione, ricordate soprattutto per il nome di chi le ha guidate, come la Commissione D’alema, che ne fu Presidente, appunto.

Da uomo colto qual’è Ainis riprende l’uso dell’espressione presidente partendo dall’antica esperienza del Senatus Populi Romani dove a presiedere era un Princeps non un presidente. Per saltare a Boccaccio che in un verso chiama “presidente” chi è a capo di un gruppo di persone. Naturalmente i presidenti continuano ad incarnare autorità varie in un Paese dove – è noto – una croce di Cavaliere e un sigaro non si negano a nessuno. Ricordo che Cavour, in punto di morte, quando sentiva di non poter portare a termine quella straordinaria riforma dello Stato che aveva iniziato nel Regno di Sardegna, che aveva immaginato per l’Italia che desiderava fosse “un grande Stato”, diceva che in molte regioni d’Italia, quelle acquisite all’ultimo momento grazie alla sciabola di Garibaldi, gli chiedevano soprattutto onorificenze e titoli nobiliari da suggerire al Sovrano. 

Tutti Cavalieri, non solo nelle regioni italiane dominate per secoli dagli spagnoli del todos caballeros, anzi tutti Commendatori. Ci fu una trasmissione curata da Vittorio Gassman in televisione nei primi anni ’60 “Il mattatore”, che poi diede luogo ad un film dove si vedeva una palazzina, che io conoscevo bene perché era situata accanto a dove abitavo a Belsito nella parte bassa di Monte Mario, a Roma, che veniva chiamata la “casa dei commendatori”.

Naturalmente, proseguendo in questa sua carrellata sulla espressione e sul concreto realizzarsi nelle strutture amministrative di questo ruolo, il Professor Ainis tocca il tema permanente della semplificazione amministrativa e ricorda che già fu Oreste Ranelletti, illustre giurista, a stilare una importante relazione all’indomani della Prima Guerra Mondiale, prodromo della prima legge di semplificazione del Governo Bonomi nel 1921. Successivamente altre iniziative furono attuate in regime repubblicano, quando il Ministero della riforma burocratica, che poi ha cambiato nome più volte, è diventato un organo permanente. Tanto per semplificare! E così, di anno in anno, la legge di “semplificazione” ed i relativi decreti che cambiano nome a seconda della fantasia dei politici, spesso hanno più complicato che semplificato. “Ci succede – scrive Ainis – fin troppo spesso di scrivere una legge, e poi di scriverne un’altra per semplificare la prima, magari scoprendo a cose fatte che sarebbe stato meglio non scrivere nessuna legge”. In questa giungla di incarichi si segnala l’italica fantasia a disegnare la varietà delle esperienze, fra chi raggiunge quella qualifica per una promozione e chi invece viene nominato, come avviene spesso nella politica. Poi la durata in carica, che in alcuni casi è breve, in altri troppo lunga in altri addirittura priva di scadenza. E fa un esempio, che più volte è tornato sui giornali, della Presidenza della Corte costituzionale, che ha conosciuto la durata “lunga” della presidenza di Gaspare Ambrosini, durata 5 anni, un mese e 25 giorni, e quella “breve” di Vincenzo Caianiello, illustre giurista, già presidente del Consiglio di Stato, rimasto assiso su quella sedia per soli 44 giorni. E questo che accade anche altrove, dove non si può evitare di dare soddisfazione al termine della carriera anche a chi non riuscirà neppure a dare dimostrazione della sua Presidenza. Altro motivo di differenziazione in questo variegato parco di realtà è il trattamento economico, per cui accanto ad alcuni che svolgono la funzione gratuitamente ci sono retribuzioni molto differenziate, talune anche piuttosto elevate.

È l’introduzione, ironica e pungente secondo lo stile che gli è consueto, con la quale il Professor Ainis presenta una sorta di dizionario che elenca in ordine alfabetico i presidenti degli organismi pubblici con le loro diverse competenze, una sorta di atlante del potere di estremo interesse.

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