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Pro memoria per il Governo prossimo venturo (2023). L’Italia ha bisogno di un “Ministero del mare”

di Salvatore Sfrecola

Giorgia Meloni ha ambizioni maggioritarie per Fratelli d’Italia in vista delle elezioni politiche del 2023. Ed ha costruito il suo discorso di apertura della Conferenza programmatica di Milano in funzione di un indirizzo politico destinato a diventare “di governo”. A me è piaciuto, meno ad Ugo Magri che su La Stampa lo ha ritenuto generico, e quindi criticato da Guido Crosetto, politico-imprenditore e, pertanto, propenso a parlare di cose concrete. Non poteva essere concreta più di tanto Giorgia Meloni se non indicando con esattezza i problemi che questo Paese deve affrontare, derivanti da antiche disfunzioni e da più recenti motivi di crisi indotti dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.

Tuttavia, anche Magri, che forse aveva presenti gli errori delle destre al governo, avrebbe dovuto percepire l’importanza di una proposta sulla quale la leader di FdI si è soffermata con dovizia di considerazioni, l’istituzione di un “Ministero del Mare”. Che a nessuno può apparire idea marginale, solo si consideri che lungo ottomila chilometri di coste si sviluppano attività economiche importanti, dal turismo alla pesca, dalla cantieristica alle opere di difesa delle coste, ai porti commerciali e turistici che, già nel 1846, facevano dire al Conte di Cavour, non ancora entrato in politica, che “l’Italia sarà chiamata a nuovi e alti destini commerciali. La sua posizione al centro del Mediterraneo, o, come un immenso promontorio, sembra destinata a collegare l’Europa all’Africa… L’Italia fornirà anche il mezzo più veloce per recarsi dall’Inghilterra all’India e in Cina”.

Così Cavour nel 1846 (si badi bene alla data). Abbiamo dovuto attendere i primi anni ’90 del secolo scorso quando l’allora Ministro della Marina mercantile, Giovanni Prandini, senatore democristiano di Brescia, incaricò i suoi consiglieri di delineare una riforma alla quale credeva molto, l’istituzione del “Ministero del mare”, necessario ad un Paese che vive sul mare. Lo ha spiegato bene Limes, la rivista di geopolitica orgogliosamente “italiana”, che ha titolato un recente fascicolo di qualche mese fa “L’Italia è il mare”, un è accentato a rimarcare la stretta connessione tra territorio e mare. Tra l’altro ricordando come abbiano percepito l’importanza del mare per lo sviluppo dell’economia italiana personalità nate in regioni prive del mare, come il valdostano Federico Chabod  il quale in “Storia politica del Mediterraneo” scrive che, finalmente unificata, l’Italia “diventava essa stessa soggetto attivo… protagonista attivo delle vicende europee. Poco o molto che fosse (…) il giovane regno doveva necessariamente (tondo nostro) nutrire anch’esso aspirazioni mediterranee”. Detto da un uomo di montagna, il richiamo alla vocazione mediterranea dell’Italia non può che essere espressione della consapevolezza di un ruolo storico.

Di recente, recuperando una sua precedente intuizione, anche il senatore Adolfo Urso, parlamentare di Fratelli d’Italia, si è fatto promotore di un disegno di legge (Atti Senato, n. 917) che istituisce il “Ministero del mare”. Il Sen. Urso è sulla stessa linea del ministro Prandini e ripercorre, nella relazione che accompagna il disegno di legge, i temi dell’economia del mare nei vari settori, che vanno dalla filiera ittica (che comprende le attività connesse con la pesca, la lavorazione del pesce la preparazione di piatti a base di pesce), a quella della cantieristica (attività di costruzione di imbarcazioni da diporto e sportive, cantieri navali, fabbricazione di strumenti per navigazione, installazione di macchine e apparecchiature industriali connesse); dall’industria delle estrazioni marine (sale, petrolio, gas naturale) alla movimentazione di merci e passeggeri (attività di trasporto via acqua di merci e persone, sia marittimo che costiero, connesse attività di assicurazione di intermediazione degli stessi trasporti e servizi logistici) ai servizi di alloggio e ristorazione alle attività sportive ricreative (tour operator, guide e accompagnatori turistici, parchi tematici, stabilimenti balneari e altri ambiti legati all’ intrattenimento e divertimento, discoteche, sale da ballo, sale giochi eccetera) ma anche le attività legate all’istruzione (scuole nautiche). Senza dimenticare, poi, il settore della tutela ambientale che include le attività di ricerca e sviluppo nel campo delle biotecnologie marine e delle scienze naturali legate al mare più in generale, assieme alle attività di regolamentazione per la tutela ambientale e nel campo dei trasporti e delle comunicazioni.

Prandini non riuscì ad istituire il ministero, per le consuete resistenze burocratiche e le gelosie dei colleghi di governo. Tuttavia, operando con uno strumento amministrativo, un decreto interministeriale, d’intesa con il Ministro della difesa, diede vita all’istituzione della “Guardia Costiera”, con funzioni di polizia marittima e di controllo del mare. D’intesa con il Ministro dei beni culturali, poi, fu assicurata una collaborazione a fini di tutela del patrimonio storico artistico sommerso, uno straordinario “museo subacqueo” di enormi proporzioni e che continuamente rivela sempre nuovi segreti. Prandini, con la legge sulla difesa del mare, che dotava il ministero di importanti risorse, mise in piedi un ingente piano di ristrutturazione e potenziamento delle caserme delle Capitanerie di Porto.

Tornando al disegno di legge del Senatore Urso, che certamente avrà ispirato la proposta di Giorgia Meloni, la relazione illustrativa sottolinea come “i settori in cui è più forte allargamento della base imprenditoriale, in termini percentuali, sono le attività di ricerca, regolamentazione e tutela ambientale (più 34,6%) e i servizi di alloggio e ristorazione (più 23%) mentre tra le diverse ripartizioni territoriali l’incremento maggiore del numero delle imprese della blue economy si riscontra nel Mezzogiorno e nel Centro Italia che rappresentano, appunto, le due macro-ripartizioni a più alta concentrazione delle imprese di blue economy, con un’incidenza del 4,1% del 4,2% sui rispettivi totali imprenditoriali”. Parliamo, dunque, di una forza imprenditoriale che rappresenta un rilevante motore per la produzione economica, il cui valore aggiunto è arrivato nel 2017 (il disegno di legge è stato presentato nel 2018), a 45 miliardi di euro pari al 2,9% del totale dell’economia, con un aumento di circa 5,9%, raddoppiando la variazione del resto dell’economia.

Quanto alla forza lavoro gli occupati sono 880.000, pari al 3,5% dell’occupazione complessiva nazionale, con un incremento percentuale del 4%, a fronte di una crescita di solo 1% del resto dell’economia. “Imprenditorialità, produzione e occupazione – spiega Urso – a cui va ad aggiungersi la competitività in campo internazionale, perché l’export della cantieristica e quello del settore ittico, nel suo insieme, ha toccato nel 2017 quota 5,1 miliardi di euro”.

È proprio vero che “il futuro dell’Italia è nel mare. Una sfida, una opportunità, forse anche una missione”, conclude la relazione Urso, assai più – aggiungiamo noi – della “vocazione” mitteleuropea di alcune aree del Nord.

Con il Ministero del Mare rientrerebbero in una visione complessiva tutte le attività collegate al mare oggi sparse tra varie amministrazioni dello Stato. Si pensi che se delle opere marittime, a difesa dei litorali, oggi si occupa il Ministero delle infrastrutture, la materia della pesca è di competenza del Ministero delle risorse agricole e forestali, mentre l’ambiente marino appartiene alla Transizione ecologica. Il mare è anche una risorsa per altri versi. Alcuni anni fa un convegno internazionale a Palermo ci disse che dal moto del mare si poteva produrre energia elettrica ed è una realtà, per chiunque abbia visitato gli emirati arabi, che quei paesi desertici sono ricchi di vegetazione e di fiori che colpiscono l’attenzione dei turisti, innaffiati giornalmente da ingenti quantità di acqua, ho sentito dire di miliardi di metri cubi, prodotti dalla dissalazione delle acque costiere.

Serve altro per convincere la politica che il Ministero “del mare” s’ha da costituire? Che è urgente se l’Italia vuole sviluppare la sua economia anche nell’interesse dell’Unione Europea?

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