di Salvatore Sfrecola
L’occasione è l’inaugurazione della nuova sede dell’Unione Nazionale degli Artisti (UNAMS) in via Cardinal de Luca 1, al Flaminio, a fianco del Palazzo della Marina, e il Segretario Generale, Professoressa Dora Liguori, torna a manifestare il disappunto degli artisti, soprattutto dei musicisti, trascurati dall’autorità nonostante i consueti richiami all’Italia “Patria delle arti”.
Impietosa la denuncia della Prof.ssa Liguori che ripete al nuovo Ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, una protesta che invano era stata indirizzata al predecessore, Dario Franceschini: la chiusura di circa quattrocento teatri e il mancato finanziamento di piccole e medie Associazioni che ovunque sul territorio, legate anche a tradizioni locali, rivestivano un ruolo importante nella diffusione dell’arte, anche come richiamo turistico.
Non solo. L’UNAMS denuncia la progressiva esclusione degli artisti italiani dai cartelloni dei teatri e dalle grandi Associazioni concertistiche, a causa della scelta di privilegiare artisti stranieri, il più delle volte poco più che modesti. È l’effetto del solito provincialismo, quello che – denuncia la Prof.ssa Liguori – porta le istituzioni liriche più importanti a mettere in scena opere di autori stranieri, nell’Italia patria del melodramma. Così assumendo, in blocco, l’intera produzione dei teatri esteri.
E così, oltre alla chiusura dei teatri con dispersione delle relative compagnie, alla soppressione nelle grandi città di importanti “teatri di quartiere” e soprattutto alla chiusura di piccoli teatri operanti in disagiate zone del Sud, in mancanza di finanziamenti hanno cessato di esistere anche molte piccole e medie Associazioni musicali che davano lavoro ai nostri artisti A ciò aggiungasi che il Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) sempre più spesso è stato erogato a beneficio soltanto delle grandi Associazioni e Fondazioni. È, dunque, venuta meno tutta una realtà culturale che riusciva ad arginare la fuga di giovani artisti convinti da più lauti guadagni ad emigrare.
Insomma, noi li formiamo, poi li “doniamo” alle iniziative culturali straniere. Ciò avviene perché in Italia non esiste ancora, a differenza di quasi tutti i Paesi del mondo, una legge di protezione degli artisti nazionali. I quali, mediamente di elevato livello, non potendo lavorare in Italia, sono nell’impossibilità di acquisire quei titoli che darebbero loro l’accesso anche alla docenza nei Conservatori e nelle Accademie. Infatti, una volta ottenuto il diploma, l’artista, per accedere alla docenza nelle istituzioni di Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM), Conservatori di musica o Accademie e ISIA, deve produrre una mole consistente di titoli artistici rappresentati dalla presenza nei cartelloni delle Fondazioni liriche e Associazioni musicali e di prosa, dalla partecipazione a mostre e dalle pubblicazioni. Per l’Arte drammatica e per la Danza è essenziale la partecipazione a compagnie operanti nei teatri, festival e quant’altro.
In mancanza, dunque, di un riconoscimento del “merito”, oggi opportunamente richiamato nella denominazione del Ministero dell’Istruzione, l’Italia, “Patria delle arti” si dimostra per i suoi figli “matrigna”. Li costringe, ad espatriare dove, grazie alle loro intrinseche capacità, superando anche le barriere delle severe leggi di protezionismo locale, vengono invitati ed assunti.
Per contro, denuncia Dora Liguori “per un centinaio di artisti che riescono a “fuggire” all’estero, esistono migliaia di musicisti che vengono, purtroppo, costretti a cambiare mestiere”.
Di qui un appello al Ministro Sangiuliano, uomo di cultura, con spiccata sensibilità politica, anche per la sua prestigiosa esperienza giornalistica, perché abbandoni l’esasperata esterofilia dei Franceschini e restituisca agli artisti italiani l’orgoglio di una tradizione che ha reso grande l’Italia nei secoli nei quali musica ed arte hanno parlato prevalentemente italiano.