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“Giallo Seta Amori e segreti di Villa Adriana” di Alessandra Bucci – Antonio D’Amore.

Riflessioni di Gianluigi Chiaserotti

“Giallo Seta Amori e segreti di Villa Adriana” (pp. 159, Edizioni il Viandante, 20229 è l’ultimo romanzo della docente Alessandra Bucci e del giornalista Antonio D’Amore, fini scrittori e romanzieri.

È la storia di Giulio, uno scrittore uscito da una grave malattia, che va a trascorrere l’estate a Villa Adriana, ereditata da una zia.

Qui grazie ad un ritratto e ad una lettera d’amore ritrovata per caso “incontra” una misteriosa donna ottocentesca, Adriana de Panfilis, e Giulio torna a scrivere, rispondendo proprio alle lettere di Adriana.

Ha il perfetto stile del romanzo storico ed epistolare del ‘800.

Nelle lettere che si scrivono i protagonisti emergono le loro ansie, il loro sentimenti, la riscoperta del vero amore.

Ma cosa è un delirio o un sortilegio?

La mia memoria di storiografo mi porta immediatamente alla Sindrome di Stendhal, quando Giulio osserva estasiato il grande quadro all’ingresso della villa di Adriana de Panfilis.

Nella descrizione delle stanze, dei luoghi, degli oggetti e dell’ampio parco sicuramente mi ricorda il “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Al riguardo è sufficiente citare l’”incipit”: «Un candelabro d’argento di graffi appoggiato, quasi distrattamente, su un tavolino di legno scuro.

Non so perché mi ha colpito […]».

Un ulteriore ricordo che mi ha ispirato il romanzo è sicuramente lo sceneggiato TV degli anni ’70 “Ritratto di Donna Velata”.

Ma nel complesso mi riporta anche ad un autore che ammiro da sempre: Luigi Pirandello ed al suo “Uno, centomila e nessuno” (“Uno” perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari; “Centomila” perché l’uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano; “Nessuno” perché, paradossalmente, se l’uomo ha centomila personalità diverse, invero, è come se non ne possedesse nessuna, nel continuo cambiare non è capace di fermarsi nel suo vero “io”).

È un romanzo che si legge tutto di un fiato, grazie ad una prosa fluida, ma molto curata in cui gli Autori ci accompagnano tra le stanze di questa villa, piena di amore, ma anche di mistero.

Ma ci sono altresì delle impressioni di vita vissuta e, tra le sue righe, si trovano amore, passione, dolore, amicizia (ma quella vera), speranza, e quindi, senza dubbio, anche gioia.

Ringrazio particolarmente gli autori per il coraggio e per la dedizione di aver dato alle stampe questo grande romanzo.

Ed ora meglio non posso concludere queste mie brevissime ed incomplete impressioni con le parole dei protagonisti medesimi, riportate nella quarta di copertina: «Se non ti tuffi a scrutare i tuoi abissi e se non arrivi mai a sollevarti in volo non è vita. Se non tocchi gli estremi stai solo sopravvivendo.» (Adriana), e «Non so se c’è un Paradiso, una Nirvana, un Valhalla… ma non mi importa, vorrei solo che ci fosse un luogo nel quale poterti incontrare, vedere, toccare. Baciare.» (Giulio).

È un’opera che consiglio ed è sicuramente la continuazione di una lunga e prestigiosa carriera degli Autori che amano scrivere, ma soprattutto, come in questo romanzo, ti fanno sognare come un volo delle farfalle.

(Pubblicato su “Il Barnabò” 01.02.2023)

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